26 Novembre 2015, 17:49
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PALERMO – Il sistema di raccolta della spazzatura non funzionava. Bilanci in rosso e mezzi spesso guasti. Risultato: la mondezza infestava le strade di Monreale e dintorni. L’indagine dei carabinieri della compagnia della cittadina in provincia di Palermo, partita proprio dalla segnalazione dei disservizi, ci racconta che dietro i guai della società Alto Belice Ambiente Ato Pa2 (si occupava della raccolta in 17 comuni), dichiarata fallita, ci sarebbe anche la responsabilità di una presunta banda. Una banda composta da dipendenti che avrebbero rubato il gasolio degli autocompattatori, si assentava dal lavoro senza giustificazione e quando era in servizio faceva di tutto, compreso sabotare i mezzi, per restare a braccia conserte.
Ai domiciliari è finito Giuseppe Pupella, dipendente dell’Ato e coordinatore dei servizi dell’Isola ecologica di via Ponte Parco. Altri sei dipendenti sono stati raggiunti da una misura cautelare che li obbliga a presentarsi tre volte alla settimana in caserma. Si tratta di Eleonora Alfano, Salvatore Patellaro, Salvatore Naimi, Benedetto Basile, Antonino e Alessandro Geraci (questi ultimi due sono i titolari di un distributore di benzina convenzionato con l’Ato). Gli indagati sono in tutti 47, la stragrande maggioranza è accusata di assenteismo. Degli allontanamenti dal posto di lavoro non ci sarebbe traccia nei registri delle presenze. Sola una piccola parte, dunque, è stata raggiunta dalla misura cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Roberto Riggio.
Lungo la strada per la discarica di Siculiana, nell’Agrigentino, così annotarono gli investigatori, “alcuni autisti dei mezzi asportavano dai serbatoi dei quantitativi di gasolio”. E così dagli appostamenti i militari sono passati alle intercettazioni, da cui sarebbe emerso un quadro più ampio di illegalità riconducibile a un’associazione a delinquere capeggiata da Pupella che, “grazie alla copertura della convivente Eleonora Alfano – pure lei impiegata dell’Ato – era il vero regista di diverse operazioni illecite”. Un regista capace, dicono gli investigatori, di instaurare “un clima di sopraffazione e ricatto nei confronti di quei dipendenti che non erano disponibili a concorrere nella commissione delle attività illecite, sia attraverso dei veri e propri atti discriminatori e persecutori in ambito lavorativo e sia con il compimento di atti intimidatori”.
Tra i conniventi, invece, ci sarebbero gli autisti Vincenzo Minasela, detto il pilota, Salvatore Di Salvo, Vincenzo Zimmardì e Santo Pipitone, già arrestati nei mesi scorsi in occasione di alcuni furti. Naimi e Patellaro, invece, avrebbe contribuito a fare sparire la documentazione contabile dei rifornimenti degli autocompattatori.
Che Pupella fosse il capo emergerebbe dalla conversazione fra due dipendenti: “Di Salvo se ne andato fino a Partinico a fare il travaso della nafta… per questo ti ripeto… lui (Pupella, ndr) è pericoloso… finché lui mangia ti fa fare tutto… decide chi è che va a scaricare… decide di tutto”. Sempre da un’intercettazione fra dipendenti emergerebbe la spartizione del profitto illecito: “… perché il grande capo prima si sporcava le mani la notte… poi gli ha detto manco per fare tutto questo traffico che è sempre un lavoro un po’… la notte qua prima… allora dice voi fate… io vi faccio partire e poi… un tot un tot ed un tot.. ed un tot me lo date a me… e partivano quasi sempre gli stessi… poi è arrivato il pilota… ed era sempre il primo a partire… perché questo gli dava di più ancora degli altri… ed era tutta un’organizzazione che se io andrei a raccontare queste cose…”.
C’era un tariffario: “Cento euro a settimana... io glielo ho detto a chi glielo dovevo dire dicooo quando ha sentito il discorso dice si in effetti tutti noi gli diamo a Pino una cifra… “. Quando i dirigenti dell’Ato si accorsero che i consumi di carburante erano eccessivi chiesero chiarimenti a Pupella e alla Alfano. La risposta fu tanto decisa, quando falsa: “Non riscontrata alcuna anomalia nel consumo di carburante”.
A chiarire il sistema, senza sapere di essere intercettato, fu un altro dipendente: “Quello se ne andato da qua… perché era sottomesso… lui doveva andare a scaricare e gli doveva dare cinquanta euro a lui…. settanta euro a lui quello prendeva cento euro di gasolio… trenta se li prendeva quello della pompa… cinquanta a lui… e venti euro gli rimanevano all’autista…. la minchia ti pare come facevano …. andava a scaricare ed aveva questa tassa… tipo mafia…”.
C’è poi un capitolo delle indagini, ancora da definire, che riguarda lo smaltimento illegale dei rifiuti. Alcuni commercianti e imprenditori avrebbero pagato piccole somme di denaro per disfarsi di materiale di risulta.
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26 Novembre 2015, 17:49