27 Marzo 2017, 05:02
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CATANIA – Sono 26 gli indagati nell’inchiesta Piramidi, che ha portato all’arresto, la scorsa settimana, di 14 soggetti, accusati, a vario titolo, di traffico di rifiuti, favoreggiamento della mafia, falso, corruzione e traffico di influenze illecite.
Alcune posizioni sono state già vagliate dal Gip Giuliana Sammartino che ha disposto le misure cautelari, rispondendo alla richiesta dei magistrati coordinati dal procuratore capo Carmelo Zuccaro. Un’inchiesta poderosa, che ha visto in campo la Tributaria della Guardia di finanza, i carabinieri del nucleo operativo e gli uomini del Noe. Le indagini sono tutt’ora in corso.
MAFIA – Ai primi posti dell’elenco degli indagati, come già emerso la scorsa settimana, ci sono Antonino e Carmelo Paratore, signori incontrastati dei rifiuti e gestori della discarica in cui è stato smaltito il “polverino” dell’Ilva, sono indagati insieme a Rosario Zuccaro e Luigi Gambino per associazione mafiosa “per aver fatto parte – fino all’agosto 2014 – unitamente a numerose altre persone, dell’associazione mafiosa Cosa Nostra della provincia di Catania, articolata nelle famiglie di Catania, Caltagirone e Ramacca…”. Il Gip, nel concedere le misure cautelari, ha puntato l’attenzione sul traffico di rifiuti che sarebbe attuale e quindi con un pericolo di inquinamento probatorio e reiterazione del reato, rispetto all’associazione mafiosa che dovrà essere provata in un eventuale giudizio.
Il boss Maurizio Zuccaro e i due Paratore sono accusati di favoreggiamento per l’intestazione “fittizia” della società Le Piramidi, che gestisce un rinomato stabilimento balneare a Catania del quale sarebbe titolare, al 50%, proprio Zuccaro, ma in modo occulto.
ASSOCIAZIONE A DELINQUERE – Ai rifiuti è dedicato più di un capo d’accusa. Il più delicato è quello che prevede la contestazione dell’associazione per delinquere a Antonino Paratore, ritenuto “gestore di fatto” della Cisma Ambiente, società proprietaria della discarica di Melilli, indagati anche: Carmelo Paratore, quale presidente del Cda della Cisma, “si interfacciava con la Pubblica Amministrazione e, anche con continue dazioni illecite di denaro, otteneva dai pubblici funzionari l’emissione di provvedimenti illegittimi che consentivano il raggiungimento degli scopi dell’associazione criminale”; Marco Ruscica, presidente del Cda della Cisma fino al 2012 e direttore tecnico della Cisma; Salvatore d’Amico, amministratore unico della Paradivi Srl; Agata Distefano, dipendente e poi consigliere della Cisma dal 16 maggio del 2012. Tutti sono accusati di essere partecipi dell’associazione, avrebbero redatto documenti per la pubblica amministrazione in violazione della legge.
Indagato anche Paolo Plescia, direttore tecnico dell’impianto di contrada Bagali, ricercatore del Cnr di Roma, Maurizio Cottone, responsabile dello stoccaggio della Cisma Ambiente, Antonio Parlato, responsabile dell’impianto di trattamento dei rifìiuti di Melilli, Antonio Di Vincenzo, responsabile operativo della discarica, per aver fornito “sistematicamente la loro opera alla associazione con la esplicazione di attività di carattere materiale nel trattamento e smaltimento illecito dei rifiuti all’ interno del sito industriale di contrada Bagali”.
SMALTIMENTO ILLECITO DI RIFIUTI – Altro capitolo vede indagati Giuseppe e Giovanni Amara insieme a Mauro Verace, Natale Zuccarello e Giuseppe Latteo, per lo smaltimento di rifiuti anche pericolosi. E’ bene precisare che la posizione degli Amara è stata ridimensionata dall’analisi del Gip Alba Sammartino ed è venuta meno la misura cautelare. Indagati – come emerso – anche pezzi da novanta della Regione, come Gianfranco Cannova, Rup del procedimento di AIA della CISMA e funzionario dell’Unità operativa rifiuti, Natale Zuccarello, dirigente del Servizio VIA-Unità operativa rifiuti dal 2 febbraio 2009 al primo febbraio 2013, Giuseppe Latteo nella qualità di Dirigente Responsabile dell’Unità Operativa Rifiuti della Regione fino al 31 dicembre 2015 e Mauro Verace, nominato Commissario dal TAR Catania e Dirigente Generale Servizio VIA-Unità operativa rifiuti dal 1 luglio 2015 al 30 giugno 2016. Tutti avrebbero organizzato “all’ interno del sito di contrada Bagali di Melilli di pertinenza della CISMA Ambiente SPA, la gestione e lo smaltimento abusivo di ingenti quantità di rifiuti”.
Indagato anche il direttore tecnico del Comune di Melilli Salvatore Salafia per corruzione, suo figlio è stato assunto prima alla Cisma Spa e poi alla Siram Srl Ambiente.
Altro capo riguarda Vincenzo Naso, nominato Ctu dalla Procura di Siracusa: l’accusa nei suoi confronti è di falso. Stessa accusa nei confronti di Sergio Faldetta e Mauro Verace, “non segnalavano – scrivono i magistrati – gli abusi edilizi perpetrati negli anni successivi al rilascio dell’ AIA ovvero in area limitrofa all’area dell’impianto autorizzato e a servizio dell’impianto stesso, venivano realizzati due fabbricati, uno adibito a laboratorio di analisi, oggetto di concessione in sanatoria rilasciata in violazione di legge trattandosi di immobile non residenziale ricadente in area agricola e un secondo fabbricato adibito, non a ricovero mezzi ed attrezzature agricole, bensì ad officina”.
Indagato anche Mario Corradino, quale funzionario in servizio nell’Assessorato Infrastrutture e Mobilità della Regione Sicilia, quindi pubblico ufficiale, “sfruttando le proprie relazioni esistenti con i pubblici ufficiali e gli incaricati di servizio tra i quali Patella Antonio, Puccio Salvo, Armenio Domenico (non indagati), e funzionari del Ministero dell’ Ambiente, indebitamente si faceva dare e promettere da Carmelo Paratore, quale gestore di fatto della Cisma Ambiente SPA, consistenti somme di denaro come prezzo della propria mediazione illecita verso i predetti funzionari ovvero per remunerarli, in relazione al compimento di un atto contrario ai loro doveri di ufficio”, cioè l’ampliamento della discarica.
LE ESTORSIONI Salvatore e Carmelo Grillo sono indagati per concorso in usura ai danni di Giuseppe Grasso, proprietario del Tubo, ristorante molto apprezzato della riviera catanese, con un interesse del 10% su base mensile. Salvatore Grillo è indagato anche per estorsione aggravata dal favoreggiamento della mafia, per aver costretto a pagare 150 euro di interessi usurari al giorno dietro la minaccia di gravi conseguenze. Giuseppe Verderame e Simone Giuseppe Piazza sono indagati per estorsione aggravata perché essendosi presentati come affiliati a famiglia malavitosa catanese, costringevano Giuseppe Grasso a versare loro € 200 al mese al fine di assicurare la “protezione” alla pizzeria Al Tubo”.
Nel capitolo delle estorsioni sono indagati anche Rosario Zuccaro e Luigi Gambino, in concorso con Verderame e Piazza: avrebbero minacciato di morte l’imprenditore, comunicando “che da ora in poi l’esercizio commerciale “Il Tubo” “apparteneva a loro”, che avrebbero sparato in testa al Grillo se avesse ancora avanzato pretese e che doveva venire al Castello Ursino a parlare con Luigi, sennò non avrebbe recuperato nemmeno il capitale”.
Nei confronti dei 26 indagati le indagini non sono ancora chiuse, il procuratore Zuccaro ha annunciato che sono in corso ulteriori verifiche su percorsi che potrebbero portare anche lontano dalla Sicilia.
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