Riforme flop ed eterne emergenze | Viaggio nel labirinto dei rifiuti

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29 Dicembre 2018, 06:00

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PALERMO –  Una delle parole chiave per leggere il 2018 è “Rifiuti”. Quello che sta per concludersi è stato l’anno in cui a Nello Musumeci è stato conferito l’incarico di commissario per la settima vasca di Bellolampo e per i lavori in qualche altro impianto. È stato l’anno del tanto promesso piano dei rifiuti, che alla fine è arrivato nei giorni scorsi, e del disegno di legge per riformare il settore. Sulla bocca di tutti i palermitani, poi, il 2018 sarà ricordato come l’anno non solo della capitale della cultura, ma anche della munnizza: un anno in cui spesso il sindaco della città Leoluca Orlando è entrato in polemica con il presidente della Regione, e viceversa, per la gestione del sistema rifiuti e un anno in cui spesso le strade del capoluogo sono state invase da cumuli di sacchetti di indifferenziata.

È stato anche l’anno in cui le amministrazioni locali hanno premuto l’acceleratore per alzare le performance della differenziata ma facendo un bilancio è stato anche l’anno dell’Emergenza rifiuti. Così il caos che turba il capoluogo esprime forse il caos che attraversa anche il resto dell’Isola. E il caos si fa labirinto quando si prova a districarsi all’interno della galassia degli enti che fino a oggi si sono occupati di rifiuti.

Il piano dei rifiuti appena approvato cerca di tracciare il filo rosso per non perdersi e indica pure la soluzione che il governo regionale indica per evitare la frammentazione degli enti: l’approvazione di nove Enti di governo: le Ada, Autorità d’ambito, chiamate a sovrintendere ai nove ambiti territoriali ottimali (Ato) corrispondenti ai territori delle ex province. Le Ada supereranno con un piano di accorpamento le 18 Srr, società per la regolamentazione del servizio e la gestione dei rifiuti. Per i Comuni non sarà più possibile creare Aro, Ambiti di raccolta ottimale, che al momento sono 71 . E dovrebbero così sparire i 27 enti, consorzi e società d’ambito, che dal 2012 sono in liquidazione ma che, aspettando che la Srr entrassero in funzione, hanno continuato a gestire il servizio. Così, gli enti che si occupano di rifiuti sono 116. Una matassa a volte difficile da dipanare.

Anche perché questa “galassia” di enti è figlia delle riforme sul settore dei rifiuti. Tante, a volte in contraddizione tra di loro, fin dal 2010, quando erano in vita 27 società d’ambito che gestivano il servizio di 27 ambiti territoriali e che erano amministrate da altrettante 27 autorità. La legge prevedeva nascessero dei consorzi fra i comuni ma in 26 casi i sindaci andarono dal notaio per fondare delle società di capitali. In un unico caso, quello del Coinres, i comuni si unirono in un consorzio. Questi enti avrebbero dovuto esternalizzare il servizio con una gara d’appalto e 16 operarono in tal senso. “In ben undici Consorzi e Società d’Ambito – riferisce invece il piano dei rifiuti –  si realizzò una sorta di “corto circuito” tra soggetto regolatore e soggetto gestore, in quanto la medesima Società d’Ambito rivestì il doppio ruolo di controllore e controllato con la gestione internalizzata in capo all’Autorità medesima”. Uno dei paradossi nella storia recente dei rifiuti siciliani.

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La riforma del 2010 ha imposto così di superare questo sistema stabilendo dal 2012 l’attivazione delle Srr. Società mai, di fatto, entrate in funzione per l’accumularsi di ritardi che sono stati superati con numerosi commissariamenti. Così è stato necessario consentire che fino all’attivazione delle Srr fossero i vecchi enti a proseguire il servizio. “Delle diciotto società per la regolamentazione dei rifiuti ad oggi costituite – si legge nel piano dei rifiuti -, la maggior parte non ha ancora dato avvio e/o completato le procedure per l’affidamento del servizio; solo poche Srr (4) hanno già affidato il servizio, nell’ambito di competenza, integralmente o parzialmente”. Quindi, in alcuni casi, i servizi sono formalmente gestiti dagli enti che già sei anni fa dovevano essere chiusi. Salvo che nei 168 comuni dove sono nati gli Aro, gli ambiti di raccolta ottimale, che in totale sono 71. Una legge del 2013 ha autorizzato, infatti, i Comuni sopra i cinquemila abitanti o le unioni dei comuni che avessero superato tale soglia a gestire la raccolta senza aderire alle Srr. Insomma, è difficile persino orientarsi in questo universo di enti che aprono, chiudono o, a volte, non aprono e non chiudono mai.

Queste governance non saranno più possibili e adesso il governo regionale ha avanzato una proposta che si basa sugli stessi principi delle precedenti riforme: l’autosufficienza territoriale, la creazione di enti di gestione e regolamentazione che affidino al mercato i servizi di spazzamento e raccolta dei rifiuti. Servizi che, a Palermo, sono gestiti dalla Rap, società finita ancora una volta al centro delle polemiche politiche.

Quale sarà il destino di Rap e delle società come questa? Dopo l’approvazione della legge sui rifiuti le Srr diventeranno degli enti di transizione che conferiranno alle nuove entità il patrimonio, il personale e le convenzioni. Ma il nuovo ddl sui rifiuti, approvato in commissione all’Ars, prevede che le società come la Rap che “lavorano” nella stessa Srr debbano fondersi, condizione necessaria perché venga loro affidato il servizio “in house”. In pratica, la Rap delle polemiche, potrebbe diventare la “mega-società” dei rifiuti in tutta la provincia di Palermo.

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29 Dicembre 2018, 06:00

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