14 Dicembre 2018, 05:02
2 min di lettura
PALERMO – “Scioccato sono rimasto”, diceva mentre era intercettato Giuseppe Scrivano, ex sindaco di Alimena, accusato di avere pagato il sostegno elettorale della mafia. Il reato di voto di scambio politico mafioso gli è stato contestato in concorso con Michelangelo Lesto. Fu Lesto ad organizzare l’incontro elettorale a cui partecipò anche Carmelo Bartolone, boss di Bagheria. Lesto è già stato condannato, ma in un altro processo è stato riconosciuto come vittima del pizzo e risarcito. Non ha avuto alcun dubbio a puntare il dito contro lo stesso Bartolone.
Scrivano risponde alle domande del pubblico ministero Francesca Mazzocco e del presidente del Tribunale, Fabrizio La Cascia. Spiega che lo choc nasceva dal fatto di “avere trovato tanta gente alle 10 del mattino al comitato elettorale. Mi ero solo complimentato con il signor Lesto”. Lui, così racconta l’ex sindaco in aula, non aveva idea di chi fosse Bartolone. Eppure – il pm sollecita la sua memoria leggendogli stralci di intercettazioni – Scrivano diceva che “non tutti possono fare certe cose”. Oggi spiega: “Parlavo di capacità personali non quelle che si vuole intendere”. Capacità di raccogliere il consenso che si può avere senza essere mafiosi. Basta gestire un “patronato” dice Scrivano. “Bartolone aveva un patronato che lei sappia?”, chiede il pm.
Lo scorso ottobre la Corte d’appello ha condannato Carmelo Bartolone (13 anni), Pietro Granà (10 anni), Michelangelo Lesto (7 anni), Settimo Montesanto (tre anni e quattro mesi contro i 4 anni del primo grado perché è caduta l’aggravante mafiosa), Giacinto Tutino (5 anni).
Scrivano incontrava Bartolone ma non aveva idea di chi fosse. E cioè un boss che ha rischiato di morire. La sera del 10 settembre del 2015 arrivò all’ospedale Civico di Palermo. La lombosciatalgia di cui disse di soffrire era un pretesto per chiudere la sua breve latitanza, iniziata pochi mesi prima quando i carabinieri scoprirono che si era allontanato da casa. Bartolone era sottoposto alla sorveglianza speciale dopo avere finito di scontare sette anni e mezzo di carcere per mafia. Era uno dei fiancheggiatori di Bernardo Provenzano, condannato al processo “Grande mandamento”. Bartolone si era dato alla macchia per evitare i proiettili. Gli contestavano la gestione sbagliata dei soldi della mafia.
Pubblicato il
14 Dicembre 2018, 05:02