Scoppia la ‘bomba’ Megafono | “Non siamo i Cardinale boys”

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23 Aprile 2014, 21:30

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PALERMO – “Con Di Giacinto tutto chiarito”. Quando Crocetta arriva all’Ars per seguire da vicino le sorti del ddl ‘salvaimprese’, la grana Megafono è scoppiata da pochi minuti e il presidente della Regione, che ha appena convinto Di Giacinto a “congelare” le sue dimissioni, si affretta a gettare acqua sul fuoco ma alla fine della giornata la spaccatura resta. Da tempo ormai il malcontento serpeggia all’interno del gruppo parlamentare che all’Ars ha imbracciato il vessillo della sua creatura politica: un rivolo cresciuto negli ultimi mesi fino e diventare fiume e a straripare proprio nel giorno in cui il Crocetta bis affronta la prima vera prova d’Aula.

A scatenare l’ira dei crocettiani sono “l’iperattivismo” dell’ex ministro Totò Cardinale, deus ex machina dei Drs e regista dell’operazione di consolidamento della maggioranza di governo, e il “protagonismo” di Lino Leanza, leader di un Articolo 4 che a Sala d’Ercole è cresciuto fino a contare dieci componenti. “Il governatore si è messo nelle loro mani, dimenticandosi del Megafono”, è l’accusa. Al faccia a faccia con Crocetta partecipano anche il socialista Nino Oddo e Antonio Malafarina, che veste i panni del mediatore. Alla fine viene firmata una tregua. Crocetta convince Di Giacinto a bloccare le dimissioni ma il capogruppo non voterà il ‘salvaimprese’, così come Giambattista Coltraro e Nello Dipasquale. Tutti e tre assenti in aula al momento del voto sulla riscrittura del governo. Fedeli alla ragion di Stato, ma comunque critici, Oddo e Malafarina.

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Il Megafono non ha ancora digerito l’ormai famosa “cena dei ricci”, durante cui fu siglato il patto per dare vita, anche in Sicilia, alla nuova gamba moderata del centrosinistra targato Matteo Renzi. L’obiettivo finale di creare un grande gruppo di circa 10-12 deputati che possa cementare la maggioranza all’Ars è condiviso, ma ciò che non è andato giù è la “disinvoltura” con cui Cardinale si è mosso: a partire dal patto federativo siglato tra i Drs e il trio composto da Michele Cimino, Pippo Gianni e Antonio Venturino. Un’operazione che ha fatto crescere anche il peso specifico della creatura dell’ex ministro. “Ben venga la nascita di un secondo pilastro forte per il governo – è il ragionamento formulato a Crocetta -, ma non possiamo diventare tutti ‘Cardinale boys’, l’ex ministro vuole assumere una leadership che nessuno gli ha riconosciuto”. Sulla stessa lunghezza d’onda i socialisti di Vizzini e Oddo, che nelle ultime ore hanno incontrato Davide Faraone, esprimendo la loro contrarietà rispetto al protagonismo di Cardinale, che avrebbe tentato di influire anche nella scelta dello staff dell’assessore Michela Stancheris

Ad appesantire ulteriormente il clima arrivano le mosse che Cardinale sta portando avanti al Comune di Palermo. Anche a Sala delle Lapidi, infatti, si sta pensando alla nascita di questa nuova area di centrosinistra moderato, su cui potrebbero convergere molti scontenti del centrodesta. I Drs mirano a diventare soggetto catalizzatore di tutta l’operazione attraverso la regia del deputato Salvo Lo Giudice, vicino al consigliere comunale Giorgio Calì, quest’ultimo eletto nell’Italia dei valori, transitato al gruppo Megafono-Centro democratico e ormai vicino all’approdo ai Drs. E’ la goccia che fa traboccare il vaso e che convince Di Giacinto a prendere di petto il problema con il faccia a faccia a Palazzo d’Orleans. Crocetta ci mette una pezza e promette “soluzioni condivise”, poi in serata arrivano le diserzioni sul ‘salvaimprese’ che certificano la nascita della questione Megafono.

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23 Aprile 2014, 21:30

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