24 Novembre 2015, 15:44
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PALERMO – Torna a farsi rovente il clima dentro la Reset. La società consortile del comune di Palermo, nata dalle ceneri della Gesip grazie a un accordo con i sindacati firmato a fine 2014, avrebbe dovuto consentire un graduale ritorno alla normalità: un aumento del monte ore settimanale, l’adeguamento dei livelli, economie derivanti dal passaggio in altre partecipate a seguito dei pensionamenti. Il tutto basato su 29 milioni di euro l’anno che, grazie al trasferimento nelle aziende ex municipalizzate di una parte del bacino, sarebbero bastati.
Un piano, però, riuscito solo in parte. Le società partecipate, infatti, non hanno ancora ben chiaro di quante persone avrebbero bisogno, né di quante potrebbero andare in pensione: una ricognizione che era invece necessaria per attuare gli accordi presi con i sindacati Gesip. E visto che questo passaggio non è stato consumato, l’unica alternativa resta l’aumento dei 29 milioni di euro che però, secondo l’amministrazione, sarebbe pressoché impossibile, visti i tempi da vacche magre.
Inevitabile, quindi, il mal contento dei sindacati. “I lavoratori non sono ancora passati a 40 ore come stabilito nel dicembre 2014 e tutti hanno la stessa retribuzione a prescindere dal livello e dalle mansioni svolte – dicono Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil che ieri sera hanno incontrato il primo cittadino alla presenza delle Rsa Charlie Biondolillo per la Filcams, Maurizio Giannotta per la Fisascat mentre per la Uiltucs Mario Di Fiore, Cesare Unniemi e Nicola Presti – il sindaco Leoluca Orlando ha comunicato che potrà dare risposta ai lavoratori solo dopo giorno 1 dicembre, quando incontrerà i vertici delle altre partecipate per capire qual è la situazione economica e i margini per intervenire anche in favore della Reset”.
“I lavoratori della Reset – dice Marianna Flauto, segretario generale della Uiltucs Sicilia – devono essere trattati come i dipendenti delle altre partecipate. Tra l’altro ai dipendenti Reset viene applicato un contratto collettivo nazionale di lavoro che prevede trattamenti economici e normativi inferiori rispetto agli altri, anche pari alla metà delle buste paga dei colleghi delle altre partecipate, nonostante più ore lavorate”.
“I 1.650 dipendenti di questa partecipata – dicono Monja Caiolo della Filcams, Mimma Calabrò della Fisascat e Marianna Flauto della Uiltucs –non possono dipendere dai sacrifici degli altri. La Reset tra l’altro è l’unica società continuamente al centro di interventi di razionalizzazione e i dipendenti devono avere un contratto e livelli adeguati”.
Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil ricordano “che l’accordo con l’amministrazione prevedeva che i 29 milioni diventassero strutturali e a questi si sarebbero aggiunti gli eventuali risparmi dell’Iva. Ieri invece il sindaco ha annunciato che per il 2016 ci saranno a disposizione 24 milioni più i 5 milioni derivati dal risparmio dell’Iva: in tutto quindi confermano i 29 milioni, mentre ne servirebbero invece una decina in più per il passaggio di tutti i 1.650 lavoratori a 40 ore. Il risparmio dell’Iva, in sostanza, secondo l’accordo iniziale doveva essere a integrazione dei 29 milioni stanziati e non incluso come comunicato ieri sera”.
I sindacati hanno poi respinto le richiesta della società di adeguare in questa fase solo i livelli più alti, quelli amministrativi. “Il piano di adeguamento – aggiungono Caiolo, Calabrò e Flauto – deve riguardare tutti e non solo una parte. I lavoratori Reset hanno diritto al passaggio a 40 ore a prescindere dalle altre partecipate, nel rispetto del contratto. Il sindaco trovi le nuove risorse ma non può essere sempre la Reset a farsi carico di sacrifici”.
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24 Novembre 2015, 15:44