17 Febbraio 2022, 06:08
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CATANIA – Alla Società di regolamentazione dei rifiuti (Srr) di Catania ieri è arrivata una brutta notizia: la discarica di Gela ha comunicato che dal 28 febbraio difficilmente riuscirà a continuare ad accogliere rifiuti. Tradotto: si avvicina un’altra emergenza nel capoluogo etneo. Che sì, sta aumentando la percentuale di raccolta differenziata e ha ridotto a 430 tonnellate al giorno la quantità di immondizia che va in discarica; però è ben lontano dall’avere azzerato la sua dipendenza dagli impianti. Anche per via di quel lotto Centro della gara d’appalto settennale non ancora aggiudicato: secondo quanto appreso da LiveSicilia, venerdì si terrà la seduta di gara che valuterà l’offerta economica dell’unica azienda che ha partecipato alla gara comunale, il consorzio Gema di Salerno.
L’aggiudicazione alla ditta campana apparrebbe scontata: la documentazione amministrativa e quella tecnica hanno passato il vaglio della commissione giudicatrice. Adesso manca solo di sapere quanto costerà. Si sa già, però, che l’importo sarà contestato: le ditte Progitec e Dusty hanno fatto ricorso al Tar – e si attende anche questo pronunciamento – sostenendo, tra le altre cose, che la gara fosse antieconomica. E che quindi non fosse conveniente, per un privato, tentare di aggiudicarsi la spazzatura di un bel pezzo di città.
A problema si aggiunge problema: se anche il lotto Centro venisse aggiudicato entro la prossima settimana e facesse esplodere all’improvviso la differenziata, la quota indifferenziata non si saprebbe dove portarla, visto che la saturazione delle discariche è un problema ciclico. Così era arrivato l’indirizzo della Regione Siciliana proprio alle Srr: avviare le procedure per le gare per la spedizione dei rifiuti fuori Sicilia. Nel capoluogo etneo, alla manifestazione di interesse hanno partecipato cinque imprese, sia siciliane che non. Verificata così l’esistenza di ditte pronte a sobbarcarsi l’immondizia nostrana – per un costo medio stimato di circa 300 euro a tonnellata – la Srr catanese ha la gara pronta per essere pubblicata dall’Urega, l’ufficio regionale che si occupa di gare d’appalto.
“Però la comunicazione di Gela ci ha fatto sorgere un nuovo problema: per che percentuale di rifiuti dovremo fare le gare?”, si domanda Francesco Laudani, presidente della Srr dell’Area metropolitana catanese. “Inizialmente, l’indicazione che ci era arrivata dalla Regione era che avremmo dovuto spedire lontano il 65 per cento dei rifiuti, potendo conferire nelle nostre discariche il restante 35 per cento – spiega Laudani – Ma se le discariche sono piene, che dobbiamo fare? Ho chiesto chiarimenti all’assessorato regionale. Prima della pubblicazione della gara all’Urega, dovremo sapere se sarà necessario integrare i documenti”. È, in pratica, una corsa a ostacoli e contro il tempo. Solo che gli ostacoli sono tanti e il tempo è poco.
Il presidente della Regione Nello Musumeci non nega che sia un settore difficile. Tanto da avere avocato a sé la difficile procedura per due termovalorizzatori in Sicilia: uno sul versante occidentale e l’altro sul versante orientale dell’Isola. L’obiettivo è svincolare i territori dalla dipendenza dalle discariche, ormai al collasso, per bruciare quello che fino a ora viene abbancato. Per il momento, c’è solo una manifestazione di interesse, alla quale sembrano avere partecipato sette ditte. Tra le quali alcuni colossi nazionali dell’energia. I nomi sono riservati, e forse saranno resi noti questa mattina dal governatore nel corso di una conferenza stampa convocata a Palazzo d’Orleans alle 11.30. Non è escluso, però, che almeno sul versante catanese alcuni progetti possano non essere inediti. Alcune aziende, infatti, avevano già manifestato l’intenzione di costruire impianti per bruciare l’immondizia da queste parti. Alla Regione Siciliana ci sono, al momento, tre istanze di richiesta di Valutazione di impatto ambientale per TMV, cioè termovalorizzatori, e gassificatori nella zona Sud della città.
Sicula Trasporti è stata la prima a immaginare di bruciare l’immondizia: nel 2009 ha ottenuto il via libera per farlo dalla Regione Siciliana, ma non lo ha costruito. Ha ripreso in mano la pratica a marzo 2018. Del resto, il colosso dei rifiuti di proprietà della famiglia Leonardi (adesso in amministrazione giudiziaria dopo arresti e sequestri) ha già la discarica di contrada Codavolpe, a cavallo tra Catania e Lentini. Proprio lì dovrebbe nascere, da progetto, l’impianto di gassificazione da 480 tonnellate di rifiuti al giorno, per un totale di 151mila tonnellate di rifiuti l’anno. Costerebbe cento milioni di euro.
Il gassificatore prevede la combustione del gas di sintesi (syngas) e la depurazione dei fumi di combustione “nella più avanzata tecnologia”, si legge nei documenti presentati dalla Sicula. Che aggiunge: fare il gassificatore accanto “all’impianto di selezione e biostabilizzazione” della discatrica permette di risparmiare sui trasporti, “garantendo, quindi, un minore impatto ambientale”. Cioè: meno benzina e meno emissioni di Co2 per portare l’immondizia dove sarà bruciata.
Le conferenze dei servizi sono ferme al 2020, così come i pareri della Commissione tecnico specialistica della Regione (CTS). A ottobre 2021 la Sicula integra i documenti inviati con un aggiornamento dello studio di incidenza ambientale, considerata la vicinanza con l’area dell’Oasi del Simeto. Il documento temina così: non si ravvisano “incidenze negative per l’area protetta derivanti dalla realizzazione dell’opera in progetto” e non si ritiene “necessaria l’applicazione di misure di mitigazione”. Il 13 gennaio 2022 arriva la risposta della Città metropolitana di Catania e, in particolare, dell’ufficio Riserve. Quest’ultimo non ritiene “esaustivo” lo studio di incidenza ambientale perché “non prevede gli impatti cumulativi con altri impianti simili che emettono inquinanti in atmosfera, con preoccupanti ricadute al suolo anche all’interno della riserva naturale Oasi del Simeto”. Il tecnico agronomo dell’ex provincia parla chiaramente di Pm10 e diossine che, superando i livelli di guardia, rischierebbero di inquinare flora di cui gli animali si nutrono.
La seconda istanza è per un impianto da 412 milioni di euro di proprietà della SI Energy srl (amministrata dal bresciano Giorgio Alberti). La prima conferenza dei servizi per la realizzazione del termovalorizzatore alla zona industriale di Catania, nei pressi di Ikea, è fissata per il 21 febbraio 2022. La società – che da visura risulta inattiva – ha sede a Palermo ed è di proprietà, in egual misura, della Siderurgica investimenti srl e della MMenergie. Il riferimento alla siderurgia non è un caso, poiché molti sono i legami con le Acciaierie di Sicilia, del gruppo Alfa Acciai: gli amministratori di quest’ultimo sono Ettore Lonati e Amato Stabiumi, che ricoprono gli stessi ruoli in Siderurgica investimenti. Parte dei 67mila metri quadrati della zona in cui l’impiato dovrebbe sorgere, inoltre, sono di proprietà dell’acciaieria.
Il cerchio si chiude anche a livello di immondizia. Nella relazione che accompagna il progetto, si spiega che gli scarti del recupero dei rottami di metallo “provenienti dal sito siderurgico di Acciaierie di Sicilia spa di Catania sono classificati come rifiuti non pericolosi”. E dunque potrebbero essere trattati nel termovalorizzatore, come le altre 550mila tonnellate di rifiuti l’anno che si potrebbero bruciare nella struttura composta da due linee indipendenti (e quindi con due forni, due caldaie eccetera…)
La commissione tecnica specialistica della Regione ha espresso, a maggio 2021, un parere intermedio denso di criticità. A gennaio 2022 si è espressa, invece, la Città metropolitana di Catania: i tecnici dell’ex provincia non hanno solo ricordato la vicinanza con il perimetro dell’Oasi del Simeto e con l’impianto di gassificazione già proposto dalla Sicula Trasporti, ma hanno fatto di più. Hanno effettuato un’analisi sulle ricadute ambientali cumulate e, in base ai loro calcoli, hanno stimato che la concentrazione di inquinanti, tra cui le diossine, fosse “ampiamente fuori soglia”. Fatto che “potrebbe riflettersi su tutto il sistema biotico dei vegetali e della fauna presente, entrando a fare parte della catena alimentare“, si legge nel parere.
L’ultimo progetto è quello della REM srl, acronimo che sta per Realizzazioni e montaggi. È di proprietà di Daniela Pisasale, condannata in primo grado, per corruzione, in un affare legato a mazzette su Bellolampo, la discarica di Palermo. Con lei, c’era il compagno Emanuele Caruso. L’azienda, con sede a Siracusa, ha già un impianto di compostaggio in contrada Milisinni. Ancora una volta nella zona Sud di Catania, a poca distanza dall’Oasi del Simeto. A gennaio 2022 ha presentato alla Regione un progetto di “modifica sostanziale” dell’impianto di compostaggio.
Si tratta di un ampliamento per costruire un impianto di produzione di Css (Combustibile solido secondario) e un impianto di coincenerimento, cioè un gassificatore. In sintesi, quello che dice la REM nella sua richiesta è molto semplice: quando loro raffinano il compost che hanno realizzato dai rifiuti, si trovano tra le mani anche della plastica. “Questo materiale è un vero e proprio combustibile e normalmente viene avviato in discarica”. Perché si dovrebbe buttarlo, trasferendolo chissà dove e inquinanto con camion su strada, si chiedono dall’azienda, se si può riutilizzarlo in un nuovo impianto di produzione di combustibile?
E perché non creare anche un gassificatore che utilizzi quel combustibile per produrre energia? Il principio è, in purezza, quello dell’economia circolare, dicono da REM. In totale, le due linee (quella di produzione Css e il gassificatore) potrebbero trattare 23mila tonnellate di rifiuti l’anno ciascuna. Come detto, il progetto è fresco di presentazione da parte dell’attuale amministratore, Andrea Domenico Rendo, e ancora il Cts della Regione e la maggior parte degli enti ai quali il progetto è stato inviato non hanno espresso parere.
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17 Febbraio 2022, 06:08