“Roma ha spesso maltrattato l’Isola | Le polemiche? Lavoro per i siciliani”

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17 Ottobre 2015, 06:00

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PALERMO – “A me interessa solo che i problemi vengano risolti”. Alessandro Baccei decide di dribblare accuratamente le polemiche, le accuse di Crocetta e quelle della maggioranza, spiega che è meglio “pensare alle cose da fare, che sono tante” e non drammatizza sulla lettera anonima di minacce che gli è stata recapitata. “Più che altro non l’ho capita, visto che sto lavorando proprio per assicurare gli stipendi ai siciliani”.

Una prima buona notizia è quella dell’accordo col Cipe ottenuto ieri col quale si “scongelerà” circa un miliardo di euro. Anche lì, però, polemiche: il governatore ha tenuto a precisare i propri meriti sulla risoluzione dell’accordo.

“L’importante è che si risolva il problema. Io cerco solo di contribuire a fare il bene della Sicilia, il resto fa parte della politica, alla quale io mi ritengo estraneo, visto che sono arrivato qui come ‘tecnico’. E posso dire che dal punto di vista tecnico, appunto, sto facendo tutto ciò che è giusto fare”.

Cosa intende quando dice di essere un “tecnico”? Non doveva, lei, fungere da “ponte” tra il governo regionale e quello romano?

“Ho letto in questi giorni polemiche sul fatto che il governo nazionale possa o non possa destinare soldi alla Sicilia. Questi sono temi che vanno al di là del mio compito. Io sto lavorando per creare le condizioni perché tra lo Stato e la Regione i rapporti siano equi, giusti”.

Al momento non lo sono? Dove si schiera, nella polemica infinita tra la Regione sprecona e lo Stato “vampiro”?

“Posso certamente affermare che la Sicilia in questi anni è stata fortemente penalizzata dalle scelte dei governi centrali. Una considerazione che io ho espresso anche al premier Matteo Renzi e ho messo per iscritto nella proposta di revisione dei rapporti finanziari e dello Statuto attualmente sul tavolo di Palazzo Chigi”.

Il lavoro da “tecnico” cui lei faceva riferimento insomma…

“Sì, e ripeto, il mio si ferma lì. Di sicuro non ho il potere di costringere Renzi a stanziare i soldi per la Sicilia. Quello rientra in una dialettica politica, di fronte alla quale faccio un passo indietro”.

Quindi Sicilia penalizzata. Eppure da quando lei si è insediato, ha dato l’impressione di voler lanciare una crociata anti-privilegi, contro gli sprechi. Dove sta la verità?

“Il discorso è semplice e complesso allo stesso tempo. Per farla breve, si continua a rivendicare alcuni diritti che sarebbero sanciti dallo Statuto. In realtà, da allora sono state portate avanti una serie di riforme fiscali che hanno fatto mutare molte cose. La Sicilia, a differenza delle altre Regioni a Statuto speciale, non ha adeguato la propria normativa a questi cambiamenti. E così, per colpa dei governi passati, non è mai stato possibile mettere in piedi un meccanismo che destina in maniera stabile alcune somme alla Regione”.

Ed è quello che prevede questa riforma dello Statuto. Ma per quella non serve un esame ‘rafforzato’ che coinvolge anche Roma, visto che si tratta di riforma di rango costituzionale?

“Certamente. Al momento la proposta, che ha un carattere assolutamente riservato, è finalizzata a istituire, con lo Stato, una sorta di rapporto pattizio, in attesa che, come ricordava lei, la riforma dello Statuto possa seguire tutti i passaggi necessari”.

Non ci vuole dire cosa preveda quella riforma. Ci può almeno dire che impatto economico potrebbe avere?

“Le cifre sono ovviamente virtuali. Ma credo che il riconoscimento stabile all’Isola di alcune entrate possa quantificarsi in circa due miliardi di euro l’anno”.

Due miliardi? Sicuro che Roma sia disposta a discuterne?

“La disponibilità c’è. Ma bisogna anche presentarsi come una Regione credibile. Il governo Renzi ha chiesto all’Isola alcune riforme che sono state realizzate, diciamo così, solo in parte. Senza parlare delle impugnative, che certamente non aiutano”.

A proposito di bilancio, si può quantificare davvero il fabbisogno per la Sicilia in vista della prossima manovra?

“Credo che oggi manchino, per chiudere il bilancio del 2016, circa 1,4 miliardi di euro. Metà di questi sono legati ai fondi per lo sviluppo e coesione che, dopo l’impugnativa di Roma, non potremo usare per la spesa corrente. Lo stesso vale per altre operazioni contabili che abbiamo portato a termine l’anno scorso. Ma che avevano natura straordinaria”.

E a questo va aggiunto il buco da mezzo miliardo di cui lei ha parlato pochi giorni fa dopo una convocazione della Sezione di controllo della Corte dei conti. Questo come verrà ripianato?

“Intanto abbiamo deciso di bloccare la spesa per quanto riguarda molti capitoli di bilancio, esclusi ovviamente quelli riguardanti gli stipendi. Questo ci consentirà di limitare questa mancanza di entrate previste il più possibile. Poi pensiamo di spalmare sul triennio il disavanzo che registreremo a fine anno”.

Quando è arrivato credeva di trovare una situazione economico-finanziaria così difficile?

“A dire il vero no, ma abbiamo lavorato sodo e siamo riusciti l’anno scorso a chiudere un bilancio difficilissimo. Anche se ho potuto verificare che alcuni stereotipi sull’Isola non sono del tutto fondati”.

A cosa si riferisce?

“All’immagine di Sicilia ‘sprecona’. La spesa pro-capite della Regione è più bassa rispetto a quella delle altre Regioni a Statuto speciale. Si spende di meno, insomma. Ma forse in passato si è speso molto male. Ed è bastato quello per creare l’immagine di un’Isola degli sprechi, un’alea di diffuso privilegio che non è del tutto giustificata. E va detto che anche altre Regioni, come il Piemonte o il Lazio, hanno seri problemi con i conti”.

Pochi giorni fa le hanno ricapitato una lettera anonima con una grave minaccia. Se lo aspettava, cosa ha pensato?

“Non posso dire che me lo aspettassi, ma certamente la tensione sociale ultimamente ha raggiunto livelli altissimi. Anche a causa di chi, come voi della stampa, soffia sul fuoco di queste vicende. Certamente però, da un altro punto di vista, quella lettera mi ha sorpreso, non ne ho capito il senso. Visto che proprio io mi sto battendo in tutti i modi per garantire, a fronte di un bilancio assai complicato, gli stipendi ai lavoratori”.

Ha pensato di andare via, di lasciare la Sicilia?

“No, quello no. Come le ho detto, sono stato inviato con un chiaro obiettivo: risolvere i problemi dell’Isola. E a me interessa solo questo”.

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17 Ottobre 2015, 06:00

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