19 Luglio 2010, 18:59
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(RP) Rita Borsellino, agli occhi di alcuni, ha una colpa grave. Dopo la morte del fratello ha “usurpato il suo nome”. Lo ha sfruttato “per farsi pubblicità”. “Si è costruita un avvenire grazie a via D’Amelio”. Quella parte di Sicilia che vede carogne e iene ovunque, perché della iena o della carogna ha la vocazione, non sa che la storia è un’altra. Sì, è proprio un’altra storia, se volete. La signora Borsellino più volte l’ha raccontata. Liberi di non crederci? Certo. Ma la tranquillità con cui questa storia viene narrata dovrebbe avere un corrispettivo di decenza, perfino nel dissenso.
La vicenda di Rita Borsellino è il terremoto – una deflagrazione all’esplosivo – che sconvolge e strazia le radici di una famiglia e di un Paese. Le scelte, dopo, sono diverse. E sono tutte nobili. Manfredi intende vivere l’insegnamento di suo padre in silenzio, nel decoro del lutto e del “riscatto” personale. Si laurea. Diventa commissario di polizia, un capace uomo delle istituzioni. Anche le figlie di Borsellino compiono il loro percorso con discrezione e senza trasalimenti, nonostante costo ed evidentissimi pesi. Seguono la strada del dovere. Sono terra buona e fertile, i figli di Paolo Borsellino. Ognuno di loro ha cuore, testa e libertà per stabilire il proprio cammino individuale, coltivando i fiori del padre, senza rimanerne soffocati.
Rita, zia dei ragazzi, sorella, e madre a sua volta, compie un’altra scelta. Il suo percorso umano e professionale è maturo. Lei sceglie di esporsi, di rivendicare le idee in cui crede. Lei ritiene che siano le idee di Paolo e le dichiara pubblicamente, le mostra al giudizio, alla critica leale degli altri, alla luce del sole. Che c’è di sordido se non il capovolgimento dei sordidi per mestiere? Rita Borsellino non lesina l’impegno. Viaggia, lavora, sperimenta la fatica che una donna sposata, “ben piazzata”, non avrebbe probabilmente accettato per un banale sogno di gloria. Rendita e posizione c’erano già. L’impegno in prima persona fa saltare il tappo delle abitudini, serra il ritmo delle giornate. E’ la strada – dice Rita Borsellino – di una persona egoista che si è svegliata nel luglio del ’92. Perchè prima dormiva.
Eppure, c’è chi vede in questo uno scandalo e non un esempio di risveglio. Eppure c’è chi pensa che un cognome possa annullare le persone, per stendere, tra Rita e Paolo, un velo di confusione su cui imbandire la cena tra urna elettorale e funebre. C’è chi vorrebbe impedire a una vittima collaterale di mafia l’accesso alla vita pubblica, come se il dolore fosse da scontare in castigo alla stregua di una colpa. C’è chi usa, per condannare Rita, le parole che Paolo non ha mai detto.
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19 Luglio 2010, 18:59