La finta rapina, la telefonata al 113 | Così i Sansone fecero il “pieno”

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29 Giugno 2015, 06:15

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PALERMO – Una finta rapina per incassare i soldi dell’assicurazione. In mezzo a storie di mafia, pizzo e potere spuntano pure gli indizi per una truffa che parte dalla simulazione di un reato.

Salvatore Sansone, arrestato nel blitz Verbero di fine maggio, sarebbe anche il regista di una rapina fantasma al distributore di benzina che gestiva con i fratelli in via Uditore, la strada che dà il nome alla famiglia mafiosa di cui Sansone è accusato di fare parte. Un rapina che uno dei fratelli Sansone, Domenico, denunciò pure alla polizia. Non immaginava che le videocamere piazzate dai carabinieri del Nucleo investigativo avrebbero svelato una verità diversa.

La rapina, così dissero i protagonisti, sarebbe avvenuta il 21 settembre 2012. Nel pomeriggio dello stesso giorno le immagini dei militari immortalarono Domenico e Alessandro Sansone insieme ad un’altra persona, Pietro Brusca, mentre si davano un gran da fare per riempire 14 taniche di gasolio, caricate nel bagagliaio di più macchine. Macchine, dalle quali, una manciata di minuti dopo, i bidoni venivano scaricati vuoti per un nuovo trasporto. Che, a giudicare, dalla velocità degli spostamenti deve avere avuto un luogo vicino come destinazione. Alle operazioni sovrintendeva Salvatore Sansone. Una stima approssimativa ritiene che i litri di carburante sottratti dalle colonnine superarono i 400 litri.

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Alle 20.23 Domenico Sansone si trovava da solo con l’impiegato, un ragazzo di colore, davanti all’ufficio del distributore. Ventuno minuti dopo sul posto arrivarono i poliziotti di una volante. Era stato Domenico a chiamare il 113, sostenendo di avere subito una rapina. Di cui, però, non c’è traccia nelle immagini. All’indomani mattina lo stesso Domenico si presentò al commissariato Zisa-Borgo Nuovo per formalizzare la denuncia: “… alle ore 20.30, mentre stavo chiudendo la saracinesca, all’improvviso un giovane mi puntava alle spalle un oggetto, riferendomi testuali parole: ‘Dammi quella busta’, io rimanevo scioccato pertanto senza proferire parola consegnavo la busta che avevo nelle mani con all’interno l’incasso della giornata, dopo essersi assicurato il bottino si dava alla fuga unitamente ad un suo complice che lo attendeva poco distante a bordo di un motoveicolo facendo perdere loro tracce… all’interno della busta custodivo la somma di euro 7090… ”. E aggiunse che i malviventi indossavano “… due caschi integrali, sì… quello che è sceso, nero… l’altro… era scuro… penso pure nero”.

Nei mesi successivi le cimici avrebbero captato altre conversazioni che chiuderebbero il cerchio investigativo. I Sansone discutevano della pratica di risarcimento per il danno della rapina da chiedere alla compagnia assicurativa.

 

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29 Giugno 2015, 06:15

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