27 Settembre 2022, 06:00
2 min di lettura
In questa notte siciliana che consegna alla Regione il presidente Renato Schifani ci sono alcuni rumori a cui prestare attenzione. Il primo è il sorriso (anche i sorrisi hanno un suono) del vincitore, il secondo è l’ultimo digrignare di Cateno De Luca, il terzo è il tonfo della catastrofe del Pd che lascia ferite profonde sulla pelle di militanti che, pure, si sono spesi, per poi scoprire che non ne valeva la pena. Ascoltiamolo, dunque, il sottofondo della democrazia.
La gioia di Schifani, felpata, com’è nello stile dell’uomo, racconta di un pericolo scampato. C’era un centrodestra dilaniato, come era accaduto per Palermo. E, come per Palermo, con il sindaco Roberto Lagalla, è stato trovato, in ‘zona Miccichè’, il famoso amalgama intorno alla figura dell’ex presidente del Senato. La vittoria è una medicina portentosa che ricaccia i timori del potenziale ‘Catemoto’ e lascia sullo sfondo un duello quasi rusticano. Protagonisti e rispettivamente acerrimi Nello (Musumeci) che voleva fortissimamente la ricandidatura e Gianfranco (Miccichè) che gli ha sbarrato il passo. Ed è questa una differenza da annotare con i dirimpettai del centrosinistra che si perde, spesso, in chiacchiere e distintivi. Il centrodestra, alla fine, si unisce. E così è stato. Ora, sarà necessario governare.
‘Catemoto’, dunque, da Cateno De Luca che non ha vinto, ma che ha conseguito un risultato di assoluto riguardo, piazzandosi al secondo posto. A lui non basta, come ha detto ieri, schiumando per il dispiacere. Tuttavia, siamo davanti a un segnale che i partiti non devono sottovalutare. Quando un sistema offre di sé un’immagine ossificata, un ‘eroe solitario’, populista e arrabbiato, può metterlo in crisi. De Luca è stato eccessivo, ha ingaggiato polemiche sproporzionate, quando non surreali. Però, si è incamminato, stringendo concretamente mani e corpi ovunque. La politica, una volta, si faceva così.
Annotato il quarto posto, a una incollatura, del grillino Nuccio Di Paola, che ha fatto il possibile dopo uno scarso preavviso, non si può non sottolineare lo sfascio del Partito Democratico. Che non sta tanto nella sconfitta, ma nel modo in cui è stata apparecchiata, con scarso rispetto per un popolo generoso e sbigottito. E’ vero che la rottura con M5S ha reso impossibile una sfida tremenda. Però, può esserci maggiore dignità perfino nella battuta d’arresto.
Onestà significherebbe ammettere che Caterina Chinnici, riconoscendo tutti i suoi meriti umani e professionali, ha giocato la sua campagna elettorale nel modo meno efficace possibile. Non con il garbo. Con il silenzio e con flebilissime parole di circostanza conclusive che confermano l’assenza di incisività. E bisognerebbe riconoscere (onestà significherebbe…) che il Pd siciliano si è dimostrato una compiuta succursale dell’inadeguatezza, tra lacerazioni ed errori. Invece, fino all’ultimo, si è dato voce a una pietosa bugia che immaginava la rimonta e la spacciava per vicina. I rumori di una notte siciliana hanno detto esattamente il contrario. (Roberto Puglisi)
Pubblicato il
27 Settembre 2022, 06:00