02 Marzo 2020, 13:07
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PALERMO – Quattro condannati e un assolto: l’amministratore giudiziario Luigi Miserendino. Queste le condanne: sei anni e mezzo per Giuseppe Ferdico, cinque e otto mesi per Francesco Montes, sette anni ciascuno per Pietro Felice e Antonino Scrima. La sentenza è del Tribunale presieduto da Donatella Puleo che ha accolto quasi del tutto le richieste del pubblico ministero Luisa Bettiol. Per Miserendino erano stati chiesti quattro anni e dieci mesi. Sono imputati, a vario titolo, di intestazione fittizia di beni, favoreggiamento personale e reale (nel caso di Miserendino). Felice e Scrima rispondono di estorsione aggravata dal metodo mafioso: avrebbero il pizzo al direttore della società incaricata della vigilanza nel centro commerciale Portobello di Carini.
Il processo è quello che riguarda la gestione di alcuni negozi di Ferdico. Nonostante la confisca subita, l’imprenditore avrebbe continuato ad essere il dominus di una parte dei beni grazie alla complicità di alcuni prestanome e di Miserendino, amministratore giudiziario nominato dal Tribunale. Ed è il ruolo di Miserendino che però non ha retto al vaglio dell’accusa visto che è stato assolto per non aver commesso il fatto. È passata la linea difensiva dell’avvocato Monica Genovese, secondo cui l’amministratore giudiziario aveva sempre relazionato ai giudici sulla situazione del centro commerciale. Il legale ha prodotto nel corso del processo una serie di documenti da cui emergeva l’interlocuzione fra l’amministratore e il tribunale per le misure di prevenzione.
Il processo nasce dalle indagini dei finanzieri del Gico e del Gruppo tutela spesa pubblica del Nucleo di polizia economico-finanziaria. Montes è considerato il gestore di fatto della società a cui Miserendino aveva affittato il centro commerciale Portobello di Carini, mentre Felice e Scrima sarebbero uomini di fiducia di Ferdico. La legge obbliga l’amministratore giudiziario a recidere ogni legame con la gestione passata. Ed invece l’ingombrante presenza di Ferdico sarebbe rimasta attraverso alcune “teste di legno” avrebbe affittato il ramo d’azienda del centro.
Ferdico aveva costruito un impero a partire dall’intuizione di distribuire in larga scala detersivi e prodotti per la casa. Il suo patrimonio, stimato in 400 milioni di euro, è stato confiscato e comprendeva, oltre a terreni, ville e appartamenti, anche le srl Ferdico, Gv, Feda, G&O supermercati, 3Effe e Sole distribuzione. L’anno scorso Ferdico fu condannato a 9 anni e 4 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. In primo grado era stato assolto. “Il fatto non sussiste”, scrisse il giudice per l’udienza preliminare Riccardo Ricciardi nel 2014. La sua vertiginosa scalata imprenditoriale aveva destato sospetti. L’intero impianto contabile dal 2000 al 2010 era stato descritto come “fortemente viziato da irregolarità, anomalie, falsità che fanno molto ragionevolmente credere nell’esistenza di una contabilità parallela”.
Dopo le prime richieste di archiviazione erano arrivate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, i quali misero a verbale che i fratelli Stefano e Angelo Fontana avevano utilizzato le attività di Ferdico per ripulire 400 milioni di lire. Il nome dell’imprenditore compariva pure in alcuni pizzini sequestrati a Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. Si faceva riferimento ad assunzioni e pagamenti. Ferdico si è sempre definito una vittima, costretto a pagare il pizzo, anche sotto forma di assunzioni, per evitare guai. Gli inquirenti si concentrarono sui rapporti fra Ferdico e Angelo Galatolo. Nel corso di una perquisizione in casa del mafioso dell’Acquasanta, nel 2010, furono trovati dei documenti. Appunti in cui veniva descritto il giro d’affari di Ferdico nel 2009 e una quindicina di fatture per 200 milioni che l’imprenditore aveva pagato nel 2003 e 2004 alla Shoppers & Paper. Si trattava della ditta di Galatolo che vendeva sacchetti di plastica e carta da imballaggio.
Nel novembre del 2011 Francesco Onorato, un tempo affiliato alla famiglia mafiosa di Partanna Mondello, ricostruì i rapporti di Benedetto Marciante, mafioso di Resuttana, con i clan Galatolo e Madonia. Raccontò che le maggiori fortune Marciante le aveva fatte attraverso la trasformazione industriale delle liscivia da cui ricavava il detersivo che poi metteva in commercio utilizzando falsi noti marchi. In questa attività erano investiti i soldi dei Madonia e dei Galatolo.
Per la commercializzazione Marciante si sarebbe avvalso di diversi imprenditori, “tra i quali ricordo un certo Ferdico”. Onorato aggiunse di avere saputo che dietro le attività del padre di Ferdico c’erano i soldi dei mafiosi di Santa Maria del Gesù. L’ultimo collaboratore ad essere interrogato era stato Marco Favaloro, un tempo uomo di fiducia dei Galatolo e dei Madonia. Su di lui i pentiti Angelo Fontana e Francesco Onorato non avevano avuto dubbi: “Ha rapporti stretti con Ferdico”.
Dopo l’assoluzione il pubblico ministero Annamaria Picozzi aveva presentato ricorso in appello dove l’accusa era stata sostenuta dal sostituto procuratore generale Umberto De Giglio. Ed era arrivata la condanna durissima.
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02 Marzo 2020, 13:07