“Schiaffeggiata da Napolitano”

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16 Luglio 2012, 21:41

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“Mi sento schiaffeggiata da Napolitano”. Libreria Garibaldi, da qualche parte nel cuore di Palermo. Si presenta un libro “L’eredità” di Alex Corlazzoli. In copertina Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Rita Borsellino è tra i relatori. Le parole sono sue: “Mi sento schiaffeggiata. Il gesto del Presidente della Repubblica è discutibile. Non lo capisco. Sì, mi sento schiaffeggiata innanzitutto come cittadina. Non possiamo accettarlo. Non so se qualcuno, per i vent’anni della morte di Paolo, si ribellerà”. E il libro di Corlazzoli, eccentrico personaggio – insegnante e giornalista – con un passato (rinnegato) di leghista, nell’incontro organizzato dall’Arci, passa in secondo piano. In prima fila c’è Rita Borsellino. Non basta ascoltare le frasi. Bisogna esserci e guardare per comprendere. Un osservatore mediamente attento sa riconoscere una ispirata finzione da una reazione epidermica. Serve appena uno sguardo: l’onorevole Borsellino è fuori di sé. I concetti sono contenuti nei confini dell’abituale moderazione stilistica. Ma il corpo esprime un linguaggio di clamorosa protesta.

“Rita” – così qui la chiamano tutti confidenzialmente – apre e chiude gli occhi di continuo. Con una mano cerca quella di “Alex” e la stringe. Il respiro è affannoso. Il colorito è pallido. La rabbia della signora può essere giudicata con massima liberalità di pareri. Una cosa appare certa: è rabbia vera, esplosiva, non mediata. E’ collera che ha avuto il tempo di raffreddarsi ed è venuta su più incandescente. Ecco il minuto della memoria: “Ricordo che spesso Paolo diceva a mio fratello Salvatore: ‘Perché non vieni a Palermo?’ Una volta Salvatore osò: ‘Vieni tu. Lascia tutto’. Paolo al telefono cominciò a urlare come un forsennato. Era dolce e mite, però quando perdeva le staffe… ‘Allora vuoi che tradisca’. E fu tradito dallo Stato che difendeva”.

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“Ho rivisto le foto di Paolo. Sono arrivata alla convinzione che gli scatti del dopo siano riconoscibili. Cioè, a un certo punto, lui ebbe chiara la situazione. E si spense. Non sorrise più. Via D’Amelio fu una strage di Stato. Non ci sono dubbi. Purtroppo, la richiesta di verità è un fatto elitario”. Applausi. E una domanda sotterranea, sulle labbra dei presenti: perché l’uomo del Colle ha scelto il ventennale per lanciare un messaggio che ha – dicono qui – “una tremenda valenza simbolica?”. Sì, perché?

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16 Luglio 2012, 21:41

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