19 Marzo 2017, 18:49
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MOTTA SANT’ANASTASIA – Sono anni che si attende la ‘bonifica’ della discarica esaurita di Tiritì, eppure quel procedimento amministrativo di chiusura sarebbe, in realtà, rimasto in aria. “Da circa tre anni attendiamo che ci venga trasmesso il decreto di chiusura definitivo per l’impianto dismesso di Tiritì”. A dichiararlo a Livesicilia sono Domenico Proto, titolare della società Oikos assieme ai tecnici dell’azienda, la biologa Veronica Puglisi e l’ingegnere, Marcella Belfiore. “È La Regione – proseguono – che dovrebbe consentirci di chiudere. Abbiamo già presentato decine di solleciti, ma senza alcun esito”. La Oikos senza mezzi termini smentisce, dunque, Crocetta.
Il governatore della Regione siciliana Rosario Crocetta lo scorso 2 dicembre in occasione della sua visita ai Comuni di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia aveva, infatti, lanciato un chiaro ultimatum alla Oikos, spiegando che la ditta avrebbe dovuto, quanto prima, “presentare un progetto di bonifica ambientale per Tiritì e intraprendere contestualmente l’iter di chiusura della discarica Valanghe D’Inverno”. Insomma, Crocetta aveva dato la sua parola ai cittadini dei territori, consacrati ai rifiuti, di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia: la Oikos era obbligata a bonificare la discarica. Ma per la società, invece, sarebbe la Regione inadempiente rispetto all’iter di chiusura definitivo dell’impianto. Un ‘giallo’ destinato a sollevare nuove polemiche intorno ad una vicenda che appare infinita.
IL DECRETO FINITO NEL DIMENTICATOIO- All’11 marzo del 2014, tre anni fa, risalirebbe l’emissione del provvedimento di chiusura n. 9607, un atto attraverso cui la Regione imponeva alla società l’esecuzione di un piano d’indagine, così come previsto dall’ex articolo 242 sui reati ambientali. Il gestore dell’impianto doveva, cioè, avviare un’indagine preliminare finalizzata ad accertare l’eventuale livello delle concentrazioni di soglie di contaminazione d’inquinamento. Un’analisi, dunque, fondamentale per escludere o meno rischi per la salute pubblica. Ma di tali risultanze la Regione, stando a quanto riferito dai vertici della società, avrebbe contezza già da diverso tempo.
“Il piano d’indagine – si legge nella richiesta di riscontro inviata dalla Oikos alla Regione a fine gennaio 2017 – è stato redatto e puntualmente realizzato. Gli esiti, positivi, sono stati tempestivamente trasmessi oltre che al dipartimento dell’Acqua e dei rifiuti, Servizio IV gestione integrata Rifiuti-Bonifiche, anche alle medesime autorità competenti”. Tutto sarebbe rimasto fermo per mesi, ma nell’ottobre del 2016 un incontro tra i vertici, tecnici aziendali e il dirigente al ramo, circostanza nella quale “venivano sollecitate provvedimenti in ordine al piano realizzato. Ma ad oggi, salvo una nota che abbiamo ricevuto ad ottobre, non abbiamo – precisano i vertici dell’azienda – ancora ricevuto alcuna comunicazione o osservazione in relazione al citato piano”.
In seguito all’indagine preliminare, le Regioni sarebbero, infatti, tenute a prescrivere e avviare un piano di monitoraggio allo scopo di completare l’iter di chiusura del sito. Ma le varie richieste inoltrate al dipartimento Acqua e rifiuti da parte della Oikos sarebbero invece rimaste prive di risposta. Per la discarica di Tiritì la fase successiva, che prevedrebbe l’applicazione della procedura di stabilizzazione della situazione riscontrata negli esiti dell’analisi, non sarebbe neppure iniziata. L’iter sarebbe inspiegabilmente rimasto bloccato. “Questo non comporta nulla per noi – prosegue Proto – se non il fatto che dobbiamo monitorare la discarica così come se fosse attiva. Ma la Regione dovrebbe invece emettere questo decreto così da consentirci di mettere in opera il progetto di chiusura da noi redatto”.
Qualora invece dall’indagine preliminare emergano percentuali anche minime di superamento delle CSC (concentrazione soglie contaminazione), secondo l’art. 2, comma 43, d.lgs. n. 163 del 2008 per i reati ambientali, il gestore è tenuto a presentare alla Regione un progetto, da approvare, recante gli interventi di bonifica e le misure di messa in sicurezza di emergenza da adottare nel sito. Ma gli esiti di tali analisi sarebbero positivi per la Oikos. “Se ci fossero pericoli concreti per la salute – affermano – staremmo commettendo un grave reato ambientale. Ma non ci risulta alcuna condizione d’inquinamento. E ribadiamo che da parte della Regione non abbiamo ancora ricevuto alcuna contestazione o comunicazione. Siamo in attesa di risposte”.
Ma a quest’estate risale l’indagine conoscitiva sulla qualità dell’aria dei centri urbani di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia condotta dall’Arpa catanese (LEGGI QUI). Uno studio da cui è emerso come fossero consistenti le percentuali di metano presenti nell’aria. Dati che ancora oggi continuano a destare preoccupazione fra gli abitanti dei due Comuni i quali temono rischi per la salute. Queste risultanze, però, non sarebbero mai state contestate alla Oikos. “L’indagine condotta – spiega Puglisi – questa estate dall’Arpa non ci risulta sia stata effettuata in discarica a Motta, ma nel territorio di Misterbianco. Noi non abbiamo mai avuto modo di riscontrare queste analisi in maniera puntuale, per cui la conoscenza che abbiamo è relativa. Possiamo solo dare conto delle contro analisi effettuate da parte nostra. La società Oikos svolge infatti regolarmente delle attività di monitoraggio e controllo di olfattometria dinamica. Dalle nostre – prosegue la biologa – verifiche non sono emerse delle condizioni tali da far ritenere che i comuni di Misterbianco e Motta possano essere a rischio da un punto di vista ambientale”.
Le battaglie condotte dai cittadini di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia e dai comitati no discarica per i vertici della società non sarebbero, dunque, del tutto giustificate. “La diffusione dell’odore che si diffonde è oggettivo – afferma – ma dai nostri dati non risulta che la concentrazione che effettivamente arriva a Misterbianco o Motta sia tale da poter essere definita molesta. L’Arpa non ci ha mai contestato questa cosa. Peraltro, anche nelle precedenti ordinanze regionali l’Arpa aveva stabilito che non esistono criticità né ambientali e né sanitarie riguardo l’utilizzo della discarica”.
Ma c’è un altro aspetto che ai vertici della società preme chiarire: “In ogni caso, non verrà eseguito alcun intervento di bonifica nella discarica di Tiritì. Secondo noi – prosegue Proto – è stato finora utilizzato erroneamente il termine di ‘bonifica’. È tecnicamente sbagliato. Solitamente, si bonifica un sito inquinato, ma la discarica esaurita di Tiritì non può affatto essere considerata come tale perché al contrario si tratta di un sito controllato e gestito secondo i requisiti previsti dalla legge”. “La normativa – proseguono invece Belfiore e Puglisi – è molto precisa in merito: quando una discarica raggiunge il termine della sua naturale vita si procede con le attività di chiusura e di ripristino ambientale. Dopodiché si gestisce la fase post operativa per il rimanente periodo sempre in linea con la normativa vigente. Il gestore è obbligato a fare questo per legge. L’azienda ha già piantumato in parte della vegetazione al fine di restituire al paesaggio quella porzione di territorio”.
La discarica di Tiritì, dove in passato sono state sversate tonnellate e tonnellate di rifiuti, ha esaurito la sua capacità contenitiva già dal 2013. Ma, come è noto, il sito produce quotidianamente biogas che viene poi rivenduto dalla società con considerevoli guadagni.
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