Rotoli, il giorno dei morti e l'orrore delle mille bare in deposito

Rotoli, il giorno dei morti e l’orrore di mille bare in deposito

Il 2 novembre e la ricorrenza. Macchiata dallo scempio.

Il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, ha provato a inserire una nota di speranza nella catastrofe dei Rotoli: “Finalmente è stato possibile ricominciare a seppellire e, sebbene i lavori siano iniziati da soli due mesi, i palermitani che faranno visita ai loro defunti in queste ore potranno trovare certamente un luogo più decoroso. Il percorso sarà lungo e complesso perché la situazione presa in mano da questa amministrazione era drammatica. Quella del cimitero è certamente la più grave ferita della città, ma stiamo lavorando incessantemente per dare degna sepoltura ai morti che attendono da troppo tempo e offrire le dovute risposte ai familiari”. 

Ma è un nobile sentimento di impegno e ristoro frustrato dal comunicato stesso: “Dopo oltre due anni, si è ricominciato a seppellire al cimitero dei Rotoli e negli ultimi due mesi le sepolture effettuate sono state 90, mentre le salme in deposito sono 1.166″. Un numero dettagliato e spaventoso: millecentosessantasei palermitani che sono fermi sugli scaffali in attesa di una degna sepoltura e in una condizione indecorosa.

Il rammarico del primo cittadino è sincero e, per questo, merita una attenta considerazione umana. Resta l’orrore. Anche questo due novembre, nonostante il restyling, per quanto possibile, e l’impegno strenuo degli operatori, il cimitero di Palermo è un manifesto della sconcezza. Nell’ultimo reportage (a cui si riferisce la foto), abbiamo raccontato i conati di vomito e la nausea che prendono il visitatore convenuto per un saluto a qualcuno che è ancora nel cuore di chi vive.

Lo sfascio del cimitero cittadino è la prima emergenza da risolvere. Il mantenimento nel decoro deve essere il pensiero che non lascia dormire la notte. Riguarda il sindaco, come tutti noi. Perfino quei campioni di indecenza che hanno rubato i rubinetti d’acqua appena cambiati, non rispettando nemmeno i morti e i loro cari. (Roberto Puglisi)


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