17 Dicembre 2014, 20:45
4 min di lettura
PALERMO – Alcuni dei capigruppo presenti ammettono che la logora definizione di “bilancio lacrime e sangue” non renderà appieno l’idea della manovra finanziaria alla quale sarà costretto il governo regionale. Una manovra necessaria a colmare un buco che, per ammissione dello stesso presidente Crocetta, oggi sfiora i due miliardi e mezzo. Così, a Palazzo d’Orleans si sono presentati i capigruppo dei partiti di maggioranza. In questa sede, il presidente della Regione si è limitato a tracciare le linee-guida di una Finanziaria difficilissima. Che potrà diventare reale solo se, nel frattempo, maturerà un’intesa col governo nazionale. “Abbiamo avuto la chiara impressione – racconta uno dei big presenti – che sono finiti non solo i tempi delle vacche grasse, ma persino quelli delle vacche magre”. Bisognerà tagliare, insomma. Tagliare, tagliare e tagliare. Ma dove?
Partecipate
Un punto di partenza tracciato durante il vertice riguarderà le società partecipate. L’assessore Baccei avrebbe in particolare sottolineato la necessità di condurre finalmente alla liquidazione quelle in perdita da almeno tre anni. Ma ecco i problemi e i distinguo: Riscossione Sicilia è una di queste. Però è anche il ‘gabelliere’ della Regione, che svolge, evidentemente, una funzione strategica. Tra le società nel mirino c’è anche Sviluppo Italia Sicilia. In questo caso, in maggioranza si è parlato di “riqualificazione” della società. Un provvedimento che consentirebbe di salvare il management che potrebbe transitare, ad esempio, in Irfis. Questa almeno è una delle idee. L’obiettivo prioritario è quello di tutelare i livelli occupazionali: e così spunta all’orizzonte anche il bacino unico dei lavoratori delle partecipate. Del resto, proprio sulle partecipate, a più riprese, la Corte dei conti ha bacchettato i governi regionali. Compreso quello di Crocetta, “colpevole”, nonostante gli annunci, di non aver compiuto alcun effettivo passo avanti nella riduzione di queste aziende (a volte) mangiasoldi. “Dovremo tenere conto – ha ammonito del resto l’assessore Baccei alcuni giorni fa – dei rilievi sollevati dalla magistratura contabile in questi anni”.
Comuni e precari
Come era ampiamente prevedibile, i tagli del governo nazionale alle Regioni rischiano di ricadere a pioggia sui Comuni. Potrebbe accadere in Sicilia. Dai primi conteggi pare che enti locali, ma anche Forestali possano essere coperti solo per la durata dell’esercizio provvisorio. “Non c’è un euro”, commentano sconsolati i deputati di maggioranza. Non c’è un euro. Così, almeno fino ad aprile si “reggerà”. Dopo quella data c’è invece una incognita enorme prodotta da diversi fattori: come saranno utilizzati i Fondi europei? E quanto si potrà risparmiare davvero? E ancora, Roma concederà una boccata d’ossigeno alla Sicilia? Intanto il governo lavora a una sorta di “maquillage”: quello che porterà a unificare il Fondo delle autonomie locali e quello per il precariato, in un fondo unico. La cui “portata”, ovviamente, sarà di gran lunga inferiore alla somma dei primi due. Anche i Comuni, insomma, saranno costretti a valutare caso per caso persino la “indispensabilità” dei propri precari. Già in bilico da anni.
Pubblico impiego
E poi, ovviamente, ecco la “stangata” pronta per i dipendenti pubblici. Via ai prepensionamenti che si baseranno sulle norme pre-Fornero (previsti risparmi di 40 milioni in tre anni), il dimezzamento delle posizioni dirigenziali (un’altra decina di milioni di risparmio), l’abolizione della clausola di salvaguardia per i dirigenti e il tentativo di spostare buona parte del peso del settore forestazione sui Fondi comunitari, così come era avvenuto durante il governo Lombardo, per il settore della Formazione professionale. E ancora, proroga del blocco delle assunzioni; riduzione degli uffici e mobilità entro 50 km per tutti; trasformazione di tutti i permessi giornalieri in permessi orari; riduzione del Famp (il fondo per gli straordinari e i premi dei dipendenti regionali) e dell’accessorio per la dirigenza, cancellazione del sistema misto nel calcolo delle pensioni. “Vorremmo sapere da Crocetta – dichiarano i segretari generali del Cobas-Codir, Marcello Minio e Dario Matranga, e del Sadirs Fulvio Pantano – se questi sono i tagli con i quali intende risollevare l’economia siciliana. Come mai non tocca tutti i poteri forti e, ad esempio, le nomine clientelari delle varie Aziende sanitarie?”. E anche i confederali vanno all’attacco: “Crocetta non creda di poter tirare dritto su questi temi – dichiarano i segretari generali della Funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil – senza aver dialogato con le parti sociali”. Il clima è già da “barricate”, insomma.
Ma anche le sforbiciate messe in cantiere potrebbero non bastare. I prossimi quattro mesi, quelli durante il quale la Regione andrà avanti in “dodicesimi” saranno decisivi. Durante quei mesi, infatti, il governo regionale dovrà provare anche a battere i pugni sui tavoli romani. Senza un’apertura dell’esecutivo di Renzi, da aprile sarà quasi impossibile garantire i finanziamenti in bilancio. E sul tavolo, le “pratiche” sono sempre quelle: riconoscimento dell’articolo 36 e 37 dello Statuto, e soprattutto la riduzione della compartecipazione alla spesa sanitaria dall’attuale 49% al 42%. Intanto, entro l’anno l’Ars dovrà approvare l’esercizio provvisorio e anche dare via libera al discusso mutuo da due miliardi. Servirà almeno a garantire un po’ di liquidità. Già, oggi a Palazzo d’Orleans è apparso chiaro a tutti: non c’è più un euro. Quello che verrà sarà il bilancio della speranza. O della disperazione.
Pubblicato il
17 Dicembre 2014, 20:45