Racket, i Mazzei a processo |”Pagavamo ogni 15 del mese”

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10 Dicembre 2016, 06:08

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CATANIA – Una parete di legno divide il banco dei testimoni dal resto dell’aula dedicata all’avvocato Serafino Famà. A parlare, durante l’ultima udienza del processo Enigma, è una delle commercianti che sarebbe stata costretta a versare una somma per la “protezione” da parte degli esponenti dei Mazzei di Lineri, frazione di Misterbianco. Con un filo di voce risponde alle domande del pm Rocco Liguori, mentre gli imputati nelle gabbie, i parenti seduti e il capomafia Nuccio Mazzei collegato in videoconferenza la ascoltano. “Vendiamo ricambi” – afferma la donna quando il magistrato chiede quale tipo di attività svolge. “Prima la gestiva mio marito, ma ora non c’è più” – racconta. Il pm entra immediatamente nel “clou” dell’argomento e cioè al pagamento delle estorsioni. “Mi ha detto che pagava, ma non sapevo a chi. Si doveva racimolare una certa cifra da consegnare ogni 15 del mese per poter lavorare tranquilli” – spiega. “Un milione di lire” – è la risposta alla domanda diretta del sostituto procuratore della Dda. Questo fa ben comprendere che il pizzo è stato pagato ancor prima dell’entrata in vigore della nuova valuta. Quindi bisogna andare a prima del 2001.

“Dopo la morte di mio marito ho continuato a pagare, invece di un milione di lire erano 500 euro da consegnare ogni 15 del mese”. La commerciante non avrebbe mai avuto un contatto diretto con gli esattori, a “versare la somma era un nostro dipendente che già in alcune occasioni, quando mio marito era impegnato, lo aveva sostituito”. “L’ultimo pagamento è stato il 13 maggio del 2013 quando è venuta la polizia ed ha arrestato alcune persone fuori dalla mia attività” – racconta ancora la vittima. In quel caso erano scattate le manette in flagranza. Un pezzo significativo dell’indagine confluita nella maxi inchiesta Enigma che ha sviscerato la “pignata” dei Mazzei di Lineri e ricostruito la rete di commercianti sotto estorsione grazie a un block notes sequestrato a casa di Costantino Grasso, che sarebbe – secondo la magistratura – la testa dell’organizzazione e il contatto con il capomafia Nuccio Mazzei. La donna lascia l’aula senza alcuna domanda da parte dei difensori e della presidente del Tribunale Maria Pia Urso.

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Il pentito Davide Seminara, ex autista del latitante Andrea Nizza ed ex esponente dei Santapaola, parla della figura di Sebastiano Mazzei “che è all’apice della famiglia”. Il collaboratore di giustizia, solleticato dal pm su come fosse a conoscenza del ruolo di Mazzei, cita un preciso episodio: “Nel 2012 c’era stato un problema alla pescheria: uno che era sotto estorsione dei Mazzei era un parente di Daniele Nizza. Per questo legame familiare Daniele aveva parlato con Nuccio ed aveva fatto sfumare l’estorsione. Poi quando Daniele fu arrestato Lucio Stella e Gaetano U Funciutu (Pellegrino, ndr) sono tornati dal commerciante della pescheria perché Giovanni Nizza e Franco Magrì gli avevano dato lo star bene per riaprire l’estorsione”.

 

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10 Dicembre 2016, 06:08

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