18 Marzo 2019, 06:04
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PALERMO – Alberto Pierobon è assessore regionale ai Rifiuti da ormai più di un anno. Non è siciliano ma rivendica di essere cittadino del mondo con il cuore mediterraneo. Della Sicilia dice che “fa disperare perché potrebbe essere la prima regione d’Italia per potenzialità. C’è una bellezza tale che vi siete abituati al punto da non rispettarla più”. Si è innamorato del pane siciliano e lo usa come esempio per parlare delle potenzialità isolane. “Ormai – confessa – me lo congelo e lo porto al Nord. Mi avete messo in crisi adesso non mangio pane diverso da quello siciliano”. Dei primi giorni di attività da assessore ricorda di “essere stato catapultato sui problemi”.
Ecco, assessore, dopo un anno di attività forse si può cominciare a tracciare un bilancio. Nell’ultimo sondaggio di Demopolis risulta che il 54% dei siciliani valuta positivamente l’operato regionale nel campo dei rifiuti.
“È un risultato che non mi soddisfa perché abbiamo fatto molto di più, a mio avviso forse abbiamo comunicato male. Questo è accaduto perché in tutto questo periodo mi sono dedicato a pancia bassa ai problemi concreti ed ho evitato di far tante apparizioni. Non abbiamo comunicato a sufficienza i problemi che abbiamo affrontato in modo coraggioso ma strutturale. Rivendico che abbiamo iniziato a risolvere le questioni con un’ottica di sistema. In molti casi abbiamo iniziato a lavorare fin dall’Abc”.
Addirittura dall’Abc?
“Si credo di poterlo dire tranquillamente. Stiamo lavorando anche per mettere in chiaro gli elementi fondamentali”.
Ci faccia un esempio.
“A maggio scadeva un’altra ordinanza e bisognava fare un’Aia, autorizzazione integrata ambientale, e mi è stato chiesto di dare un’occhiata agli atti e c’era qualcosa che non andava sui codici relativi alle autorizzazioni. Durante i controlli così poteva accadere che venissero contestati i codici. La Regione faceva così un autogol o un surrettizio favoreggiamento”.
E cosa ha fatto?
“In un giorno mi sono fatto mandare dei moduli da un alto funzionario lombardo, abbiamo chiamato le imprese e abbiamo fatto il procedimento secondo le regole. Questo vuol dire iniziare a fare le cose in trasparenza in modo professionale. Se cambi solo i piani non cambi niente. Qui bisogna iniziare ad alzare l’asticella dei processi perché se migliori le performance, fai meno lavorazioni e diminuisci i costi”.
Prima di parlare d’altro però c’è un caso di cronaca che nei prossimi giorni interesserà la provincia di Palermo. Il prossimo 21 marzo scade l’ordinanza del sindaco per abbancare nella sesta vasca di Bellolampo. Che accadrà?
“Ho predisposto dodici iniziative possibili. Gliene dico alcune. La prima è quella di usare un impianto “Ecoambiente” dove potrebbe essere fatto uno stoccaggio provvisorio di ecoballe. Sottolineo provvisorio perché non voglio accada quello che è successo a Napoli. Se lo possiamo fare in condizione di sicurezza allora è una buona soluzione. Possiamo fare lo stesso in un’area di ex inerti che c’è a disposizione. Così tiriamo avanti fino ad agosto ed evitiamo di andare in crisi il 21 e mandare in crisi tutto il sistema. Poi bisogna aumentare in modo massiccio la raccolta differenziata. Si possono anche utilizzare le vecchie vasche per mettere sopra delle ecoballe ma devo ammettere che non mi convince. Si può trovare una soluzione stoccando il rifiuto fuori città. Poi c’è l’idea di portarle in discariche fuori provincia ma il sindaco è contrario”.
Eppure è da poco scaduta l’ordinanza della protezione civile emergenza rifiuti a Palermo. Come mai si rischia l’emergenza?
“Il presidente ha fatto bene a non chiedere il rinnovo. Non l’ha richiesto perché ha le armi spuntate. Adesso abbiamo un problema di tempi perché c’è una discrasia fra la possibilità di usare la sesta e la realizzazione della settima vasca. Insomma, sui tempi poteva essere fatto di più. La gestione commissariale delle emergenze non era di mia competenza ma io credevo che le due cose dovessero andare assieme. C’è da mettere in conto poi che la struttura commissariale era la stessa che controlla l’ordinario (ndr, il dipartimento alle Acque e ai rifiuti) e così davo per scontato che le cose andassero assieme. Ma non è stato così”.
Che rapporto c’è con il Comune di Palermo?
“Ottimo”.
Parliamo di differenziata, si registra un aumento delle percentuali. Come commenta questa cosa?
“I dati sono cresciuti ma ora puntiamo a un altro traguardo: la qualità. Solo le percentuali paradossalmente non bastano. C’è differenziata buona e differenziata cattiva. Servono soluzioni specifiche per ogni zona. Se prendi un modello da altrove e lo porti qui non è detto che funzioni. Certi quartieri vanno trattati in modo diverso per via dei consumi ad esempio. Il servizio pubblico non può essere un servizio standard deve essere coerente con le esigenze del cittadino”.
Ma questo dovrebbe portare anche a una diversa concezione della tassa sui rifiuti?
“Certo. E infatti ho fatto delle linee guida per i comuni sulla tariffa puntuale. Io credo che dobbiamo riuscire a far pagare in modo proporzionale la parte di costo fissa poi invece c’è la parte variabile che deve essere legata al rifiuto prodotto. Il problema sa dove sta?”
Dove?
“La Tari copre tutti i costi che riguardano il rifiuto fino al momento in cui l’immondizia arriva nell’impianto. Anche i rifiuti che vanno in discarica però possono essere pretrattati. Con questa operazione una parte del rifiuto può diventare rifiuto speciale liberamente commerciabile. La trasformazione dipende, però, dal trattamento imposto dalla Regione. Puntiamo a mantenere il rifiuto come solido urbano per conservare la competenza pubblica e poterlo vendere”.
Questo consentirebbe di diminuire le tariffe?
“Questo processo non diminuisce automaticamente le tariffe ma le mette in trasparenza e in ordine. L’effetto dovrebbe essere il diminuire delle tasse. Ho fissato questo processo e l’ho inserito nel piano rifiuti”.
Parlando di piano rifiuti. Che rapporto ha avuto con l’amministrazione?
“In salita. Il piano rifiuti l’ho scritto io. Gli uffici mi hanno aiutato in alcune parti ma per una gran parte me ne assumo la responsabilità”.
Qual è il cuore del piano?
“La sincronia, il tempo. Ci siamo dati due anni per realizzare gli impianti. Questo è anche il tempo per attuare la riforma dei rifiuti e per superare le Srr”.
Da cosa siete partiti?
“Sempre dall’Abc. Mancavano i dati sugli impianti esistenti e in divenire. Abbiamo messo assieme questi primi elementi e ad esempio abbiamo capito che c’è un’offerta che potrebbe essere maggiore del fabbisogno esistente”.
Invece la riforma dei rifiuti a che punto è?
“È in commissione Bilancio e spero venga incardinata dopo il Collegato. È stata migliorata molto”.
Qual è il punto focale della riforma?
“Chiaramente il fatto che il ciclo dei rifiuti si conclude dentro il perimetro provinciale. All’inizio ero scettico ma devo dire che dopo avere visto quello che è successo sono molto d’accordo con l’idea del presidente Musumeci. Ci sono le società di regolamentazione dei rifiuti, le Srr, gli Ato, ambiti territoriali ottimali e gli Aro, ambiti raccolta ottimale: una mostruosità giuridica”.
Cosa accadrà a tutti questi enti?
Occorre sistemare tutte queste pendenze. E a breve interverrò per definire la questione degli Ato in liquidazione. Occorrerà fare delle operazioni societarie inoltre le Srr dovranno riconvertirsi. Quello che mi ha stupito è di nuovo l’Abc. Nella confusione che c’è in Sicilia accade che l’ente regolatore che dovrebbe attribuire gli impianti attraverso formule ad evidenza pubblica sia messo alle strette dai privati che posseggono gli impianti. Chiaramente i contratti proseguiranno fino a scadenza perché altrimenti ci esponiamo ai contenzioni e non ce ne usciamo più. Nel frattempo fissiamo un ordine: prima il pubblico poi il recupero della materia e poi ancora il recupero energetico. Infine diremo una cosa : “Caro privato, è vero tu hai l’impianto autorizzato ma i rifiuti sono miei e così se pensi di essere un buon imprenditore partecipi alle gare d’appalto”.
Cosa succede alle attuali aziende che si occupano di rifiuti?
“C’è chi mi dice: “Ma le Srr funzionano bene”. Credo che allora debbano diventare un ente che si occupa di gestione:una società in house dell’Autorità d’ambito formata dai Comuni”.
E ad esempio alla Rap che dovrebbe succedere?
“La Rap per diventare la società in house dell’Ada della provincia di Palermo dovrebbe aprire la propria compagine sociale agli altri comuni dell’ente d’ambito”.
Il personale che fine farà?
“Riusciremo a garantire tutti altrimenti su questo punto ci blocchiamo”.
Ha trovato molte resistenze?
“Resistenze è dir poco. Ma è normale quando inizi a mettere ordine. Sa qual è la mia fortuna?”
La sua provenienza.
“Esatto. Primo: non conosco nessuno. Secondo: non ho debiti con nessuno. Francamente, quando sono venuto qua il presidente mi ha dato fiducia e anche il partito da cui sono stato indicato (ndr, l’Udc) mi ha dato carta bianca. E ce n’è un’altra”.
Quale?
“Che la conoscenza della materia mi consente di mandare indietro delle carte, di correggerne delle altre e alcune di scriverle da me”.
Questo ci consente di fare qualche paragone. Lei ha avuto un ruolo nella gestione commissariale dell’emergenza rifiuti a Napoli. Differenze fra quella situazione e questa?
“Quella volta avevamo decisamente più potere”.
Ma le pubbliche amministrazioni con cui si è confrontato, in generale, che atteggiamento hanno?
“La pubblica amministrazione campana è comunque impegnativa. È però più creativa. Qui c’è più rigidità”.
La politica. Che rapporto ha con l’Ars, con i deputati e cosa si aspetta per la prossima discussione del ddl sui rifiuti?
“Umanamente è un rapporto straordinario. In commissione Ambiente devo dire che si è trovato un buon compromesso fra tutte le forze politiche. Il ddl è stato migliorato molto. Sono convinto però che in Assemblea regionale siciliana, al di là del rapporto umano, ci potrebbe essere un assalto alla diligenza specie sulla vicenda del personale. Io spero che tutti pensino non solo a tutelare le istanza delle persone ma che ragionino anche degli interessi dell’isola come diceva Don Sturzo”.
Lei è cristiano?
“Altrimenti non sarei qua”.
C’è una missione morale dietro il suo impegno?
“Sento nel Dna una missione per il pubblico. Quella di fare l’assessore è una sfida che mi ha lanciato un mio amico d’infanzia, il senatore Antonio De Poli. Io gli ho detto: “Ma sei pazzo?”. Lui mi ha chiesto di venire a conoscere Musumeci e devo dire che mi ha fatto un’ottima impressione. Poi ho pensato che era una sfida dato che in questo ruolo non l’ho mai fatto. Sono stato direttore, sub commissario, ho l’onore di essere consulente della provincia autonoma di Bolzano, che è un laboratorio in questo campo, e adesso sono qui”.
Quindi la Sicilia guarda al Trentino Alto Adige?
“Non possiamo importare quello che fanno loro pedissequamente. Dobbiamo avere rispetto dell’identità e dell’antropologia. Però possiamo importare il metodo di guardare alle buone prassi e di attuarle ne proprio territorio. Certo noi buttiamo il cuore oltre l’ostacolo. Puntiamo alla gente per bene e di buona volontà, all’indignazione e alla voglia che c’è di cambiare le cose. Ecco perché abbiamo puntato sull’accordo con i vescovi per realizzare gli Opifici di pace e a cercare l’impegno di altri enti. Dobbiamo puntare sulla Comunità.
Gli inceneritori, allora, sono fuori discussione?
“Non è vero che sono fuori discussione. Noi ci impegniamo sulla raccolta differenziata e per realizzare gli impianti. Ma se dovesse apparire la possibilità di pagare per portare i rifiuti altrove, ad esempio in Germania, per andare a produrre energia lì allora credo che dovremmo cambiare approccio. Al momento questa previsione non c’è. Non nascondiamo né i problemi né le opportunità occorre farsi i conti. Basta piangersi addosso”.
Mi pare di capire che ci sono almeno due anni e mezzo di buona battaglia da combattere nel settore rifiuti. La condurrà lei fino alla fine?
“Non sono venuto qui per fallire o per rovinarmi la carriera. Se andrò via bastonato sicuramente spiegherò cosa è accaduto. Me ne andrò sapendo di avere fatto il massimo”.
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18 Marzo 2019, 06:04