Referendum, decide il voto contro | Chi può “affossare” il Sì e il No

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17 Novembre 2016, 06:00

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PALERMO – A volte, due più due può fare tre. Succede, ad esempio, nel gioco delle dichiarazioni di voto in vista del referendum. Nella corsa, cioè, verso le adesioni al Sì e al No. Il premier Matteo Renzi ieri in Sicilia ha scavato un po’, alla ricerca di qualche nuova falda di consenso. Si è giocata la carta della “decontribuzione” per le aziende che assumeranno, nuovi interventi per l’agricoltura, nuovi piani per gli investimenti. Finito il suo intervento, però, scopri che impegnato in convenevoli, saluti, baci e abbracci, all’ingresso del Teatro Politeama, è Giuseppe Castiglione. Sottosegretario renziano, ex assessore regionale – non a caso – all’Agricoltura ed esponente siculo del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano. Un ex berlusconiano, insomma, alla kermesse dei renziani. E in tanti, tra i nostalgici comunisti che una volta votavano sulla scia dell’altro padrone di casa di ieri, cioè l’assessore Antonello Cracolici, avranno storto il naso. Gli alfaniani portano o tolgono ossigeno al Sì?

Dagli alfaniani a Crisafulli

Una risposta forse l’ha già fornita ieri il Fatto quotidiano, filmando l’arrivo di alcuni anziani a un convegno a Roma sulla Sanità, sfruttato per rilanciare il Sì. “C’è anche Alfano? Se l’avessi saputo non sarei venuto…” ha commentato uno di loro. Eccolo un possibile “contro-testimonial” del Sì. Ma in buona compagnia, ovviamente. S’è espresso in questo senso, ad esempio, il governatore Rosario Crocetta. E considerato il recente sondaggio che lo vede all’ultimo posto nella classifica di gradimento tra i presidenti di Regione, è chiaro che l’appoggio alla riforma di Renzi rischia di essere un autogol per il premier. Che quantomeno l’ha scampata bella ieri, al Politeama: il governatore non c’era, impegnato in conferenze internazionali in Marocco. Da decodifcare, invece, l’effetto-Crisafulli. Da capire, cioè, quanto l’adesione di quello che fu considerato un impresentabile, additato da Pif al ludibrio della platea della Leopolda, possa portare acqua al mulino del Sì. Ma come? Proprio Mirello, Mirello il reprobo, quello che non merita di stare nel Pd?

I transfughi di Cardinale

In effetti, dentro e intorno al Pd nel frattempo è giunto chiunque. Da qualunque parte. E così, bisognerà comprendere quanto l’effetto dei “transfughi” possa ricadere su un referendum che è anche e soprattutto un referendum su Renzi. Ce n’erano tanti, in platea ieri. C’erano i cuffariani-dem come Valeria Sudano, i cuffariani quasi-dem come Totò Cascio e Luisa Lantieri, c’erano gli ex democristiani-dem come Luca Sammartino, gli ex-autonomisti-dem come Paolo Ruggirello, e poi c’erano persino gli ex-belusconiani quasi-dem come Michele Cimino, impegnatissimo, quest’ultimo, nella campagna per un Sì che cambi davvero il paese. Lui nel frattempo ha cambiato completamente sponda politica, passando con disinvoltura dai fasti di Forza Italia alla maggioranza di Crocetta. Insieme a lui, tra le prime file, un altro politico incline al ‘cambiamento’ come Salvo Lo Giudice. Questi ultimi, hanno trovato consacrazione nel movimento Sicilia Futura di Totò Cardinale, pifferaio magico in grado di condurre verso Renzi (tramite il sottosegretario amico Luca Lotti) gente proveniente da ogni punto cardinale della politica siciliana. Tutti mobilitati per il Sì. Ma non è che alla fine tanti “ortodossi” di centrosinistra storceranno il naso e preferiranno il No, piuttosto che aprire i cancelli del loro mondo?

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La paura a cinque stelle

Ma quale mondo? Verrebbe da dire. Perché nel frattempo, ad esempio, persino la Cgil e i partigiani, che una volta erano fibre della muscolatura del centrosinistra, hanno ufficialmente preso posizione per il No. Ma insieme a chi? Ad altri “controtestimonial”, in grado di spostare, solo “di rimbalzo” il voto dall’altra parte. Prendi il Movimento cinque stelle: se vai oltre i confini (ampi, oggi) del loro consenso, trovi una generalizzata diffidenza, se non paura. E così, è assai diffuso il voto “contro di loro”. In questo caso, però, ecco la variabile impazzita: come reazione al movimento grillino, si scelgono strade diverse. È il caso ad esempio di quanti – uno di questi è l’ex governatore Salvatore Cuffaro – vede nel Sì il rischio che troppi poteri possano finire a un governo in mano ai Cinquestelle. Per i renziani, invece, il Sì è puntello proprio per rintuzzare, anche in vista delle politiche, l’espansione grillina. Chi avrà ragione?

Cuffaro, Ingroia, Schifani

A proposito di Cuffaro, poi, è davvero un assist per il No, la presa di posizione dell’ex presidente che aveva giurato di non volersi più occupare di politica? Qui si dirà: il referendum è altra cosa, ci mancherebbe. Ma intanto, i reduci cuffariani, come Saverio Romano, spingono, insieme a Denis Verdini, per il Sì. Cuffaro non è in sintonia nemmeno con i suoi? E l’endorsement di un presidente condannato per favoreggiamento alla mafia, facilita o rallenta la corsa dei No?

Intanto, potrebbe non essere esattamente un incoraggiamento al No la presa di posizione dell’ex pm Antonio Ingroia, almeno stando ai numeri: quelli cioè deprimenti del suo primo e unico tentativo politico con Rivoluzione (e Azione) Civile. E lo stesso potrebbe valere per Forza Italia: i berlusconiani, guidati oggi nella campagna referendaria da Renato Schifani, vivono la contraddizione di aver provato a farla, la riforma, insieme a Renzi. E fino a un certo punto della storia, di averla anche votata. Così, il No azzurro rischia di somigliare a un capriccio che si presta bene alle tesi di chi spinge per il Sì. Eccoli, i possibili voti “di rimbalzo”. La vittoria del Sì o del No, potrebbe essere figlia dei “voti contro”. Perché a volte, due più due, in politica, fa tre.

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17 Novembre 2016, 06:00

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