12 Novembre 2011, 16:25
2 min di lettura
E’ stato un mafioso ‘doc’, imputato in molti maxi processi a Cosa Nostra celebrati negli ultimi anni a Palermo, compreso quello per i circa mille omicidi compiuti nella guerra tra cosche tra il 1981 e il 1991, tra le cui vittime risulta anche Libero Grassi. Accusato di essere il ‘fornaio’ che bruciava nel suo forno a legna i corpi delle vittime di ‘lupara bianca’, Salvatore Liga nato a Pallavicino(Pa) nel 1931, condannato all’ergastolo ostativo, per il quale è fatto divieto di qualsiasi beneficio penitenziario, oggi è un vecchio gravemente malato che per un residuo pena è anche costretto all’isolamento.
Un appello in suo favore arriva da Carmelo Musumeci, ergastolano del carcere di Spoleto e compagno di detenzione di Liga. ”Salvatore è detenuto nel carcere di Spoleto in Alta Sicurezza”, racconta Musumeci che riesce a far sentire la sua voce fuori dal carcere grazie alle mail spedite per lui dai volontari che lo incontrano in cella. ”Ha 80 anni compiuti l’estate scorsa, è vecchio malato e stanco. Ed è destinato con certezza a morire in carcere perché è stato condannato alla pena dell’ergastolo ostativo a qualsiasi beneficio”.
”L’ultima volta che l’ho visto era questa estate – aggiunge Musumeci – e si muoveva a malapena nel cortile del carcere con due stampelle. Stava sotto il sole seduto in una panchina di cemento armato tutto l’orario del passeggio a prendersi l’ultimo sole della sua vita. Poi un giorno non l’ho più visto”.
”In seguito ho saputo che gli avevano trovato un tumore maligno allo stomaco e l’avevano trasferito d’urgenza in un centro clinico carcerario. Qualche giorno fa è ritornato in cella, l’avevano operato, ma adesso non riesce più a camminare e gli hanno dato una sedia a rotelle”.
”Oggi, da un detenuto che lo conosce bene, ho saputo che per Salvatore Liga le disgrazie non sono finite perché gli hanno applicato un residuo d’isolamento diurno”, aggiunge Musumeci e si chiede: ”a che serve e a chi serve applicare ad un povero vecchio in fin di vita una misura così sadica e vessatoria, che ti costringe a non fare vita comune con i tuoi compagni?”.
”Il carcere non dovrebbe essere uno strumento di tortura, mortificazione, un luogo di violenza istituzionale e una fabbrica di emarginazione”, conclude Carmelo Musumeci, che è impegnato da tempo in una campagna di sensibilizzazione contro l’ergastolo. Siciliano, 56 anni, condannato al ‘fine pena mai’, lo scorso maggio si è laureato all’Università di Perugia con una tesi dal titolo ”La ‘pena di morte viva’: ergastolo ostativo e profili di costituzionalità”. Arrestato nel ’91 perché a capo di una banda che gestiva i traffici criminali in Versilia, la sua storia racconta di collegio, riformatorio e poi carcere minorile. Entrato in cella con la licenza elementare, ha raggiunto il diploma e nel 2005 la laurea breve da autodidatta.
Pubblicato il
12 Novembre 2011, 16:25