Rimborsopoli alla Provincia |Le motivazioni della sentenza

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26 Novembre 2017, 06:35

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CATANIA – Tre assoluzioni, “perché il fatto non sussiste”. Gli ex consiglieri provinciali Gianluca Cannavò, Antonio Danubio, Sebastiano Cutuli, potranno leggere con tranquillità le motivazioni della sentenza di primo grado che li ha riguardati personalmente circa l’ipotesi di truffa ai danni dello Stato in merito ai presunti rimborsi illegittimi in favore dei loro datori di lavoro. Si tratta di 50 pagine a firma della giudice Giuseppina Montuori e depositate nella cancelleria del tribunale di Catania il 13 novembre scorso. Assolti, quindi, anche i titolari dei tre ex esponenti dell’aula di Palazzo Minoriti. Un sospiro di sollievo, a fronte di una vicenda aperta, tra inchiesta della guardia di finanza Re fasi processuali, oltre cinque anni fa.

Partiamo dalla posizione di Gianluca Cannavò, che proprio a causa dell’inchiesta sui rimborsi, aveva preferito l’opzione delle dimissioni, rinunciando al seggio e quindi al ruolo di capogruppo del Pdl. Ecco le parole della sentenza: “Non deve ritenersi che l’aumento stipendiale individuato sia artatamente stato statuito per frodare l’ente pubblico quanto che esso sia la naturale conseguenza degli incarichi svolti dal Cannavò Gianluca nella cooperativa, della responsabilità da costui assuntesi, dell’aumento dei profitti e della mole di lavoro, dell’adeguamento naturale di stipendio da costui richiesto al rientro in società a seguito della cessazione del suo incarico istituzionale di assessore al Comune di Acireale. Numerose sono le circostanza che depongono nel senso del carattere effettivo e non simulato del predetto aumento retributivo”.

E c’è di più, non solo il rapporto non era fittizio, ma i fatti a lui addebitati erano comunque da prescrivere. «Per completezza, va rilevato che gli imputati dovrebbero essere prosciolti per estinzione del reato derivante dall’intervenuta prescrizione rispetto alle condotte commesse fino al 30 marzo 2010, tenuto conto del termine massimo di prescrizione del reato contestato». Per questo la giudice ha ritenuto che «in conclusione, gli imputati Cannavò Gianluca, Pulvirenti Giuseppe, Allegra Simona e Cannavò Giuseppe devono essere assolti perché il fatto loro contestato non sussiste, e che il riconoscimento a Cannavò Gianluca della qualifica di impiegato con funzioni direttive di settimo livello e il trattamento retributivo mensile lordo pari a euro 5639,76 (poi ridotto a euro 2.800 e nuovamente aumentato a 4.800) fosse effettivo, di conseguenza, che gli stessi non avevano commesso artifici e raggiri atti a ingannare la provincia di Catania».

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Sebastiano Cutuli. Anche lui assolto, assieme al datore di lavoro Carmelo Urso, perché il fatto non sussiste. L’istruttoria ha permesso di accertare che “il carattere effettivo e non simulato dell’assunzione del Cutuli quale dipendente della J&V srl e, di riflesso, l’assenza di artifici e raggiri idonei a ingannare la provincia”. “È emerso infatti – si legge – che il Cutuli abbia effettivamente espletato attività di consulenza finanziaria da casa o appoggiandosi alla postazione lavorativa e all’ufficio dell’Urso Carmelo nonché utilizzandone il pc e le password di accesso, lavorando quindi per essa anche in orari insoliti quali la sera o il fine settimana”.

La posizione di Antonio Danubio, ex capogruppo dell’Udc. “È stato appurato che era stato realmente assunto dalla Consart il 2 marzo 2009 perché, in particolare, in quel periodo, alle dipendenze della società, egli si era occupato della ristrutturazione della chiesa di San Giorgio e Dionigi ubicata nella via Acquicella di Catania, subentrando al precedente capocantiere, che si era in quel periodo ammalato gravemente tanto da essere poi deceduto”. E ancora: “Da ultimo, anche la retribuzione corrisposta al Danubio alla data della sua assunzione, era pari a circa € 2530 lordi era quindi di entità perlomeno analoga a quella corrisposta ad altri dipendenti con la qualifica di restauratore monumentale”.

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26 Novembre 2017, 06:35

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