Riscossione Sicilia, guerra all’Ars | Fiumefreddo: “E’ un’estorsione”

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08 Marzo 2017, 14:25

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PALERMO – La seduta in commissione bilancio si era svolta in un impredevibile clima di rispetto reciproco, di quiete. Nonostante i toni drammatici espressi dall’amministratore unico di Riscossione Sicilia, Antonio Fiumefreddo: “Ho paura” ha detto. Ad ascoltare l’avvocato catanese erano i deputati regionali, spesso nel “mirino” dello stesso amministratore. Ma a un certo punto gli animi si sono accesi, trasformando la commissione in un bar da Far west, che ha costretto il presidente Vincenzo Vinciullo a interrompere la seduta. Aveva appena preso la parola il deputato Udc Totò Lentini, un violenta botta e risposta con Fiumefreddo: “Lei è un imputato e se continua così, soldi non gliene diamo”, diceva il parlamentare. “Questa è una estorsione, si trasmettano gli atti alla Procura”, replicava Fiumefreddo.

La tempesta dopo la quiete. Dopo, cioè, un intervento di circa mezz’ora durante il quale Fiumefreddo ha vantato i progressi compiuti dalla società della riscossione siciliana: “Abbiamo doppiato Equitalia”, ha detto. Dati che a una prima occhiata stridono, però, con l’ultimo giudizio di parifica della Corte dei conti che parla, invece, di flessione delle entrate. Ma Fiumefreddo ha anche affrontato il nodo vero del futuro di Riscossione Sicilia: “Oggi – ha detto – potere scegliere di rilanciare un soggetto in grado di portare avanti la riscossione. Un tema che dovrebbe interessare a tutti noi. Qualunque altra decisione rappresenterebbe una deminutio”. E il riferimento va alle voci di chi chiede, da tempo, il passaggio di Riscossione all’interno dell’Agenzia nazionale che dovrà sostituire Equitalia. Una richiesta avanzata da diversi esponenti politici, oltre che dagli stessi lavoratori di Riscossione.

“Ma l’ipotesi in campo – ha ammonito Fiumefreddo – comporta la rinuncia alla specialità della Sicilia in cambio della semplice sostituzione del nome dell’azienda. Oggi la Sicilia può dare lezioni ad altre parti d’Italia”. L’unica ipotesi considerata valida da Fiumefreddo è semmai quella che prevede l’abolizione stessa dell’esattoria, compreso l’aggio a carico dei cittadini, così come prevedono le Carte europee.

Il tono è diventato molto grave, invece, quando Fiumefreddo ha affrontato l’annosa questione della fuoriuscita da Serit (poi diventata Riscossione) di Monte dei paschi di Siena. “Una operazione – spiega Fiumefreddo – che ha lasciato all’Isola tutti i debiti. Mentre la vendita delle quote Mps è costata alla Sicilia dieci volte in più del loro valore effettivo. Mentre noi oggi paghiamo ancora un mutuo a tassi più alti di quelli che la stessa Mps concede a Equitalia. Contro quella operazione – ha aggiunto – abbiamo avanzato un contenzioso per un valore di 120 milioni di euro. Abbiamo già incontrato i dirigenti della Monte dei paschi per una due diligence. Nei prossimi giorni ci recheremo nuovamente a Siena. In questa battaglia ho avuto al mio fianco solo il presidente della Regione Crocetta”. Ma ecco le ombre: “Su questa storia della banca – prosegue Fiumefreddo – avverto un disagio e anche una violenza che mi preoccupa molto. Il Corriere della Sera ha parlato in passato di Monte dei paschi come sede della Massoneria. E l’atteggiamento anche della politica legata a Mps, anche a livelli più alti, è stato violentissimo, non solo con me, ma anche con chi mi ha preceduto. Oggi per fortuna c’è un nuovo management a guidare l’Istituto che non ha nulla a che vedere col passato. Ma la banca, si sa, fa la banca”.

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Pressioni, influenze, insomma, questo è quello che emerge dal racconto di Fiumefreddo: “I problemi più gravi che ho affrontato e che ho denunciato, derivano sostanzialmente da due aspetti. La lotta ai patrimoni criminali e la reazione di alcuni ambienti in cui si intrecciano mafia e Massoneria, e che trova una sponda nella politica che tutela interessi criminali. Il parlamento ha la possibilità di dare una risposta, attraverso un contributo che destineremmo agli investimenti per potenziare l’azienda. Se non arriverà, sono pronto a rinunciare all’incarico. Io sono stanco – aggiunge – e la difesa delle istituzioni non dovrebbe passare dalla difesa dell’indifendibile. E ho paura, soprattutto su questa storia della banca, una battaglia che porto avanti in solitudine. Anche perché pure in questo Palazzo ci sono delle infiltrazioni della criminalità nella politica”.

Parole che non hanno scosso più di tanto il deputato Lentini che ha preso la parola per ricordare che “a luglio, Fiumefreddo dovrà recarsi in tribunale per una imputazione coatta”. Frasi che hanno scatenato la reazione dell’avvocato catanese: “Non mi faccio processare da chi deve fare ancora il proprio dovere di cittadino”. “Io non ho tasse da pagare – ha reagito Lentini – e sei lei continua con questi toni, noi soldi non gliene diamo”. “Queste parole hanno un profilo estorsivo – la replica di Fiumefreddo – chiedo che questo verbale venga trasmesso alla Procura”.

Ma la bagarre non è finita lì. Dopo un intervento del capogruppo di Cantiere popolare Toto Cordaro nel quale si precisava che “qui ho conosciuto solo persone perbene”, Fiumefreddo replicava ricordando il caso del “precedente presidente di questa commissione indagato per fatti di mafia”. Il riferimento, poi esplicitato, era rivolto a Nino Dina. A quel punto, a prendere la parola è stato il presidente Vinciullo: “Quando si è fatto riferimento ai suoi problemi legali – ha detto a Fiumefreddo – lei ha protestato. E allora non faccia lo stesso errore. Lei è venuto qui solo per provocare. Mentre noi dovremmo approfondire altri temi: a cominciare dai procedimenti disciplinari a carico di lavoratori colpevoli di non pensarla come lei, o anche sul tema delle promozioni”. “Lei mi minaccia? – la replica di FIumefreddo – ha paura che io faccia i nomi? E’ una vergogna!”. La seduta è stata quindi chiusa tra le polemiche. Ma la guerra di Riscossione è appena iniziata.

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08 Marzo 2017, 14:25

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