Romano, elezioni e magistratura: | “La democrazia apparente”

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20 Giugno 2012, 14:42

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“Questo libro è un cufularo – dice Saverio Romano – un focolare attorno al quale sedersi con la scusa del calore per raccontarsi cosa è successo durante il giorno”. E di cose da raccontare alla presentazione di“Democrazia apparente”, l’ex ministro Saverio Romano ne ha molte. Ne ha Pietrangelo Buttafuoco, firma importante de “Il foglio” e ne hanno i due professori Sandro Musco e Tommaso Romano seduti accanto a loro. E molti volti noti della politica palermitana e siciliana li ascoltano: dal presidente della provincia Giovanni Avanti, al segretario regionale Pid Rudy Maria, passando per Marianna Caronia, la candidata del partito alle ultime amministrative palermitane.

Un libro, quello scritto dal deputato nazionale, che analizza “una forma di governo, considerata in occidente come l’unica possibile, che rischia di non governare secondo i principi democratici”. A impedirglielo, infatti, c’è il governo tecnico, non legittimato dal popolo. C’è una legge elettorale che non consente ai cittadini di scegliere – e a volte di conoscere – gli eletti in Parlamento. Ma anche “il potere finanziario, che decide di modificare governi, di farli cadere. Ci troviamo in un contesto in cui il potere mediatico e quello finanziario non sono più controllati, in cui la politica non decide quasi nulla”.

Insomma, le agenzie di rating, secondo Romano, hanno sostituito i cittadini nella scelta dei propri rappresentanti politici. Ribaltoni e governi tecnici hanno calpestato il diritto di voto dei cittadini. “Siamo commissariati per volere del re Giorgio I” dice Sandro Musco, professore di Filosofia medievale alla facoltà di lettere di Palermo. “Eleggiamo onorevoli che noi non conosciamo” continua il professore, raccontando il suo incontro con un’onorevole intenta a fare shopping durante la campagna elettorale che doveva portarla all’elezione. “La campagna elettorale me la fanno” avrebbe confessato lei.

Ma non è solo la legge elettorale, secondo Musco, il metro di misura di una democrazia: “A regolare l’esercizio della libertà è anche il Codice di procedura penale”. E prende ad esempio il 416 bis, quella norma che ha introdotto nelle aule di tribunale la condanna per associazione mafiosa. “Una norma sine lege – spiega Musca – cioè applicata senza che sia supportata da una legge approvata da un parlamento, è un suicidio”. Il riferimento è forse a quell’accusa di favoreggiamento alla mafia che ha portato Totò Cuffaro in carcere, e a quella di concorso esterno che a luglio farà sedere il leader del Pid davanti ai giudici.

“C’era un tempo – secondo Musco – in cui ci si poteva avvicinare agli onorevoli senza dover mettere le mani sotto il tavolo” nel tentativo di trovare qualche cimice. “Negli anni ’80 – continua il docente di filosofia – Saverio Romano iniziava una vita politica di un certo tipo, ai tempi in cui c’erano ancora riunioni di partito, cose antiche. Quando ancora esistevano le segreterie e uno sapeva dove trovare un onorevole. Chi cercava l’onorevole Lima (Salvo, ndr) sapeva dove trovarlo”.

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Alla nostalgia verso la vecchia Democrazia cristiana, cede anche Pietrangelo Buttafuoco. Una Democrazia cristiana “importante, che ha dato figure di rilievo nella storia dell’Italia contemporanea”. Poi però è cambiato tutto. È arrivato il Pdl e il suo “61 a zero”. Quello che “ci aveva fatto credere – ricorda il giornalista – che in Sicilia ci sarebbe stata chissà quale rivoluzione, chissà quale cambiamento, proprio in nome di quell’immediatezza che è data dalla democrazia”.

Poi è il turno dell’autonomismo di Raffaele Lombardo, sul quale secondo Buttafuoco “va fatto scendere un velo pietoso”. Il giudizio della penna de “Il foglio” sui siciliani è, infatti, più che severo: “Ci meriteremmo di essere sospesi rispetto a ogni iniziativa democratica, perché in Sicilia le elezioni non sono altro che concorsi pubblici per sistemare quanti più consiglieri comunali, quanti più sindaci, quanti più amministratori possibili, quanto più questi – continua il giornalista catanese – non sono in grado di trovare una scorciatoia se non attraverso la politica”.

La soluzione allora è quella di tornare a una comunità in cui “le persone valgono in funzione di ciò che possono dare, ma quello che possono dare lo devono dare per intero. Questa comunità si fa anche carico di coloro che sono impossibilitati a dare ma hanno bisogno di risposte” dice Romano. Una comunità che oggi rischia di non potersi realizzare, perché poi “si declina nell’accezione della diffusa clientela che oggi viene identificata anche come passibile di sanzione penale. È stata approvata senza il mio voto un legge che parla di traffico di influenza”. E forse l’ultimo esempio di quel modo di fare politica è proprio quello dell’ex governatore della Sicilia, oggi nel carcere di Rebibbia. E c’è chi, come Buttafuoco, ha deciso di venire a Palermo proprio pensando a lui, “pensando ad un cancello, che vedo ogni volta che percorro la Tiburtina. Un cancello che mi fa emozionare che mi fa pensare a questa maledetta Sicilia”.

Una maledetta terra dalla quale arrivano storie “che sembrano inventate da ‘Striscia la notizia’, come l’ultima, che parlava dell’istituzione di un concorso per istruttori di sci nordico. Ogni volta che sento queste notizie, una sola cosa mi esce dal petto: scusa Totò”. E la sala si riempie del rumore degli applausi.

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20 Giugno 2012, 14:42

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