Il ricatto e la morte dei Maiorana| Due indagati per omicidio

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01 Luglio 2016, 14:25

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PALERMO – A cinque giorni dalla batosta del sequestro patrimoniale una nuova e pesante grana giudiziaria si abbatte sul costruttore palermitano Francesco Paolo Alamia. Ha ricevuto un avviso di garanzia assieme all’imprenditore Giuseppe Di Maggio, di Torretta. Sono indagati per la morte di Antonio e Stefano Maiorana, padre e figlio, costruttori palermitani scomparsi nel nulla la mattina del 3 agosto 2007. Un omicidio, un grande ricatto e tanti misteri che l’avviso di garanzia non chiarisce. Anzi, alimenta. 

Tutto ruota attorno al cantiere di Isola delle Femmine dove la Calliope srl stava costruendo delle abitazioni. È l’ultimo posto in cui furono visti i due costruttori. La loro auto, una Smart, fu poi ritrovata nel parcheggio dell’aeroporto di Palermo, ma dai controlli risultò che i due non avevano preso alcun volo. Dieci giorni prima della scomparsa, Alamia, socio della Calliope, cede le quote a Dario Lopez, che ne deteneva già il 50%, e da questi finiscono a Karina Andrè, ex compagna di Maiorana padre. Un’operazione che sarebbe frutto di un ricatto di cui nulla, però, trapela. I Maiorana avrebbero avuto in mano lo strumento per tenere sotto scacco Alamia e forse non solo lui.

Figura controversa quella dell’ottantenne ingegnere Alamia, originario di Villabate. A partire dagli anni Settanta è stato anche immobiliarista e finanziere. Ha costruito una fortuna, così sostiene l’accusa, grazie all’appoggio di Vito Ciancimino e di altri boss. Lambito dalle inchieste per mafia, ne è sempre uscito pulito. La settimana scorsa gli hanno sequestrato beni per 22 milioni di euro.

Giuseppe Di Maggio è titolare di una piccola impresa di movimento terra e scavi. Già coinvolto in un’operazione antimafia degli anni scorsi, è figlio di Lorenzo, detto Lorenzino, attualmente in carcere per associazione mafiosa. Il padre faceva parte della famiglia di Torretta, alleata storica dei Lo Piccolo di San Lorenzo. E qui salta fuori la prima anomalia. Salvatore Lo Piccolo, Totuccio il Barone, quando scomparvero i Maiorana avviò un’indagine interna per capire che fine avessero fatto. Un’indagine che si arenò o fu addirittura stoppata. Sta di fatto che uno dei più potenti capimafia della Cosa nostra di allora restò all’oscuro della vicenda dei Maiorana.

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Di Maggio era presenta nel cantiere di Isola delle Femmine la mattina della scomparsa dei costruttori. Dei Maiorana nulla si è saputo per anni. Poi, nei mesi scorsi la prima svolta. I carabinieri del Nucleo investigativo – non sappiamo come ci siano arrivati – vanno in un terreno fra Villagrazia di Carini e Carini e scavano fino a trenta metri di profondità. Sotto una montagna di ghiaia pulita e mai usata, dunque non di risulta, trovano la suola di una scarpa e un sacco sporco di rosso. Ed è proprio per eseguire gli accertamenti tecnici irripetibili che probabilmente i pubblici ministeri Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia hanno avuto la necessità di inviare l’avviso di garanzia ai due indagati che devono partecipare all’atto investigativo con un loro difensore.

Perché gli accertamenti non sono stati eseguiti prima? Evidentemente c’è sotto una mole di lavoro che resta segreta e che ha portato all’avviso di garanzia per omicidio. È ancora presto per conoscere i dettagli e scoprire quale sia, se davvero ci sia stato, il grande ricatto che è costato la vita ad Antonio e Stefano Maiorana.

 

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01 Luglio 2016, 14:25

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