Salvati e bruciati dal governatore | Cosa resta dopo 4 anni di Crocetta

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02 Novembre 2016, 05:58

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PALERMO – Dopo quattro anni sono rimaste solo loro. Mariella e Patrizia, le “vestali” della rivoluzione. Le uniche sopravvissute da quel 28 ottobre del 2012 in cui le urne sancirono l’inizio del governo Crocetta. La vicepresidente Lo Bello e il Segretario generale Monterosso c’erano già, fin dal primo giorno. Una in giunta, l’altra a capo della burocrazia regionale. Le fedelissime del governatore hanno resistito alla furia inconcludente di Saro da Gela. Al quarto compleanno, nella foto di rito al fianco del presidente, sono riconoscibili solo loro, tra le facce che lanciarono la “nuova èra” della Regione siciliana.

Un percorso finora piastrellato dalle storie di gente chiamata, utilizzata, sedotta dalle avances della politica e infine “bruciata”, perché non serviva più o per le esigenze della realpolitik. E l’elenco è lungo, oltre che variopinto. A cominciare dai cognomi celebri. Quelli che più degli altri avrebbero dovuto segnare la diversità di questa legislatura: ma Antonino Zichichi e Franco Battiato sono rimasti in giunta per pochi mesi, in fondo. Il tempo di godere dell’abbrivio – anche mediatico – dato dalle loro storie, ed ecco la scelta di Crocetta di sostituirli con più affidabili segretarie o simpatizzanti politici. Un po’ diversa, e mai del tutto chiarita, la vicenda dell’altro cognome che avrebbe dovuto “qualificare” l’esperienza di Crocetta: Lucia Borsellino ha deciso di dimettersi per motivi di ordine “etico e morale”. Attorno a lei, gli scandali che coinvolgevano primari e manager vicini al presidente della Regione. Al suo posto arriverà un politico “classico”, come Baldo Gucciardi. Vero segnale – al di là dell’operato di quest’ultimo – di come la “rivoluzione”, la rottura, si fosse trasformata in qualcos’altro. E del resto, ecco che mentre bruciavano nomi autorevoli ma finora fuori dalla politica, riemergeva dalle esperienze delle giunte cuffariane persino Giovanni Pistorio. Lui finirà per essere “salvato” da Crocetta, mentre gli altri abbandonavano la sala delle giunte: non solo con una prima nomina alla Funzione pubblica, ma poi anche con la conferma dopo l’ennesimo rimpasto, sebbene con un’altra delega, quella alle Infrastrutture.

Ma la lista è davvero lunga e in qualche caso crudele. Prendi il povero Piergiorgio Gerratana, chiamato giusto il tempo di scatenare una guerra tutta siracusana, masticato e gettato via in meno di un mese, rispedito al Consiglio comunale di Rosolini, in quei giorni in cui Bruno Marziano “minacciava” denunce nei confronti di Crocetta per voto si scambio, salvo poi infilarsi in giunta proprio lui, pochi mesi dopo. Intanto, uscivano professionisti chiamati a recitare una parte in questa rivoluzione e finiti per raccattare solo il “marchio” di aver preso parte, una parte piccola o grande che sia, a un fallimento. Dal presidente di Federalberghi Nico Torrisi fresco amministratore delegato della Sac, al noto penalista Nino Caleca, passando per il suo collega avvocato siracusano Ezechia Paolo Reale. Loro hanno “resistito”, dal punto di vista professionale, agli effetti di quella esperienza. Mentre la tritura-storie rappresentata dalla giunta Crocetta ha coinvolto anche un segretario generale di Palazzo Chigi come Marcella Castronovo, scappata dal circo crocettiano ufficialmente per motivi personali, o Mariarita Sgarlata sacrificata sull’altare di una piscina abusiva, che abusiva non era, nonostante la furente reazione del non ancora garantista presidente Crocetta.

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Ma insieme ai “bruciati” c’è anche un piccolo elenco di “creature” del presidente. Lo furono, certamente, Nelli Scilabra e Michela Stancheris che hanno assaggiato nel corso degli anni, il duplice sapore del ruolo di assessore e di segretaria del governatore. Dopo le esperienze con Lombardo, invece, Crocetta ha difeso con forza, provando periodicamente a portarlo fin dentro la giunta, l’avvocato catanese Antonio Fiumefreddo, mentre tormentata ma tutto sommato “resistente” la scelta di introdurre nei grigi uffici regionali una star della magistratura come Antonio Ingroia. C’è poi una sfilza di amici, fedelissimi, ai quali Crocetta ha affidato la responsabilità di società fondamentali per i siciliani, come quella che gestisce il 118 (l’ex componente del suo gabinetto, Gaetano Montalbano oggi alla guida di Seus) o come quella che si occupa di trasporti (l’amico e militante del Megafono Massimo Finocchiaro “pilota” dell’Ast).

La rivoluzione, qualcuno dirà. Ma cosa ha portato questo tourbillon? A dirlo è lo stesso governo, che lo spiega nell’ultimo Def, documento dai toni incomprensibilmente entusiastici, se si ragione un po’ sui numeri veri. Se infatti, come nel resto d’Italia, si registra qualche progresso nel Pil (che comunque in Sicilia tra la stima del 2015 e del 2016 sarà comunque inferiore alla media italiana e del Mezzogiorno), restano i dati inconfutabili di quattro anni fallimentari. A cominciare da quello forse più importante per i siciliani. Nonostante i primi segni “più” dell’ultimo anno, complessivamente nei quattro anni di Crocetta i dati sull’occupazione sono notevolmente peggiorati. Tra il 2012 e oggi, l’occupazione, già in calo in seguito alla crisi, ha perso ancora l’1,3 per cento, in picchiata nell’ultimo quadriennio anche quella giovanile, mentre il tasso di disoccupazione è salito dal 18,4 per cento del 2012 al 21,4 per cento del 2015. Mentre tra il 2014 e il 2015 è cresciuto anche il “tasso di povertà”: in Sicilia è al 25,3 per cento: peggio solo la Calabria. E insieme al lavoro che spariva, le imprese che chiudevano: quattromila in quattro anni le società di costruzioni che hanno calato la saracinesca. Questo resta, dopo quattro anni di rivoluzione. Oltre a Mariella e Patrizia, ovviamente.

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02 Novembre 2016, 05:58

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