Riserve d’acqua solo per due mesi | Come funzionerà il razionamento

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22 Gennaio 2018, 05:47

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PALERMO – Quando torna ad aleggiare sulla città di Palermo lo spettro della siccità e della conseguente turnazione dell’acqua per i cittadini, la memoria corre all’ultima crisi idrica che investì il capoluogo Siciliano. Erano i primi anni 2000 e ci volle l’intervento della Protezione civile per gestire l’adeguamento delle reti idriche e contenere l’emergenza. Oggi l’ipotesi dell’acqua a giorni o zone alterne torna prepotente sul tavolo di Amap, Regione e governo nazionale. A Roma il governatore Nello Musumeci ha presentato istanza per ottenere poteri speciali per affrontare la crisi e consegnare le prime relazioni propedeutiche alla richiesta di riconoscimento dello stato di calamità naturale per la provincia di Palermo.

Al momento non c’è una data precisa per l’entrata in vigore della turnazione idrica, iniziativa drastica che viene rimandata da più di un anno. In questi ultimi dieci giorni il numero uno di Amap, Maria Prestigiacomo, è stata molto chiara: “Vorremmo evitare di metterla in atto finché da Roma non ci daranno l’ok per lo stato di calamità naturale”. Intanto però la programmazione per il razionamento deve essere comunque messa a punto dai tecnici del gestore della rete idrica. Dalle prime informazioni che circolano si tratterebbe, in una prima fase, di una turnazione soft: la città verrebbe suddivisa in quattro macro aree e l’acqua verrebbe erogata tre zone alla volta. La drastica iniziativa varrà per tutti, dalle abitazioni private alle aziende, dagli uffici alle caserme, ad eccezione solo ed esclusivamente delle strutture sanitarie, ospedali e ambulatori medici. “Sia chiaro – spiega il funzionario del dipartimento Acque e rifiuti della Regione Mario Cassarà – la turnazione è una procedura necessaria, volta a ridurre il consumo delle poche risorse idriche rimaste nei quattro invasi cittadini. Risorse che se non verranno razionate, e se continuerà a non piovere, basteranno solo per due mesi”.

In base agli studi del dipartimento, fra le provincie siciliane che stanno vivendo una crisi idrica, Palermo appunto, Trapani, Agrigento ed Enna, il capoluogo sarebbe quello che versa in condizioni peggiori. Da Amap assicurano però che si stanno cercando misure alternative, come l’utilizzo di pozzi di proprietà dell’ex partecipata e l’affitto di sei pozzi privati, una soluzione che porterebbe nei rubinetti cittadini circa 200 litri d’acqua al secondo in più. Sul tavolo anche la creazione di un collegamento con la sorgente Presidiana di Cefalù che ne aggiungerà altri 130 litri al secondo. Fino a quando non si stabilirà lo stato di calamità naturale infatti, l’azienda che gestisce la rete idrica è costretta a pagare un canone ai privati per sfruttare l’acqua dei loro pozzi, nel momento in cui entreranno in gioco le cause di forza maggiore, invece, si potrà requisirli come avvenne 14 anni fa. Le zone in città che vantano un maggior numero di pozzi restano quelle di Ciaculli e Fasomiele e i collegamenti sarebbero già operativi in quanto la rete di cui dispone oggi la città è quella creata nel 2002 in occasione dell’ultima grande crisi, circostanza in cui venne creato anche il collettore all’invaso di Rosamarina che fino ad allora non riforniva la città. Mancherebbero però i nuovi collaudi e l’analisi di queste acque da pozzo non utilizzate da tempo e che spesso si rivelano inadatte all’uso civile per la presenza di sostanze nocive.

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Insomma, fra pozzi da requisire e, nel lungo periodo, dissalatori su cui investire parte dei fondi del Patto per il sud, le soluzioni in campo per affrontare questa emergenza non sono molte e anche la relazione consegnata dal presidente della regione a Gentiloni fa del razionamento la soluzione più facile per procrastinare l’esaurimento dell’acqua negli invasi. “La verità è che gli indici di piovosità ci restituiscono un quadro critico – spiega Cassarà – è il terzo inverno di fila in cui praticamente non piove. Le scorte d’acqua non sono eterne anzi, per l’esattezza, sono sufficienti per il fabbisogno di due anni”. Il tecnico spiega che l’anno scorso si evitò la turnazione solo grazie al freddo e alle nevicate di gennaio, ma nei fatti non furono sufficienti a ripristinare le scorte. Un’altra verità scomoda riguarda l’invaso più grande che fornisce la città, quello di Rosamarina. E’ vero che per una bonifica speciale l’anno scorso sono stati versati milioni di metri cubi d’acqua in mare, “Ma è pur vero che in quell’invaso la presenza di residui e solfiti – spiega sempre Cassarà – non permette l’utilizzo esclusivo delle sue acque. In altre parole, le risorse provenienti da lì, per l’uso umano, vengono sempre diluite con acque di altre sorgenti”.

Facendo un bilancio in base agli studi effettuati dal dipartimento regionale, questi fenomeni di siccità a Palermo si presenterebbero con una periodicità: ogni dieci o quindici anni. “Il problema è che noi esseri umani non possiamo attendere inermi che la natura faccia il suo corso – cerca di scherzare il funzionario – abbiamo bisogno di acqua per vivere. L’ultima speranza è che cominci a piovere, mancano ancora più di due mesi all’inizio della primavera, le precipitazioni potrebbero ancora scongiurare il peggio”.

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22 Gennaio 2018, 05:47

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