10 Settembre 2016, 06:00
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PALERMO – Il documento non è ancora giunto in commissione Sanità all’Ars, ma la guerra è già scoppiata. È la guerra degli ospedali, innescata dalla presentazione da parte dell’assessore Gucciardi della nuova rete che prevede accorpamenti, razionalizzazione e tagli di reparti in tutta la Sicilia.
Una rivolta. A tratti anche prevedibile. Ma che presto vedrà come terreno di scontro la commissione legislativa dell’Assemblea regionale, dove la rete ospedaliera dovrà passare per l’esame e l’approvazione. Ma le lamentele sono già tante e provenienti da ogni parte dell’Isola: da Cefalù e Messina, passando per il Siracusano.
Al momento, i dirigenti generali delle aziende sanitarie stanno (più o meno) tenendo fede alla promessa del silenzio. Tranne qualche dichiarazione plaudente (come quella del direttore dell’Asp di Trapani De Nicola), i manager non si sbilanciano. Soltanto l’attuale manager del “Bonino-Pulejo” di Messina, Angelo Aliquò si limita a esternare il proprio laconico malcontento: “Il Piano – dice – non mi piace per nulla, per motivi tecnici”. Ma oltre a lui, più di un direttore generale sarebbe almeno “perplesso” dai criteri alla base della formazione del nuovo Piano. Criteri che – è bene dirlo – discendono da una norma nazionale, cioè il decreto ministeriale 70.
Se i manager non parlano, le voci critiche, dicevamo, non mancano. È il caso del presidente regionale degli anestesisti Emanuele Scarpuzza, che solleva il caso delle “rianimazioni”. Il nuovo Piano, infatti, crea i presidi ospedalieri di base, che potranno contare solo su quattro unità operative: Medicina, Chirurgia, Ortopedia e Cardiologia. “In questo modo – la denuncia di Scarpuzza – scompariranno in molti ospedali i posti letto dedicati alla rianimazione. Sarebbe un colpo mortale per molte realtà”. In base al progetto del governo, infatti, fa notare il presidente degli anestesisti, “salterebbero” i reparti di rianimazione di alcuni ospedali come quelli di Acireale, Milazzo, Sant’Agata di Militello, Patti, Taormina, Piemonte di Messina, Ingrassia di Palermo, Civico di Partinico, Termini Imerese, Castelvetrano e Marsala. “Un errore clamoroso – prosegue – visto che, sulla base dei dati epidemiologici, alla Sicilia spetterebbero circa 500 posti letto di rianimazione, così come accade in Regioni dalla popolazione simile come il Lazio. Oggi nell’Isola sono solo 282. E con la nuova rete saranno molti di meno”. E i dubbi sono legati anche al fatto che, ad esempio, gli ospedali disporranno di reparti di chirurgie ma non di anestesisti. “Come li addormenteremo i pazienti da operare?” chiede già qualcuno.
Ecco quindi i primi problemi all’orizzonte. Sono già esplosi, invece, quelli riguardanti il “declassamento” del Giglio di Cefalù. Anche questo ospedale verrà trasformato in presidio di base, con la perdita di una serie di reparti come quelli di Neurologia, Oncologia, Emodinamica. E la probabile perdita di 60 posti letto e il rischio di licenziamento per 150 dipendenti. Nei giorni scorsi era giunta una flebile rassicurazione del capogruppo del Pd Alice Anselmo, che rimandava a futuri colloqui col Ministro Lorenzin. Ma non è bastato. Il primo ad affondare è stato il leader regionale di Forza Italia Gianfranco Micciché, seguito a ruota da altri esponenti di Forza Italia (Scoma, Milazzo) e dal deputato regionale di Ncd Pietro Alongi che ha però affermato di aver ricevuto dall’assessore Gucciardi la promessa della “costituzione di un tavolo tecnico”.
Ma la protesta, ora dopo ora, monta ovunque. Nel Siracusano, ad esempio, la proposta del declassamento dell’ospedale di Noto, trasforato in ospedale di comunità, viene definita “così assurda che, se non fosse stata pubblicata sui giornali e non smentita dall’assessorato, nessuno di noi le avrebbe mai prestato fede”. Questo l’attacco del presidente della Commissione bilancio Vincenzo Vinciullo che lancia anche un “avvertimento”: “Se la notizia venisse confermata tutti gli accordi raggiunti sulla sanità salterebbero immediatamente”. Il prologo, in pratica, di quanto potrebbe avvenire già la prossima settimana in Commissione Sanità all’Ars. E a sostenere Vinciullo nella battaglia a favore dell’ospedale di Noto, ci sarà anche il deputato di Pid-Grande Sud Pippo Gennuso: “Se questa notizia nefasta corrispondesse al vero – dice Gennuso – l’assessore Baldo Gucciardi faccia le valigie e vada a casa, perchè ancora una volta dimostra di non conoscere quella che è la realtà sanitaria siracusana. Un ospedale come quello di Noto, – prosegue – strategico per l’intera zona sud, deve essere potenziato. Invece la Regione intende dargli il colpo di grazia“. “Siamo particolarmente preoccupati – aggiunge il capogruppo di Forza Italia all’Ars Marco Falcone – per gli ospedali di comunità, a partire da Scicli, Noto e Militello Val di Catania, che rischiano di diventare dei meri presidi territoriali assistenziali e non strutture dalla vera vocazione ospedaliera”.
Ti sposti nella provincia di Enna, ed ecco la protesta per il taglio del pronto soccorso all’ospedale “Chiello” di Piazza Armerina: “Una ulteriore penalizzazione – la protesta del vice presidente vicario dell’Ars Antonio Venturino – per il territorio ennese e dell’entroterra siciliano ed un esempio di classica miopia e mancanza di strategia politica. Non è ammissibile – prosegue – che si possa chiudere in un sito Unesco il pronto soccorso perché significa non avere lungimiranza nell’ottica di una vero e concreto rilancio dell’economia legata al turismo su cui si fonda quest’area importante della Sicilia e contravviene a quella idea di ospedali riuniti di cui si è sempre parlato in Commissione. Ritengo – conclude – che non sia possibile penalizzare, anche sul fronte della sanità, i territori della Sicilia centrale tenuti sempre in scarsa considerazione da chi è tenuto a fare scelte che, comprendo, sono difficili”. E difficile sarà, per l’assessore, affrontare le lamentele che pioveranno tutte insieme nei prossimi giorni, all’Ars. Storicamente la presenza e il potenziamento di un ospedale nel territorio del proprio collegio è sempre stato un motivo di consenso elettorale per il politico della zona. E così, inevitabilmente, la rivolta è già partita.
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10 Settembre 2016, 06:00