Opinioni

Riforma fiscale urgente | La “parole sante” di Ruffini

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17 Giugno 2020, 14:40

5 min di lettura

Una riforma fiscale è urgente, la confusione non paga. È quanto ha affermato recentemente il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Ruffini, il numero uno della più importante struttura operativa dell’Amministrazione Finanziaria.

Secondo il Direttore, una vera riforma del sistema fiscale italiano è divenuta, ormai, assolutamente imprescindibile.

L’ultima riforma fiscale, in ordine di tempo, infatti, ha cinquant’anni, risalendo agli inizi degli anni ’70, con l’istituzione dell’IVA alla fine del 1971 (imposta entrata in vigore il 1^ gennaio 1972) e, l’anno successivo, con l’istituzione del nuovo sistema delle imposte dirette, a decorrere dal 1^ gennaio 1973.

Da allora, così come evidenziato spesse volte anche dal Garante del Contribuente della Sicilia, un susseguirsi di norme, decreti attuativi, prescrizioni antielusive e disposizioni pseudo-semplificative, hanno creato un groviglio di provvedimenti i quali, anziché snellire l’applicazione delle norme tributarie, hanno solo creato una grossa confusione, dando luogo ad una zona grigia nella quale non solo gli evasori, ma tutto il malaffare – più in generale –, trovano terreno fertile.

Ricordiamo che, da una indagine condotta dalla Fondazione Nazionale dei Dottori Commercialisti, i cui dati sono stati pubblicati da un noto quotidiano economico nazionale, dal 2008 al 2017 le circolari dell’Agenzia sono state ben 490, le risoluzioni 1.768 ed i Provvedimenti del Direttore della stessa Agenzia delle Entrate ben 2.023. Il tutto corrispondente a quasi 50.000 pagine.

Un grosso lavoro, molto apprezzabile, quello dell’Agenzia delle Entrate. Ma che dimostra quanto sia complicato applicare le disposizioni tributarie che, sempre dalla fonte prima citata, e sempre nel periodo 2008 – 2017, tra leggi Finanziarie (o di stabilità o di bilancio), manovre correttive e decreti “milleproroghe”, hanno raggiunto il pesantissimo “volume” di quasi 10 mila commi da leggere, interpretare ed applicare. Il tutto, senza parlare dei numerosissimi decreti attuativi che, solo per la legge di bilancio, sono ogni anno circa duecento.

Se si pensa, poi, alla valanga di disposizioni, legislative ed amministrative emanate quest’anno per fronteggiare le difficoltà e la mancanza di liquidità delle imprese e dei lavoratori autonomi a causa della pandemia da Covid-19, compresi gli innumerevoli documenti di prassi contenenti i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate e del MEF, il quadro diventa terrificante.

In pratica, siamo tutti sommersi dalle disposizioni e, anche volendo applicare le norme nella maniera più corretta possibile, si rischia sempre di sbagliare.

Talvolta accade pure che la giustizia sostanziale risulta troppo distante da quella formale, specialmente con le grosse difficoltà esistenti per escludere dal concetto di evasione alcuni episodi in cui il contribuente è colpevole solo di avere applicato male una disposizione senza avere sottratto alcun tributo alla Collettività.

Da qui l’assoluta necessità di avere norme semplici, requisito questo assolutamente indispensabile per fare aumentare la “tax compliance”, incrementando la fiducia dei cittadini verso le istituzioni e invogliandoli ad adempiere, senza eccessive complicazioni, agli obblighi fiscali.

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E’ la chiarezza delle disposizioni, ma anche il dialogo tra il fisco ed i contribuenti (ampliando pure l’attuale limitatissima sfera del “contraddittorio preventivo”, nonostante le “buone pratiche” del Direttore Regionale della Sicilia) che, lasciando poco spazio all’interpretazione ed alle presunzioni, riduce le liti e, conseguentemente, il contenzioso tributario.

Un tributo unico, in grado di semplificare veramente i numerosi adempimenti fiscali accorpando le diverse tipologie di imposizione oggi esistenti, come il famoso ”regime forfettario” (o, come denominato da alcuni, la “flat tax per le partire IVA”), seppure con un risparmio fiscale dei singoli contribuenti, molto probabilmente non comporterebbe un calo di gettito, ma invece un incremento delle entrate in quanto attrarrebbe alla legalità moltissimi cittadini i quali oggi preferiscono forse restare in ombra, più che per non pagare le tasse, perché il costo amministrativo per gli adempimenti è eccessivo.

Ed invece, piuttosto che aumentare la sfera di applicazione del regime forfettario, l’anno scorso il legislatore l’ha ristretto, impedendo l’incremento del limite massimo di applicazione (da 65.000 a 100.000 Euro, nuovo limite che doveva partire dalla data del 1^ gennaio 2011), oppure facendo uscire dal regime coloro i quali, oltre a svolgere un’attività di lavoro autonomo, hanno percepito, nell’anno precedente (come spesso accade, specialmente per i professionisti in pensione), redditi di lavoro dipendente o assimilatati per un importo superiore a 30.000 Euro.

Molti di questi contribuenti, che avevano scelto di pagare la flat tax, ora hanno cessato l’attività (non si sa se veramente o solo formalmente).

Ora ascoltiamo l’ennesimo “grido di dolore” dei vertici della nostra Amministrazione Finanziaria. Si tratta di considerazioni che, ormai, si ripetono da diversi anni.

Eppure, questa volta, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, forse prendendo spunto dalla crisi legata alla pandemia da Covid-19, ha fatto delle affermazioni importantissime.

Ruffini ha detto, per esempio, che “la tragedia del coronavirus ha aperto la strada a margini fiscali impensabili”. Secondo Ruffini, “a forza di sovrapposizioni”, il sistema è diventato anche iniquo e probabilmente ha perso anche il requisito della progressività dei tributi previsto dall’articolo 53 della nostra Costituzione. Ha aggiunto pure che, a suo avviso, con una seria riforma ”pagheremmo meno e pagheremmo tutti”. Sempre secondo Ruffini, occorrerebbe anzitutto “riordinare le norme esistenti, eliminare quelle inutili, raccogliere le sette-ottocento leggi e decreti in materia tributaria, magari attraverso un testo unico”, e poi varare la riforma.

Parole sante. Speriamo solo che queste parole vengano ascoltate dal Legislatore, perché non è più tollerabile la confusione oggi esistente, non è concepibile che, tra una proposta di legge e la pubblicazione della disposizione, ci siano tanti passaggi (emendamenti, discussioni, correzioni, spesso vere e proprie liti) che fanno giungere in Gazzetta un testo il quale, magari concepito in maniera egregia (spesso ascoltando anche gli esperti che operano sul campo), alla fine risulta non solo ridimenzionato, ma, purtroppo, anche completamente inefficace rispetto all’obiettivo che colui il quale aveva formulato il testo originale si proponeva.

Speriamo bene. La soluzione del problema è urgente, specialmente in considerazione della grave crisi sanitaria ed economica che stiamo attraversando, che non può fare a meno di coinvolgere i tanti contribuenti onesti che ci sono, per racimolare le forze per una ricrescita del nostro Paese.

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17 Giugno 2020, 14:40

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