25 Agosto 2024, 04:59
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Tutte le relazioni amorose, nonostante le peculiarità di ogni unione, lungo il corso della loro durata, attraversano “diverse fasi” ognuna delle quali prevede delle trasformazioni e richiede dei compiti specifici con cui i due partners devono fare i conti affinché poter proseguire ed andare avanti nel loro “cammino a due”.
La coppia nasce e si costruisce giorno per giorno andando incontro, nel corso del tempo, a tutta una serie di cambiamenti a seconda della fase di ciclo di vita che si trova ad attraversare.
Si tratta di inevitabili “momenti di passaggio” che mettono a dura prova la stabilità e la forza della relazione, poiché ogni volta è necessario ritrovare dei nuovi equilibri e riorganizzarsi in relazione ad assetti diversi dai precedenti.
In virtù di ciò risulta fondamentale possedere una buona dose di “flessibilità” ed altrettanta “capacità di adattamento” che permettano alla coppia di poter evolvere e progredire, sperimentando nuove modalità più funzionali di quelle passate.
In ogni coppia, dal momento in cui si viene attratti dai rispettivi partners tutto è dunque in evoluzione e, anche se ogni unione è unica ed i cambiamenti avvengono con tempi e modalità diversi, si possono individuare delle fasi “comuni”.
È il momento dell’incontro col proprio partner, la cui scelta è determinata, in maniera non del tutto consapevole, da fattori che vanno “al di là delle caratteristiche proprie della persona amata”, e che riguardano piuttosto la convinzione-speranza di poter soddisfare all’interno della coppia alcuni bisogni personali, in aggiunta all’influenza della propria storia familiare e del modello di coppia che si è osservato nei propri genitori.
È la fase in cui ci si individua rispetto al resto del mondo, isolandosi dalle relazioni esterne, persi nella simbiosi ed in una sorta di offuscamento che non permette di vedere nient’altro al di fuori dei propri partners.
È il momento dell’innamoramento vero e proprio, in cui sono predominanti i sentimenti tipici dell’infatuazione e dove l’altro viene idealizzato, amplificandone le somiglianze e minimizzandone le differenze.
Ad un certo punto però, le illusioni della fase precedente iniziano a scomparire.
Le somiglianze iniziano a lasciare il posto alle differenze, che non possono più essere ignorate: viene giú la maschera dell’idealizzazione e si inizia a vedere l’altro per chi è realmente, con le sue proprie caratteristiche, compresi difetti e debolezze.
Nel momento in cui i partner si iniziano a vedere reciprocamente in maniera autentica e si accettano e rispettano per quelli che sono, si può parlare di “amore maturo”.
In questa fase avvengono anche altri passaggi importanti:
– si fa pace con il fatto che l’altro non può colmare tutti i propri bisogni affettivi,
– ci si ritorna ad aprire al mondo esterno, recuperando i rapporti sociali che si erano trascurati nella fase della fusione col partner,
– ciascuno riscopre i propri interessi e comincia a riservarsi degli spazi tutti propri al di fuori della coppia.
Tutte trasformazioni fondamentali per il raggiungimento di un rapporto di coppia piú maturo e consapevole.
La coppia dunque, col superamento delle prime fasi acquista maggiore stabilità ed il “progetto di vita insieme” diventa sempre piú concreto e definito, tanto da prevedere, ad un certo punto, il concepimento di una nuova vita.
La “nascita di un figlio” rappresenta per la coppia un passaggio evolutivo tanto importante quanto delicato, poiché comporta un ulteriore consolidamento dell’unione ma, allo stesso tempo, è un evento destabilizzante che può rappresentare un fattore di rischio per l’equilibrio della coppia e mettere in crisi la relazione, se non ci si riesce a riorganizzare trovando una nuova dimensione che includa il bambino e le sue esigenze.
Con l’arrivo di un figlio si vengono a strutturare dei “nuovi ruoli”, quelli “genitoriali”, che si affiancano e si devono conciliare ed integrare con quelli fino a quel momento esclusivamente coniugali.
Il “passaggio da diade a triade” comporta per i neo genitori tutta una serie di compiti evolutivi sia a livello individuale che relazionale;
non solo in riferimento al proprio partner, con il quale si condivide l’esperienza dell’accudimento, in un’organizzazione di ruoli e funzioni genitoriali che si auspica quanto piú equa ed equilibrata possibile;
ma anche ad esempio alla propria famiglia di origine, con la quale si instaurano rapporti di “collaborazione”, che rappresentano una grande risorsa in un momento cosí delicato e critico, ma che possono rasentare, non di rado, il rischio della “competizione educativa”.
Non è sempre tutto rose e fiori!
Può quindi capitare che, nel corso della loro durata, le coppie vadano incontro a
momenti di difficoltà che fanno vacillare l’equilibrio fino ad allora raggiunto.
Ma i momenti di “crisi” sono assolutamente da mettere in conto in quanto ogni relazione amorosa è fatta inevitabilmente di alti e bassi, ed è proprio in queste circostanze che il legame di coppia cresce e si rinforza.
“È la capacità di superare la crisi che tiene viva l’unione e la rinsalda”, rappresentando un’importante l’occasione per ridefinire alcune dinamiche relazionali, sia interne che esterne alla coppia, trovando nuove soluzioni che promuovano delle condizioni di benessere generale, a partire dalla soddisfazione di ognuno dei due partners.
É l’ultima fase della vita di una coppia, che può avvenire o naturalmente per morte di uno dei due componenti, o per scelta quando la vita insieme non è piú considerata un’opzione possibile.
Può infatti capitare che la crisi di coppia porti alla fine della relazione e a tutto ciò che questo significa a livello emotivo: si tratta sempre e comunque di una perdita, di un vero e proprio “lutto” che bisogna col tempo elaborare.
Al di lá delle motivazioni che portano a questo esito, si tratta del fallimento di quel progetto di vita su cui tanto si era investito ed, anche in virtú di ciò, è inevitabile non ritrovarsi esposti ad una sofferenza molto intensa.
Perdere il proprio partner comporta pur sempre il dolore e la fatica di accettare di vivere senza il compagno di una vita, insieme alla sensazione di aver perso anche qualcosa di sè…
Delle volte peró la separazione rappresenta un’opzione piú sana e preferibile al mantenimento di un legame altamente disfunzionale e patogeno: l’interruzione di una relazione che non funziona più ha sicuramente degli effetti positivi sui tutti i soggetti che sono coinvolti, che hanno cosí la possibilità di allontanarsi da un ambiente conflittuale e carico di tensione emotiva.
Per affrontare un momento critico del genere, che costringe a rimodulare tutte le proprie prospettive e a ridefinire le priorità in un contesto che è cambiato radicalmente, potrebbe essere opportuno rivolgersi a dei professionisti, affinché poter ricevere un supporto nel lavoro di superamento dell’evento luttuoso.
La fine di una relazione necessita di una rimodulazione dell’intera vita, in quanto risulta necessario integrare degli aspetti esistenziali del tutto nuovi con ciò che resta del passato, riuscendo a portare in salvo quanto di positivo è maturato nel corso del legame di coppia appena conclusosi, in un’ottica di reinvestimento nel futuro che legittimi pian piano la persona a potersi ricostruirsi anche una nuova vita sentimentale.
[La dott.ssa Pamela Cantarella, è una Psicologa Clinica iscritta all’Ordine Regione Sicilia (n.11259-A), in formazione presso Scuola di Psicoterapia ad orientamento Sistemico-Relazionale]
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25 Agosto 2024, 04:59