31 Ottobre 2018, 13:06
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Era il 3 gennaio di quest’anno quando Nello Musumeci diceva a chiare lettere: “Ho bisogno di poteri speciali, quello di Bellolampo è il problema più grave”. Che la discarica palermitana fosse una bomba pronta a esplodere lo si sa da un pezzo. Ma questo 2018 che volge orlami al termine non è stato sufficiente per trovare una soluzione. E il rimpallo di responsabilità tra Regione e Comune va avanti mentre Palermo rischia di diventare una discarica a cielo aperto.
Ieri si è appreso che l’autorizzazione all’ampliamento della sesta vasca arriverà, ma solo lunedì prossimo. Nel frattempo, toccherà al Comune emanare un’ordinanza per riaprire Bellolampo. L’accusa della Regione è che la Rap si sia mossa in grande ritardo presentando il progetto solo quest’anno, anziché nel 2017. Il Comune dal canto suo riversa sul presidente della Regione, commissario straordinario, le responsabilità. “Il Comune e la città di Palermo – afferma Leoluca Orlando – hanno letteralmente subito per anni le Ordinanze emesse dalla struttura regionale che hanno permesso a decine di comuni di utilizzare la discarica di Bellolampo, accorciandone la vita”. Lo stesso fanno i grillini, che più volte quest’anno, e fino a ieri, hanno incalzato Musumeci sul punto.
In realtà, l’apocalisse dei rifiuti in Sicilia è la più annunciata delle tragedie. Già nel 2016 la Corte dei conti in un documento trasmesso al ministero dell’Ambiente dava sei mesi di tempo per evitare il disastro, bocciando la normativa regionale, evidenziando l’assenza di un piano, lo sperpero dei fondi europei, il flop della differenziata. Una fotografia impietosa quella della Sezione di controllo, che si soffermava anche sui debiti fuori controllo degli Ato e sulla giungla degli affidamenti diretti. Il tutto mentre le indagini giudiziarie ipotizzano in giro per la Sicilia e a più livelli giri di mazzette o infiltrazioni mafiose attorno al gigantesco business della munnizza. Che in Sicilia negli anni ha ingrassato i privati, sia i signori delle discariche sia la frastagliata galassia della raccolta (altro affare a molti zeri), dove opachi affidamenti emergenziali la hanno fatta da padrone.
Se si è arrivati all’oggi, le ragioni della disfatta ovviamente vanno cercate negli anni. Nei decenni, anzi. Quelli dei commissariamenti e delle emergenze diventate regola. Dei carrozzoni clientelari mangiasoldi come gli Ato. Della vicenda degli inceneritori-monstre e del tavolino che stava dietro il maxiaffare naufragato. Tutte stagioni accomunate da un unico filo conduttore: il regno della discarica. È lì che i rifiuti siciliani sono finiti e continuano a finire. Nelle pubbliche, come Bellolampo e Trapani, e nelle private, come quella della Sicula Trasporti, quella della Catanzaro costruzioni (dal 1 giugno chiusa perché non è arrivata la proroga per utilizzare il tmb provvisorio, quello definitivo è in attesa d’autorizzazione), la Oikos dei Proto. Le nuove norme in materia di rifiuti dell’Ue pongono come obiettivo entro il 2035 che i rifiuti urbani conferiti in discarica non superino il 10 per cento. In Sicilia marciamo intorno all’80.
La differenziata solo nell’ultimo anno ha cominciato a crescere sensibilmente, pur restando ancora lontana dai livelli richiesti. Questo ha permesso, in questo 2018, di allungare un po’ la vita delle discariche, ma non è bastato. Anche perché le grandi città rimangono ancora molto indietro. Quest’anno si doveva trovare un po’ di respiro con l’apertura di nuove discariche pubbliche. Ma Gela, ad esempio, non ha ancora aperto, così come Messina. Ha aperto solo Enna, troppo poco per tamponare l’emergenza. Tra le soluzioni valutate dalla Regione c’era anche l’invio dei rifiuti in eccesso fuori dalla Sicilia. Non se n’è fatto niente, costava troppo. La riforma degli Ato intanto è rimasta impantanata all’Ars. E tanta strada resta ancora da fare sugli impianti di compostaggio. Ma intanto l’ora ics della bomba Bellolampo è scoccata. E il “sistema” più maleodorante della Sicilia si prepara a presentare l’ennesimo conto ai cittadini.
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31 Ottobre 2018, 13:06