03 Febbraio 2017, 21:03
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CATANIA – E’ una mafia silente che tende a infiltrarsi nel tessuto economico, politico e amministrativo quella descritta nella lunga relazione della Dia. Questa è la foto scattata della criminalità organizzata catanese dalla Direzione Investigativa Antimafia per il primo semestre del 2016. Vige alle falde dell’Etna la strategia “dell’inabissamento”, anche se qualche pistola fumante ancora si fa vedere. Soprattuto nelle zone calde del paternese. La Dia si è concentrata nella sua disamina sugli equilibri e assetti del crimine organizzato della Sicilia Orientale. E anche sugli effetti di quello che sta accadendo nella zona del Parco dei Nebrodi che abbraccia anche qualche comune catanese. Il mancato attentato al presidente Antoci ha fatto alzare le antenne sul clan dei “Tortoriciani” interessati alle truffe sui contributi agricoli e con consolidati rapporti con i catanesi per il rifornimento della cocaina. E a proposito di stupefacenti la Dia, quasi a sorpresa, affronta il tema delle coltivazioni i cannabis indica. Un fenomeno in discreta evoluzione anche in provincia di Catania in cui vi sarebbe il coinvolgimento delle consorterie mafiose locali.
La cosca egemone di Catania rimane quella dei Santapaola-Ercolano. Un clan sempre in evoluzione che grazie all’alleanza forte con i La Rocca di Caltagirone è riuscito a mantenere un forte controllo sul territorio. Una pugnalata al cuore però stata inferta in questi mesi da più parti. Il blitz Kronos del Ros ha decapitato la nuova cupola che aveva investito Francesco Santapaola del ruolo di reggente. Anche se in realtà vi sarebbe stato il triunvirato con Salvatore Seminara, capo del calatino, e Pippo Floridia, rappresentante dei Nardo di Lentini. Cosa nostra che si incastra nel mondo degli appalti, che spinge uomini di comodo a diventare prestanome, che tesse accordi con la massoneria. L’operazione Brotherhood consegna un inquietante quadro di dare e avere tra logge e clan, con gli Ercolano a fare da vessillo per pilotare anche vendite all’asta. Il processo ci dirà se quanto ipotizzato dalla Dda di Catania è vero. Parlavamo di prestanome, Roberto Vacante (marito della nipote del capomafia Nitto) sarebbe riuscito a creare un impero imprenditoriale criminale. L’indagine Bulldog lo hanno portato dritto al 41bis. Anche su questa inchiesta si è in attesa di una verità processuale.
E’ variegata l’architettura della mafia catanese, anche se gli “schieramenti” sono sempre quelli storici. Le famiglie accreditate a Palermo restano i Santapaola e i Mazzei (meglio conosciuti come i “Carcagnusi”), con le loro roccaforti a San Cristoforo, Librino e San Giovanni Galermo. Hanno un posto di rilievo e potere anche i Cappello – Bonaccorsi e i Laudani. Cosca quest’ultima che ha ramificato cellule in molti paesi dell’hinterland etneo, ma che lo scorso febbraio ha subito un duro contraccolpo con il blitz i Viceré con oltre 100 arresti. A processo ne sono finiti 65. E tra questi ci sono anche due avvocati accusati di concorso esterno. Ma non dimentichiamo i Ceusi di Picanello, specializzati nell’usura e con alcuni esponenti con il talento per il traffico di armi, oppure i Cursoti Milanesi che hanno una florida attività di spaccio a San Berillo Nuovo.
Non si spara dicevamo. Ma il 2016 ha visto protagonista di un tentato omicidio quel Giuseppe Amoroso, elemento del clan Toscano Mazzaglia, conosciuto in paese come Pippo l’Avvocato. Alcuni mesi dopo l’attentato fallito, l’avvocato della malavita biancavillese è stato arrestato con l’accusa di estorsione. E’ facile comprendere che in quel famoso triangolo della morte si tribola ancora.
La mafia fa affari, ma le tradizionali attività illecite restano i capisaldi per fare cassa. Le estorsioni per controllare il territorio, mentre la droga per accrescere il potere finanziario, molte volte decapitato dai sequestri e confische che si susseguono. Ma il racket cambia faccia, il fenomeno del recupero crediti è in forte ascesa.
Chiudiamo con il traffico di cocaina, che come detto è quello a più forte redditività. La Dia continua a registrare “collegamenti dei sodalizi criminali catanesi con le ‘ndrine della piana di Gioia Tauro (Reggio Calabria ), per l’approvvigionamento di cocaina e marijuana90, e con alcuni clan campani con riferimento alla sola cocaina”.
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03 Febbraio 2017, 21:03