18 Dicembre 2011, 05:52
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Per quanti si oppongono al ddl sulle unioni civili, approdato all’Assemblea Regionale Siciliana, tocca difendersi in questi giorni da accuse e insulti di ogni genere. Da qualche anno infatti, quando si affronta il dibattito sui diritti delle coppie omosessuali, il confronto libero e civile viene “congelato” in quanto chi difende culturalmente e politicamente la centralità della famiglia naturale, fondata sul matrimonio tra uomo e donna, contro qualsiasi equiparazione con altre forme di unioni viene tacciato immediatamente di omofobia. Il sottoscritto sarebbe pertanto, insieme a tutti i militanti di Giovane Italia, un soggetto pericoloso in quanto affetto da paura e odio verso gli omosessuali, portatore di idee oscurantiste.
Una rappresentazione ridicola che fortunatamente non trova sponda tra tanti miei avversari politici, penso in particolare allo storico militante gay e radicale Gaetano D’Amico, che pur avversando le mie idee non si abbandonano a banali quanto offensive semplificazioni. Proprio l’accusa di omofobia – sempre sulla bocca delle associazioni gay, di alcuni politici e di taluni “uomini di cultura” – spesso intimorisce quanti si identificano in valori alternativi, quali la tutela della famiglia naturale.
Contro questo clima intimidatorio è partita la nostra campagna di opposizione al ddl Apprendi-Aricò sulle unioni civili. La nostra manifestazione goliardica di martedì scorso davanti l’Assemblea Regionale Siciliana non voleva offendere gli omosessuali, bensì abbiamo messo in scena cosa potrebbe accadere con l’approvazione di questo ddl. Il testo è abbastanza scarno, soltanto quattro articoli. Tuttavia la possibilità di istituire i “registri delle unioni civili” presso l’Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro significa che la Regione Sicilia riconosce tali unioni, sia eterosessuali che omosessuali, come “formazioni sociali”. Questo ddl apre la strada a successivi decreti assessoriali per includere anche le unioni civili a particolari benefici che la Regione elargisce, attraverso gli altri Enti locali, alle famiglie.
Parliamo di attribuzione di case popolari, assegni ed altri benefici di tipo economico. Negli ultimi anni, a causa dei continui tagli alla spesa pubblica, tali aiuti economici sono stati già drasticamente diminuiti. Includere anche le unioni civili significa sottrarre questi benefici alle famiglie, quelle tutelate dalla Costituzione Italiana all’articolo 29 (“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”). Ecco perché il ddl Apprendi-Aricò è un atto discriminatorio contro la famiglia.
Perché concedere quindi diritti, propri delle famiglie, alle coppie eterosessuali che rifiutano volontariamente il matrimonio per fuggire dai doveri coniugali regolati dal codice civile? Perché concedere tali diritti alle unioni tra omosessuali che per la loro stessa natura non sono paragonabili alla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la cui funzione sociale è fondamentale per la procreazione, l’educazione ed il mantenimento della prole?
Questo genere di registri, istituiti già in alcuni comuni italiani, hanno il compito di spianare la strada ai veri obbiettivi della galassia delle associazioni gay e della sinistra radical-chic: matrimonio e adozioni per le coppie omosessuali. Negli ultimi anni infatti la strategia dei fautori del relativismo culturale è stata quella di occultare i loro veri scopi proponendo norme più blande in materia, digerite più facilmente dall’opinione pubblica, ma che rappresentano il punto di partenza per la destabilizzazione della famiglia fondata sul matrimonio.
L’articolo 3 del progetto di legge apre alla possibilità di designare una persona per l’accesso alle strutture ospedaliere per l’assistenza in caso di ricovero. Su questo punto non c’è alcuna nostra contrarietà. Tuttavia per l’acquisizione di tale diritto individuale riteniamo sbagliato e pericoloso creare nuovi istituti familiari alternativi alla vera famiglia.
A differenza di quanti in questi giorni insultano chi come me si batte contro questo ddl, non taccerò di ignoranza, oscurantismo e “famigliafobia” chi promuove tale provvedimento. Chiedo però a loro di avere il coraggio e l’onestà intellettuale di informare i siciliani che l’acquisizione di nuovi diritti per le coppie di fatto significa automaticamente toglierne ad altre famiglie. Sono considerazioni incontrovertibili: se la quantità di benefit e case popolari rimane invariata ed aumentano i destinatari è matematico che molti resteranno a mani vuote (considerato il fatto che già oggi molte famiglie bisognose sono fuori da qualsiasi aiuto pubblico). Se Robin Hood rubava ai ricchi per dare ai poveri, il ddl Apprendi-Aricò ruba alle famiglie per dare alle coppie di fatto.
Infine devo constatare che il ddl 547 è avversato trasversalmente da numerosi parlamentari di tutti i partiti presenti all’Ars, dall’associazionismo cattolico, dalla Cgil e addirittura da gran parte delle associazioni gay che lo giudicano inutile. Ammiro la tenacia dell’onorevole Pino Apprendi che difende a spada tratta il suo ddl, al contrario dell’altro firmatario, l’onorevole Alessandro Aricò, che per paura forse di “esporsi troppo” non spende una parola in favore del progetto di legge che porta il suo nome. Ad entrambi, vista la contrarietà bipartisan, dico di rinunciare alla pretesa di creare nuovi istituti familiari e di pensare alle vere emergenze dei siciliani.
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18 Dicembre 2011, 05:52