Santapaola, sangue e pallottole |La guerra di Cosa nostra

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05 Gennaio 2018, 13:19

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CATANIA – È ancora una volta il sangue il protagonista degli ultimi due decenni della storia di Cosa nostra catanese. Le strade di Catania sono macchiate di rosso, anche se siamo lontani dai cento morti ammazzati degli anni Novanta. La guerra di mafia non è tra clan rivali, ma interna e intestina alla famiglia Santapaola-Ercolano. O un’operazione chirurgica di pulizia per eliminare mele marce o cani sciolti, oppure una faida per agguantare il potere e lo scettro di reggente. Il mensile “S” in edicola pubblica un dossier su questa pagina di sangue.

Bisogna sfogliare il calendario fino al 6 giugno 2002 per il primo omicidio eccellente. Domenico La Spina, considerato “la mente” economica del clan, è crivellato di colpi davanti a un panificio di zia Lisa. Un vero e proprio appuntamento con la morte. La sua gestione fin troppo personalistica dei proventi delle estorsioni avrebbero decretato la sua morte. Per questo delitto sono stati condannati all’ergastolo Pietro Crisafulli, nipote del più noto Francesco (detto Franco Marocco), e Andrea Mercadini.

E’ l’estate del 2004 quando la Squadra Mobile di Catania grazie al blitz Risiko riesce a fermare nella sua fase embrionale una cruenta guerra di mafia. Tra i mesi di aprile e maggio 2004 Catania è teatro di un’escalation di morte. Pistolettate e pallottole fumanti fanno da sfondo a vendette e regolamenti di conti scaturiti da una frattura interna alla famiglia Santapaola. La cosca è scossa da profonde lotte intestine determinate dalla gestione dei proventi delle attività illecite. Una contrapposizione che ha il suo culmine con l’attentato, poi fallito, nei confronti del capomafia Alfio Mirabile crivellato di colpi il 24 aprile 2004 davanti all’uscio di casa.

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Le pallottole lo colpiscono alle gambe: il boss morirà nel 2010 in una clinica riabilitativa a causa di alcune complicazioni dovute alle ferite. La risposta dei Santapaola non si fa attendere: i colonnelli più fidati di Mirabile pianificano la vendetta. Il 29 aprile 2004 in piazza Ustica muore sotto una pioggia di pallottole Salvatore Di Pasquale, che secondo i mandanti è uno dei sicari che ha agito nell’agguato al boss Mirabile. Per questo omicidio sono stati condannati all’ergastolo (sentenza di primo grado) Salvatore Guglielmino e Dario Caruana. Le indagini della Squadra Mobile portano a chiudere il cerchio: sarebbero stati i due a freddare Salvatore Di Pasquale (detto Armani) davanti a un camion dei panini. Non c’è tregua al fuoco: gli Ercolano caricano le cartucce delle loro pistole.

Il 3 maggio, alla zona industriale di Catania, muore crivellato di colpi Michele Costanzo, una delle persone più vicine ad Alfio Mirabile. In quello stesso attentato mafioso rimane ferito Antonino Sangiorgi, titolare della Mediterranea Distribuzione Logistica. Lorenzo Saitta, detto Scheletro, è stato condannato in primo grado all’ergastolo. La “famiglia” è divisa su due fronti militari: da una parte l’articolazione dei fratelli Mirabile, riconducibile al Antonino “Ninu u Pazzu” Santapaola, fratello dell’ergastolano Nitto, e dall’altra l’ala capeggiata dagli Ercolano.

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