Rapido 904, chiuse | le indagini sulla strage - Live Sicilia

Rapido 904, chiuse | le indagini sulla strage

Totò Riina, in una foto del suo arresto

Chiuse le indagini per la strage del Rapido 904. Secondo gli inquirenti il mandante fu Totò Riina e la strage rientrava nella strategia dei corleonesi.

Per l'accusa il mandante è Riina
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FIRENZE- La procura di Firenze ha chiuso le indagini che vedono il capo di Cosa Nostra Totò Riina accusato di aver ordinato la strage del Rapido 904, che il 23 dicembre 1984 provocò 16 morti. L’inchiesta è iniziata a Napoli ma, su decisione della Cassazione, è stata trasferita a Firenze. I pm della Dda di Napoli, Paolo Itri e Sergio Amato, avevano riaperto l’indagine sulla base di nuove dichiarazioni di pentiti di mafia e di camorra, tra cui Giovanni Brusca. Secondo la procura campana – che aveva chiesto e ottenuto una nuova ordinanza di custodia cautelare per Riina eseguita il 27 aprile 2011 – la strage del Rapido 904 rientrava nella strategia stragista perseguita dai corleonesi e rappresentò la prima “risposta” ai mandati di cattura relativi al maxi processo emessi nel settembre 1984 da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Lo scopo era fare pressioni sui “(veri o presunti che fossero) referenti politici” per indurli a “condizionare l’andamento del maxi processo”.

La competenza fiorentina di questo nuovo procedimento è stata stabilita dalla Cassazione, che non ha accolto un ricorso della procura di Napoli contro l’indicazione del riesame di trasferire gli atti ai magistrati toscani. Titolari dell’inchiesta ora sono il procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi e il sostituto Angela Pietroiusti. La procura di Firenze fu la prima a indagare sulla strage, che avvenne in una galleria dell’Appennino, fra il capoluogo toscano e Bologna. Nel 1992 divennero definitive le condanne, fra gli altri, per il cassiere della mafia Pippo Calò, per il suo braccio destro Guido Cercola e per Friedrich Schaudinn, accusato di aver messo a punto il radiocomando che innescò la bomba. L’esplosivo, è stato ricostruito ora nell’inchiesta napoletana, aveva una combinazione simile a quello poi utilizzato all’Addaura e in via D’Amelio.


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