23 Giugno 2019, 13:17
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PALERMO – Prosegue, tra ricorsi e sentenze, l’odissea dei dipendenti della Sas (Servizi ausiliari Sicilia). Per i lavoratori della società partecipata della Regione Siciliana si apre uno spiraglio: dopo la decisione della Corte di cassazione, che considerando erroneo un pronunciamento d’appello aveva rinviato la decisione al secondo grado di giudizio, ora arriva un nuovo orientamento. Con una sentenza depositata a giugno, Sas è stata condannata in appello a riassumere i primi sei dipendenti, e a risarcire ognuno di essi per decine di migliaia di euro (il trattamento economico da maggio 2016 all’effettiva data di riammissione).
La Cassazione aveva accolto i ricorsi in merito alla “violazione e/o falsa applicazione” di leggi e direttive da parte della Corte d’appello. Il principio era stato spiegato dagli avvocati dei ricorrenti, Lorenzo Maria Dentici e Francesco Domeniconi, in merito a un caso risalente ad aprile: il lavoratore deve impugnare entro 60 giorni solo nel caso in cui contesta la cessione di azienda e di contratto per evitare il passaggio alla nuova impresa; non deve, invece, se vuole passare al nuovo datore di lavoro che ha acquisito l’impresa. È quello che era accaduto nel caso degli ex interinali, che rivendicavano il diritto di transitare dalle società partecipate dismesse Biosphera e Multiservizi alla neocostituita Sas. La Corte di Cassazione ha accolto tale motivo di ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando, anche per le spese, alla Corte d’appello di Palermo. Così si è giunti alle nuove decisioni, stavolta ai danni di Sas.
Quella dei rapporti tra Sas e i suoi dipendenti è una questione mai risolta. Dopo un lungo periodo di precariato, i lavoratori avevano avviato contenziosi con la Regione per farsi riconoscere il diritto all’assunzione a tempo indeterminato. Alcuni avevano vinto fino in appello, altri avevano perso ma senza darsi per sconfitti. Una legge regionale riporta testualmente che “la Sas è autorizzata ad avviare percorsi di sottoscrizione di atti di conciliazione”; poi un emendamento del collegato alla Finanziaria aveva preservato la posizione dei lavoratori in attesa della pronuncia della Cassazione.
Gaetano Tarantino, dirigente sindacale Ursas, è diventato il simbolo della protesta il 27 giugno scorso dopo aver tentato il suicidio e aver attirato l’attenzione di Gianfranco Micciché; in quell’occasione il presidente dell’Ars si era speso personalmente affinché venisse inserito proprio l’emendamento del collegato. “In quel caso – spiega Tarantino – è stato deciso di trattenere proprio questi stessi lavoratori che oggi vincono in Cassazione. Ancora oggi Sas non li ha assunti, anzi addirittura i dipendenti del precedente caso di aprile non sono stati integrati eppure vengono pagati. Che senso ha?”.
“Alle recenti sentenze ne seguiranno sicuramente altre – annuncia Tarantino – che riguardano un’altra ventina di persone. Ma dopo il verdetto della Cassazione saremo costretti a tornare in Corte d’appello, dato che è cambiato l’orientamento. Ma che senso ha?”, chiede anche stavolta il sindacalista. “E che senso ha continuare le cause con noi dipendenti? Mai come in questo caso gli interessi di azienda, Regione e lavoratori coincidono, in una lotta che rimane impari perché mentre la Regione paga le cause coi soldi della collettività, noi paghiamo migliaia di euro di tasca nostra per confronti ineluttabili”.
Il sindacato annuncia che altri lavoratori riproporranno ulteriori ricorsi, anche su altri aspetti. “Dal momento in cui il giudice emette la sentenza, in termini di legge già intercorre un rapporto di lavoro – spiega Tarantino – e Sas dovrebbe ottemperare anche e soprattutto al pagamento degli oneri contributivi. Io stesso a novembre 2014 ho vinto, sono stato assunto a febbraio 2015 e gli oneri per quei mesi di stallo non li ho percepiti. In massa apriremo anche un contenzioso per la riqualificazione del livello del contratto, inquadrato anch’esso in maniera erronea nel trasferimento dalle vecchie società a Sas”.
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23 Giugno 2019, 13:17