Riggio deve al fisco 29 milioni | In bilico il suo seggio

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07 Aprile 2016, 06:00

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PALERMO – Un debito “stellare”. Che potrebbe anche costargli la poltrona di deputato regionale. Il parlamentare Francesco Riggio deve al Fisco quasi 30 milioni di euro (29 milioni e 800 mila), questa la cifra contestata dall’Agenzia delle entrate e richiesta da Riscossione Sicilia. Una somma enorme, che trova riscontro nelle cartelle esattoriali già inviate allo stesso Riggio e all’Assemblea regionale siciliana, dove è stato richiesto il pignoramento di una parte dell’indennità.

Una somma confermata dal diretto interessato, eletto tra i democratici, poi passato al gruppo Misto: “Di fronte a quella contestazione – spiega Riggio – abbiamo già avanzato una opposizione al giudice. Saranno i tribunali a decidere, insomma, se io dovrò effettivamente restituire quella somma. Va precisato però – aggiunge Riggio – che si tratta di contestazioni avanzate al Ciapi, l’ente di cui ero presidente e che sono state già annullate dalla Commissione tributaria”.

Un mese e mezzo fa, era arrivata infatti una pesante condanna in appello della Corte dei conti. Una sentenza molto dura contro i presunti responsabili del progetto Coorap, uno di quelli finiti sotto esame per il caso-Ciapi. La condanna inflitta ammonta a 10.336.234 euro. La sentenza riguarda Francesco Riggio (3.722.374 euro), Daniela Avila (598.239), Giuseppe Bonadonna (598.239), Calogero Bongiorno (1.063.535), Rosario Candela (598.239), Santo Conti (598.239), Natalino Natoli (598.239), Enzo Stefano Testagrossa (598.239), Giangiuseppe Gattuso (598.239), Salvatore Federico Schembri (299.119) e Rino Lo Nigro (1.063.535). L’unico non condannato è stato l’ex assessore regionale Luigi Gentile (difeso da Girolamo Rubino).

Ma il debito col Fisco di Riggio è di gran lunga maggiore. E Riscossione Sicilia ha già proceduto con le operazioni di “recupero” di quelle somme. Già a novembre, infatti, è scattata dapprima la procedura per l’ipoteca dei beni immobili del deputato, quindi il pignoramento di parte dell’indennità di Riggio. Del 2 febbraio scorso invece è la richiesta di fermo amministrativo delle vetture del parlamentare, un fermo che deve ancora essere trascritto. Ma queste procedure di recupero in qualche caso avrebbero subito un intoppo. A spiegarlo è lo stesso amministratore unico di Riscossione Sicilia, Antonio Fiumefreddo: “La procedura per l’ipoteca va portata a compimento entro i tre mesi dall’avvio. Mi risulta che l’iter non si sia concluso. Temo a causa dei ritardi nell’operato di qualche funzionario della società. Non è più possibile assistere a cose di questo genere. Io stesso – aggiunge – ho già inviato una diffida: se ci saranno altri ritardi, invierò tutto alla Procura della Repubblica”.

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Ma prima ancora dei Palazzi di giustizia, il “caso Riggio” potrebbe coinvolgere il Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea regionale siciliana. Nei prossimi giorni, infatti, al presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone verrà recapitata una lettera firmata dagli avvocati Francesco Leone e Simona Fell, legali di Pino Apprendi, ex deputato regionale del Pd e attualmente “primo dei non eletti”. Apprendi, insomma, tornerebbe a Sala d’Ercole nel caso in cui decadesse da quel ruolo un deputato eletto tra le fila dei democratici. Come Riggio, appunto. E secondo gli avvocati esisterebbero già tutte le condizioni perché Riggio venga sostituito da Apprendi.

Le motivazioni del “ricorso” di Apprendi affondano nella legge nazionale 154 del 1981 che disciplina le norme per l’elezione e le incompatibilità dei consiglieri regionali. Peccato che la Sicilia, però, non abbia recepito alcune di queste previsioni. Per l’Ars, insomma, non varrebbero, oggi, le regole fissate dalle norme nazionali. Norme che, in tutta Italia, prevedono la decadenza di politici che, in qualità ai amministratori regionali o di un’azienda collegata alla Regione, venissero considerati responsabili, con sentenza passata in giudicato, di un danno verso l’ente. Ma la Legge prevede anche l’incompatibilità con la carica di deputato per coloro che “avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso la regione, la provincia o il comune ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso”.

Secondo gli avvocati di Apprendi, insomma, sarebbero presenti entrambe le cause di decadenza. “Il deputato regionale Francesco Riggio – ricordano Leone e Fell – è stato, recentemente, condannato dalla Corte dei Conti a risarcire la Regione della somma pari ad euro 3.722.374 euro”. Un fatto che renderebbe attuabile la prima causa di decadenza “nel caso in cui questa sentenza fosse stata notificata e fosse divenuta definitiva”. Ma sarebbe comunque in piedi l’altro motivo per la decadenza di Riggio: “Ci risulta – proseguono gli avvocati – che la Regione, attraverso il concessionario “Riscossione Sicilia”, abbia già inoltrato al deputato Riggio una cartella esattoriale per richiedere la somma oggetto di condanna”. Una “maxi-cartella” da 30 milioni.

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07 Aprile 2016, 06:00

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