Resti, colonne e marmi storici |Discarica di reperti ai Benedettini

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17 Novembre 2016, 18:43

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CATANIA – Gradini di marmo, pietre antiche da costruzione, pezzi lavici squadrati e semilavorati: affastellati alle spalle del Monastero dei Benedettini, ai piedi della parete lavica sotto il Giardino dei Novizi, in mezzo alla vegetazione incolta. Questa la situazione segnalata alcune settimane fa a LiveSicilia da uno studente della facoltà di Lettere Moderne. Interpellati sulla questione, dal Dipartimento di Scienze Umanistiche forniscono chiarimenti: i resti architettonici non sarebbero infatti abbandonati. Si tratterebbe di “residui -in buona parte ben conservati e relativamente storici- di oltre trent’anni di attività edilizia di ristrutturazione e recupero eseguita (…) da diverse imprese coordinate da vari Direttori dei Lavori (tecnici dell’Università e liberi professionisti)”. Frammenti più o meno antichi, dunque, depositati durante gli ultimi lavori del 2014 nel cortile posteriore, in attesa di eventuali riutilizzi.

Restava tuttavia da accertare la natura di questi frammenti: più di un osservatore non si spiegava in particolare la presenza delle lastre di marmo parzialmente avvolte in fogli di plastica. Una rapida ricognizione tra i professori ci ha condotti alla professoressa Claudia Guastella, docente di Storia dell’Arte Medievale e profonda conoscitrice del Monastero, la quale ha quindi indirizzato la nostra ricerca –mediante l’associazione “Officine Culturali”- fino al geometra Antonino Leonardi, collaboratore dell’architetto Giancarlo De Carlo durante i decenni di restauro della struttura, il quale ha volentieri approfondito l’argomento fino alle sue radici storiche.

Perché i pezzi architettonici in questione, pur essendo effettivamente trascurabili, riflettono un insieme di mutamenti della struttura attraverso diverse epoche. Molti dei blocchi in pietra lavica sono infatti paracarri di cent’anni fa, aggiunti a protezione di quelle che oggi sono aule, ma allora erano scuderie militari nelle quali trovavano alloggio i primi veicoli blindati: metà del Monastero, com’è noto, era infatti adibita a caserma. I gradini sono invece quelli più antichi della scalinata all’ingresso, sostituiti perché logorati dal passaggio di migliaia di studenti: una parte consistente dell’edificio ha infatti ospitato per decenni vari istituti scolastici (frequentati da alunni poi illustri come Federico De Roberto).

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Altro marmo proviene dai lavori sulla fontana posta in uno dei chiostri. “Alterare l‘aspetto della parete lavica con questi reperti è stato certo un errore”, afferma Leonardi, “ma altre questioni hanno maggior rilevanza”. Il geometra Leonardi ci ha riferito di altri ritrovamenti tra gli scavi nel convento, tra i quali quello degli arti di alcune statue oggi conservate integre a Villa Pacini (“parenti” della statua acefala di via Dusmet) , ma soprattutto di alcune interessanti idee dell’architetto De Carlo ad oggi realizzate soltanto in parte.

Senza trascurare il messaggio insito nella colossale ristrutturazione andata avanti per oltre trent’anni: strutture alterate e rimaneggiate sono state restituite ad una forma vicina all’originale, al loro valore di testimonianza storica. Gli spazi sui quali oggi si affaccia la biblioteca, adibiti per decenni a immondezzaio, sono liberi e fruibili. Sui muri restano graffiti d’epoca e scritte a vernice risalenti agli anni ’30-’40, memorie che spaziano dal fascismo alle elezioni del 1948 (queste ormai molto rare in tutta Italia): forme di comunicazione magari discutibili, ma che oggi testimoniano l’avvicendarsi di diversi momenti della storia. ”Conoscere il passato, imparare da ciò che è accaduto, serve a comprendere il presente”, conclude Leonardi congedandoci. Difficile dargli torto.

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17 Novembre 2016, 18:43

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