Sanità, in Sicilia nuova emergenza: "A rischio la salute"

Sanità, in Sicilia nuova emergenza: “A rischio la salute”

Sotto accusa i tagli alla spesa che incidono sulle liste di attesa

L’idillio è durato molto poco. La sanità territoriale privata è già sul piede di guerra e ha proclamato quattro giorni di blocco (dal 21 al 24 febbraio) per dimostrare, dati alla mano, quanto i livelli minimi di assistenza siano garantiti grazie a laboratori d’analisi e strutture sanitarie private convenzionate. La decisione di rompere il confronto deriva dalle previsioni di budget 2022-2023, ritoccate al ribasso dall’assessore alla Salute regionale Giovanna Volo e dal suo predecessore Ruggero Razza, da 315milioni a 283milioni. “Il budget è stato assegnato agli ambulatori privati a dicembre 2022, quindi in data retroattiva – spiega Salvatore Gibiino, cardiologo e segretario nazionale e regionale di Sindacato Branca a Visita (SBV) –, ciò significa che per il 2022 dobbiamo restituire 32milioni di euro già erogati e nel 2023 dovremmo fare 32milioni di euro di prestazioni in meno, allungando così a dismisura le liste di attesa”.

Dottor Gibiino perché si è arrivati al muro contro muro?

“Una premessa necessaria. Noi lavoriamo in nome e per conto della Regione. Siamo pubblico a gestione privata. I cittadini siciliani sono tutelati da una legge nazionale delle liste di attesa, ovvero dal Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) recepito da quello regionale (PRGLA), che dispone che il medico di famiglia, se ritiene opportuno, deve indicare sulla ricetta il tempo massimo di esecuzione della prestazione specialistica, che va da 72 ore (urgente) a 60 giorni (differita). Il PNGLA dice che il direttore generale dell’Asp è obbligato a fare eseguire ad ambulatori pubblici e privati entro 72 ore o 60 giorni la prestazione, pena la sua rimozione. Nei fatti però succede che la prestazione urgente viene fatta dopo sei mesi, un anno, quindi viene disattesa una norma di legge imperativa, danneggiando la salute del paziente. C’è un allungamento delle liste di attesa, oltre i sei mesi”.

Anche su questo è intervenuta la Corte dei conti …

“La Regione siciliana sotto finanzia questo capitolo di spesa. Un paio di mesi fa la Corte dei conti ha bacchettato la regione, che ha stornato 250milioni di euro destinati ai Livelli essenziali di assistenza (Lea) per pagarsi i suoi debiti, commettendo un atto illecito. C’è una mala gestio della sanità sanitaria. Se questi 250milioni, anche se ne basterebbero due terzi in meno, fossero destinati ai Lea come lo sono destinati dal Mef, porrebbero fine all’allungamento delle liste di attesa”.

Per voi è solo una rivendicazione economica?

“Il punto non è dare soldi ai privati. La nostra è una denuncia sociale, non economica come qualcuno vuole far credere. Noi stiamo denunciando in primis che non riusciamo più a curare i pazienti. In ballo c’è la loro vita. L’assessorato regionale alla Salute, e il presidente della regione Renato Schifani per primo, stanno commettendo un errore e stanno sottovalutando la situazione a danno della salute dei cittadini”.

Al vostro fianco è sceso in campo il Codacons

“Ha chiesto di esporre nei nostri ambulatori una locandina che dice che se un paziente non viene curato nei tempi previsti metterà in atto una task force per porre fine a questi episodi di malasanità siciliana”.

Qual è lo scenario che si prefigura durante i quattro giorni di blocco?

“Ambulatori chiusi, innanzitutto. In questi quattro giorni non si potranno eseguire nei nostri laboratori circa un milione di prestazioni, che saranno rimandate a 6 mesi. I pazienti che capiteranno in questi giorni, e che avevano aspettato da 3 a 6 mesi, saranno rimandati ad altri sei mesi. È diventato un problema sociale. Occorre dare prestazioni entro i tempi stabiliti. Se questi soldi fossero restituiti al comparto non ci sarebbero più le liste di attesa”.

Cosa succederà all’utenza che si presenterà dietro la porta dei laboratori?

“Chi ha una prenotazione in quelle date dovrà rifarla, e se ne andranno altri sei mesi circa. Da 15 giorni abbiamo avvisato tutti i 9 prefetti e i 9 direttori generali delle Asp siciliane, chiedendogli di incrementare il personale per visitare questi pazienti. Nei nostri studi ci sarà un cartello con su scritto: “Chiusi per fine budget, andate all’ambulatorio dell’Asp più vicino per farvi curare”.

Come pensate di ricucire i rapporto con la sanità pubblica?

“Chiederemo alla Regione e all’assessore Volo di farci sapere quante prestazioni dobbiamo eseguire ogni mese. Ad oggi sono 49milioni le prestazioni private e 11milioni quelle eseguite dagli ambulatori pubblici, su 60 milioni in totale, quindi noi eroghiamo l’82% delle prestazioni. Per questo la crisi si è creata per i privati convenzionati. Come se non bastasse, la scorsa settimana l’assessore Volo ha fatto una convenzione con i farmacisti, che prevede, tra gli altri, una remunerazione di 31 euro per l’elettrocardiogramma eseguito da un farmacista che non è neppure medico, mentre noi siamo pagati dalla regione 11 euro per lo stesso servizio. È una cosa assurda”.

Concluderete l’astensione con una manifestazione a Palermo davanti alla sede dell’assessorato regionale alla Salute

“Prevediamo da duemila a tremila partecipanti per venerdì 24 febbraio a piazza Ziino. Consegneremo all’assessore Volo 1800 chiavi dei nostri studi, essendo 1800 strutture con 15mila dipendenti. Un atto dimostrativo per lanciare all’assessore un messaggio chiaro: “Visto che è cosi brava, li gestisca lei””.

Perché state agendo adesso?

“Perché la situazione non è più sostenibile. Non possiamo più fare prestazioni gratuite. La pandemia e la grave crisi economica che ci attanaglia con tariffe bloccate dal 1996, aumenti insostenibili delle materie prime, dei contratti di lavoro, delle utenze e dei materiali di consumo non ci permetterà più di erogare gratuitamente prestazioni in extra budget anche alla luce degli ultimi decreti sugli aggregati (2022 e 2023) che vedono i nostri aggregati notevolmente ridotti rispetto a quanto a noi assegnato nel 2021. Basti pensare che io pago 3.700 euro al mese di luce, quindi i miei primi 370 elettrocardiogramma che faccio servono a questo. Considerato che ne erogo circa 600 al mese, la metà se ne va per le utenze. Anche i lenzuoli di carta che vengono utilizzati per la copertura igienica e la protezione dei lettini da visita sono raddoppiati da prima della pandemia ad ora. Stessa situazione per i materiali di consumo. Non possiamo più sopportare le spese che abbiamo”.

Tuttavia fino ad ora non vi siete fermati

“All’assessore Volo e al presidente Schifani ricordo che la nostra categoria, erogando circa 60 milioni di euro all’anno in extra budget non remunerato, ha contribuito ad assicurare una degna erogazione delle prestazioni specialistiche pubblico-privato sul territorio abbattendo a proprie spese parte delle lunghissime liste di attesa di questa regione. Oggi, con le tariffe bloccate al 1996 e l’aumento indiscriminato di qualunque capitolo di spesa non possiamo continuare a mandare avanti la sanità regionale di tasca nostra. Tutto questo non è più sostenibile”.


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