Scappati, rientrati e arrestati| La mafia degli Inzerillo: 19 in cella

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17 Luglio 2019, 07:05

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PALERMO – Gli Inzerillo tornano in carcere. Scappati durante la guerra di mafia degli anni Ottanta, rientrati a Palermo e ora di nuovo in cella. Tommaso e Francesco fanno parte dell’elenco dei 19 arrestati del blitz che nella notte ha visto impegnati più di 200 uomini della Squadra Mobile di Palermo, del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e del Federal Bureau of Investigation (FBI) di New York. Entrambi erano già finiti in cella nel blitz Gotha del 2006. Francesco fu scarcerato nell’ottobre del 2011 e Tommaso nel novembre del 2013.

L’operazione colpisce il potente mandamento di Passo di Rigano. Le indagini, coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Amelia Luise, Francesco Gualtieri, Giuseppe Antoci e Roberto Tartaglia (oggi alla Commissione parlamentare antimafia) parte dalla Sicilia e giunge in America, dove gli Inzerillo si erano rifugiati per scampare alla mannaia di Totò Riina e dove hanno fatto affari. Tra gli arrestati anche il sindaco del paese di Torretta, Salvatore Gambino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Gli scappati non solo hanno fatto rientro in Sicilia, ma i capimafia hanno dialogato con loro, pronti a mandare in prescrizione la condanna a morte stabilita da Totò Riina che degli Inzerillo, così disse, voleva che neppure il seme restasse sulla terra. Il padrino corleonese è morto e le cose sono cambiate. Ed ecco il dialogo dei nuovi boss con Francesco Inzerillo, soprannominato “‘u truttaturi” e Tommaso Inzerillo, “u scarpuni”. Il segno dei tempi è che la più autorevole voce del dialogo è stata quella di Settimo Mineo, fedelissimo di Nino Rotolo, e cioè del padrino ergastolano di Pagliarelli che era pronto alla guerra pur di tenere gli scappati lontano dalla Sicilia.

Francesco e Tommaso sono rispettivamente fratello e cugino di Totuccio Inzerillo il quale, dopo che i corleonesi massacrarono Stefano Bontate, credeva di poterla fare franca forte dei milioni dei dollari che era capace di fare circolare grazie agli affari della droga. Ed invece i killer attesero che scendesse dall’appartamento di via Brunelleschi dove si era intrattenuto con una donna. Non fece in tempo a salire sulla sua Alfetta blindata. I kalashnikov sfigurarono il suo corpo.

Mineo è stato il boss anziano che ha presieduto la convocazione della nuova cupola di Cosa Nostra, azzerata dai carabinieri lo scorso dicembre. Il 29 maggio del 2018 alla riunione c’erano Gregorio Di Giovanni di Porta Nuova, Francesco Colletti di Villabate, Leandro Greco di Ciaculli, Calogero Lo Piccolo per Tommaso Natale. E gli Inzerillo? Nessuna partecipazione diretta, avevano preferito mandare un loro rappresentante: Giovanni Buscemi, anziano boss, pure lui arrestato oggi, tornato libero dopo avere finito di scontare una lunghissima pena. Tanti anni in carcere senza aprire bocca gli sono valsi una promozione.

Una scelta, quella degli Inzerillo, che si presta a diverse chiavi di lettura. Non volevano legittimare la nuova commissione, non la consideravano autorevole al punto da fare decadere le condanna a morte che pendeva sul loro capo oppure si ritenevano di un livello superiore agli altri boss in circolazione. O magari, più semplicemente, come loro stessi dicevano, temevano che “appena li arrestano parlano”. Ed in effetti c’è stato il pentimento di Colletti.

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Di sicuro erano corteggiati. “Ma ci possiamo fare un salto… a Passo di Rigano?… che arrivo e ce ne andiamo… gli devo lasciare un… un nominativo… che io gli lascio queste cose e gli dico che… c’è questa persona”, diceva Mineo. Quindi raggiungeva Tommaso e Francesco nel negozio Karton Plastik che gestiscono al civico  81 di via Castellana. E se un autorevole e anziano capomafia si muove fuori dal proprio mandamento, come è accaduto più volte fra il 2017 e il 2018, significa che gli Inzerillo godevano di grande considerazione. Quegli incontri sono stati filmati dai poliziotti della sezione Criminalità organizzata della Mobile. Poco prima che lo arrestassero Mineo aveva provato a farsi rilasciare un passaporto. Voleva andare in America.

Gli Inzerillo hanno tenuto a lungo un atteggiamento defilato. Poi sono usciti allo scoperto. “Ma quali guerre, ma quale Cosa nostra? Non so di cosa parla. Sì, sono tornato dagli Usa dove si stava meglio che in Italia però non ne vorrei parlare”, così Francesco Inzerillo si raccontava alla trasmissione “Fatti e Misfatti i fuorilegge” su Mediaset. Definiva “ingiuste” le ricostruzioni giornalistiche che lo volevano di nuovo in campo. Eppure un boss potente come Mineo era andato più volte a fare visita a Francesco Inzerillo.

Nell’operazione di oggi vengono contestati i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori aggravato, concorrenza sleale aggravata dal metodo mafioso ed altro. 

Le indagini “New connection” hanno registrato il forte legame tra Cosa Nostra palermitana e la famiglia Gambino di New York. Tra i diciannove arrestati ci sono anche Alessandro Mannino, nipote di Totuccio Inzerillo, e Rosario Gambino, trafficante di droga già noto a Giovanni Falcone.

Registrata anche la capacità degli Inzerillo di controllare l’economia del mandamento di Passo di Rigano attraverso una capillare divisione di ruoli e mansioni: dalla fornitura alimentare all’ingrosso alle estorsioni, passando per la gestione dei giochi e delle scommesse on line. Sono stati sequestrati beni mobili, immobili e quote societarie che valgono circa tre milioni di euro.

In una intercettazione Tommaso Inzerillo dice: “Se Bontate restava vivo…” VIDEO

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17 Luglio 2019, 07:05

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