Sanità siciliana, è tutti contro tutti

Sanità siciliana, è ‘tutti contro tutti’: ma così pagherà solo chi soffre

Perché la situazione rischia di aggravarsi

Nella Sanità siciliana è ‘tutti contro tutti’. I malati si sentono abbandonati e si arrabbiano. I direttori si dimettono, lasciando, come testamento professionale, lettere cariche di amarezza. La politica si divide. Alla fine, il conto rischiano di pagarlo i sofferenti. Coloro che si recheranno in ospedale e potrebbero trovare un ambiente diffidente, impaurito, sulla difensiva.

Il presidente della Regione, Renato Schifani, ha promesso una sanità migliore e si è impegnato in un’opera di ricognizione, in prima persona, che ha sottolineato, nell’incipit, i problemi di Villa Sofia, a Palermo. La situazione difficile di quell’ospedale – in un contesto drammatico di sanità pubblica – non è nemmeno una novità. Le cronache degli anni passati e recenti sono sempre lì, perfettamente consultabili.

Il presente offre lo scenario di un ‘terremoto’, dagli esiti finali imponderabili. Il direttore sanitario dell’ospedale, Aroldo Gabriele Rizzo, una figura che, negli anni, ha raccolto la stima di tanti, si è dimesso, consegnando una lettera amareggiata. Lunedì è stata fissata la convocazione del direttore generale, Roberto Colletti, altro profilo di collaudata esperienza.

“Il clima di serenità lavorativa e propositiva è venuto meno – ha scritto il dottore Rizzo-. Voci, video e testi accusatori di ogni genere d’incapacità e inadeguatezza professionale si rincorrono sui media. È una lenta discesa agli inferi della disonestà intellettuale alla quale non voglio partecipare”.

Nel frattempo, allargando lo sguardo, molti sofferenti siciliani denunciano una condizione di abbandono, esattamente come il personale che li prende in carico.

La tensione generale è evidente, nelle fisiologiche dinamiche quotidiane di un sistema a disagio. Le inaccettabili aggressioni contro i medici sono all’ordine del giorno e nessun contesto dissestato potrà mai renderle meno patologiche, odiose e ripugnanti. Parimenti inaccettabile è la precarietà di molte delle nostre strutture che offrono una possibilità di cura inferiore rispetto al bisogno.

Serve il coraggio delle scelte – e non dubitiamo che ci sia – per affrontare la questione nella sua complessità, nei suoi snodi politici, amministrativi e ‘sul campo’, dove necessario. Serve anche, per quanto possibile, un clima che rientri in una dimensione di agibilità e di serenità. Un compito che riguarda tutti. Altrimenti, pagherà soprattutto chi soffre.


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