Rosario Crocetta Show

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05 Marzo 2013, 17:56

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Più che una conferenza stampa a Palazzo d’Orleans va in scena uno one man show. Rosario Crocetta veste i panni del mattatore, quelli che meglio si addicono al suo personalissimo stile, nel presentare il “pacchetto tsunami”, che già nel titolo strizza l’occhio ai grillini e al “meraviglioso modello Sicilia” evocato da un altro showman che di questi tempi va per la maggiore. Da politico di razza, Crocetta dà prova di aver saputo fiutare i tempi come nessuno. E quando rivendica davanti ai giornalisti di essere “più grillino dei grillini” sintetizza la cifra della giornata. Che lo vede in corsia di sorpasso sul fronte della lotta agli sprechi e delle politiche anticasta cavalcate dai seguaci della premiata ditta Casaleggio & C.

Il governatore mette sul tavolo i provvedimenti partoriti dalla giunta, e come sempre vende bene la sua merce, ammantandola di un involucro rivoluzionario che è garanzia di applausi. A condire il tutto il consueto, simpatico folklore, il gusto della battuta, della smorfia e della gag calati nella nuova iconografia crocettiana del presidente beato tra le donne. Alla sua destra, una rigorosa e compiaciuta Patrizia Monterosso, rassicurante ombra del presidente. Alla sua sinistra la giovanissima Nelli Scilabra che lo contempla beata e accanto a lei Ester Bonafede, Patrizia Valenti e Linda Vancheri, a completare il quadretto del girl power al tempo di Saro.

Il mattatore è scatenato. Gioca sul cerchio magico, tra hula hoop e battute, chiama in causa Lino Leanza, presente in sala, quando i giornalisti gli chiedono dei dissapori con l’Udc, e lo evoca un’altra volta raccontando che il capogruppo centrista c’è rimasto male per non essere stato inserito nel famoso “cerchio magico” del presidente. E giù altre risate. Come quelle che condiscono il surreale racconto sugli uccelli del presidente, uccelli senz’altro amari, a sentire le cifre. La cicogna di sessant’anni diventa la star della giornata, prima che lo speech esondi dalle parti dei Trinacria “Bont”, che poi sarebbero i Bond nella versione gelese, che fanno il paio con l’ineffabile “magazzìne” del New York Times, che a Re Saro ha dedicato otto pagine, ci tiene a far sapere lui.

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Tra le pieghe dello spettacolo, si fanno strada i contenuti. E Crocetta è abile a illustrarli seguendo un ideale leit motiv, che è quello del cambiamento e della chiusura con un passato di sprechi e prebende per potenti e trombati.

Ci sarà un momento per entrare nel merito dei provvedimenti, e capire se il ddl sulle Province sia o meno la bufala di cui parla l’alleato scontento Gianpiero D’Alia, ma il momento non è questo. Perché quello che si celebra a Palazzo d’Orleans è un rito che sublima e trascende l’intralcio dei numeri (milioni o miliardi si confondono con nonchalance), è la celebrazione laica di un culto nuovo e non s’azzardino più i giornalisti a far presente che questo o quel politico ha mosso questa o quella critica alle parole profetiche del governatore: “Non risponderò più a questo genere di domande”, protesta stizzito Crocetta, alzandosi. E chiudendo maluccio uno show che forse era partito ancora peggio. Con un nome e un cognome, quelli di un funzionario regionale trasferito, dati in pasto ai giornalisti senza troppe remore. È il genero del boss di Villabate, comunica Crocetta marchiandolo d’infamia davanti all’opinione pubblica. E stava lì da vent’anni. Poco importa cosa abbia fatto in quei vent’anni: nefandezze e mafiosità o semplicemente il suo dovere? Quisquilie. La rivoluzione del mattatore è anche questa.

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05 Marzo 2013, 17:56

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