11 Febbraio 2022, 11:48
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ROMA – C’è un dossier nascosto, atti ufficiali, degli organi giudiziari, non le solite pappardelle raccogliticce. È l’informativa sui rapporti tra l’ex paladino degli industriali Antonello Montante e i giornalisti. Dentro c’è di tutto, dai normali rapporti personali, alle corsie preferenziali, dossieraggi con ambienti istituzionali, favori. E giornalisti Rai. Perché non c’è stata alcuna rivolta in commissione Vigilanza, né negli ambienti politici? Semplicissimo, in Italia è “normale” che un giornalista assuma incarichi politici, riceva favori, beva champagne con i potenti e, per loro, diventi una sorta di investigatore che assembla dossier falsi, anche con pezzi di Stato. Non dà fastidio un giornalista a libro paga, anzi, è comodo per i potenti. Che poi sia un’asta da microfono, o un cameriere della politica che ben venga, così funziona il mondo dell’informazione.
Non ha preso tangenti, non ha ottenuto soldi in segreto. Non è stato sostenuto come aspirante politico, non è andato sullo yacht di qualche potente a bere champagne. Non ha una fondazione parallela nella quale veicolare fiumi di milioni di euro.
Ma allora, qual è l’ultima, “gravissima”, colpa del conduttore di Report Sigfrido Ranucci? Cosa ha fatto per essere al centro dell’ennesima campagna di fango? Ha risposto male a un senatore, sì, è stato sgarbato, forse poteva risparmiarsi qualche virgola. Certo, il giornalista che guida, per il servizio pubblico, una delle ultime trasmissioni televisive d’inchiesta, vessato da centinaia di citazioni civili e penali, rischiando col proprio patrimonio personale e con la propria salute, quando è al centro di una macchinazione politica e di potere deve essere garbato. Giusto, lo annoteremo.
Ma allora, cosa c’entra un audio manipolato, per il quale un noto sindaco è stato già condannato, che torna in circolazione e dà il via ai titoloni? “Ranucci comprò video da un latitante”, il Giornale. “Così lavorava Ranucci: fatture false, latitanti, dossier di fango e 007 amici”, il Riformista.
E poi, non possono mancare, le donne: anche falsi dossier su abusi sessuali contro Ranucci. Diciotto ore al giorno, sabati e domeniche in redazione, con la gamba rotta, sotto scorta, o anche mentre la mafia, dopo il servizio su Catania, parlava dell’intenzione di fargli la pelle.
Donne, dicevamo, come avvenne contro Pippo Fava, a Catania, quando la stampa inventò la pista “di natura privata” dopo l’assassinio e ci vollero decenni per annotare la sigla mafia a quel delitto.
Chi volesse accostarsi alla professione giornalistica vada su google, studi e conservi quello che sta accadendo a Sigfrido Ranucci. Annoti e conservi i titoli, le frasi. Sono gli anni di piombo dell’informazione. E Ranucci, oltre a non prendere soldi e non essere sceso a patti con i potenti, ha solo l’ultima grave colpa: essere vivo. Forza Sigfrido: continuaci a rendere orgogliosi della professione giornalistica.
Antonio Condorelli – Direttore di LiveSicilia
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11 Febbraio 2022, 11:48