08 Settembre 2017, 20:56
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CATANIA – Camicia bianca d’ordinanza, selfie e strette di mano: Matteo Renzi ritorna a Catania. La presentazione del suo libro diventa un pretesto per tornare “in cammino”, un modo per ricordare agli avversari che gode di ottima salute. Sopravvissuto alla gestione dell’uscita di scena di Rosario Crocetta e ai fuochi incrociati dei compagni di partito in attesa di un passo falso, il segretario dem non vuole farsi impallinare. L’esito delle elezioni regionali non metterà in discussione la sua segreteria, o almeno così dice Renzi. Nel frattempo è partita la corsa contro il tempo e i sondaggi. La toccata e fuga sicula, con tanto di presentazione ufficiale di Fabrizio Micari alla stampa, nonostante tutto fa pensare più alla marcia di un candidato premier in pectore che a un segretario di partito. Segno dei tempi, forse. A Catania il consenso dei renziani non sembra essere scemato: l’ampiezza dei capannelli di persone è direttamente proporzionale all’influenza del deputato di turno. Sul palco va in scena il “duetto” Bianco-Renzi.
Il segretario dem sponsorizza la candidatura di Fabrizio Micari dicendo che è l’unica novità in campo e assestando qualche botta ai tre competitor. Musumeci “che le campagne elettorali le conosce bene perché ne ha già fatte tre”, Cancelleri “che sta all’Ars da cinque anni, ma sulle questioni dimostra incompetenza” e soprattutto Claudio Fava “responsabile del 61 a 0, non certo una novità”. Poi tocca a Bianco mettere il carico da novanta su Fava: “E’ un oggetto misterioso, non si è mai occupato della Sicilia senza che ci fosse un riflettore acceso”. Un attacco che fa il paio con le parole di Renzi su quello che si muove a sinistra del Pd soltanto in chiave anti dem. Come “la riforma costituzionale che D’Alema doveva fare in sei mesi”. Su baffino anche Bianco, che pure ne sottolinea le capacità, si unisce al coro: “Vuole vendetta”. Il capro espiatorio perfetto in caso di risultato deludente è servito. Ma Renzi sul punto è netto: nessun laboratorio politico in chiave nazionale. “Nessuna ricaduta nazionale per giochi politici, votate pensando alla Sicilia: Micari è nuovo, competente e sa fare squadra”.
Va in scena anche un momento nostalgia per i “mille giorni di governo”. L’ex premier rivendica i risultati: “Berlusconi diceva che avrebbe dato un milione di posti di lavoro, noi lo abbiamo fatto”. L’ex rottamatore, però, ammette la diseguale distribuzione di posti di lavoro tra Nord e Sud del paese. Da qui si deve ripartire. In sala, dove non ci sono soltanto renziani, fioccano a più riprese gli appalusi. Lo stato maggiore dei dem è quasi al completo: i deputati Luca Sammartino, Valeria Sudano, Pippo Nicotra, Gianfranco Vullo, Anthony Barbagallo, Giovanni Burtone e il segretario Enzo Napoli. In sala ci sono anche i tre esponenti della sinistra Pd Luisa Albanella, Concetta Raia e Angelo Villari che provano a lanciare un segnale chiaro circa la loro permanenza all’interno del partito. La guerra fredda tra le varie anime, in attesa della sfida all’ultima scheda di novembre, si ferma per un paio di ore. Nel frattempo sul palco il segretario dem racconta qualche aneddoto personale e parla del suo modo di concepire la politica. Con “Avanti” Renzi si lancia on the road, più alla maniera dei boy scout che di Kerouac.
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08 Settembre 2017, 20:56