16 Gennaio 2024, 18:03
2 min di lettura
CATANIA – Ci sono almeno tre precedenti di processo a Catania per omicidio di una donna senza il corpo del reato, ovvero che il cadavere della vittima sia stato trovato.
Processi che hanno questo tratto di similitudine con quello trattato dalla terza Corte d’assise di Catania che ha condannato all’ergastolo Rosario Palermo, 63 anni, per l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Agata Scuto, la 22enne figlia della sua allora compagna, scomparsa il 4 giugno del 2012 da Acireale. Secondo l’accusa il delitto sarebbe stato commesso per evitare che si scoprisse che la giovane, con la quale avrebbe avuto una relazione segreta, era rimasta incinta.
È cominciato ieri a Catania, davanti la Corte d’assise d’Appello, il processo ad Andrea Bellia, 49 anni, condannato a 21 anni di reclusione per l’omicidio aggravato di Simona Floridia, la 17enne di Caltagirone scomparsa il 16 settembre del 1992. Secondo l’accusa, l’uomo l’avrebbe uccisa, probabilmente al culmine di una lite. Il corpo della vittima non è stato trovato.
La sentenza del processo di primo grado, istruito su indagini dei carabinieri coordinate dalla Procura di Caltagirone, è stata emessa il 12 aprile del 2023 ed è arrivata trent’anni dopo la scomparsa della ragazza. Il processo d’appello è stato aggiornato al prossimo 11 marzo.
È definitiva, invece, la condanna a 25 anni di reclusione per uxoricidio e occultamento di cadavere di Salvatore Di Grazia, l’84enne accusato di avere ucciso la moglie Mariella Cimò, 72 anni, per contrasti economici e passionali, facendo poi sparire il corpo. La Corte di Cassazione, il 24 ottobre del 2020, ha rigettato il ricorso dei suoi legali contro la sentenza della Corte d’appello di Catania che l’8 luglio 2019, aveva confermato quella di primo grado, emessa il 7 aprile del 2017. La donna scomparve dall’abitazione della coppia il 25 agosto 2011, la denuncia fu presentata dal marito il 5 settembre successivo.
Un altro caso è quello di Rita Cigna, una sarta di 45 anni, scomparsa il 15 luglio del 1995, il giorno prima del fidanzamento ufficiale con Francesco Le Pira, più grande della donna di tre anni, che era sposato. L’uomo fu accusato del delitto e condannato in primo e secondo grado a 23 anni di reclusione, ma la Cassazione, il 26 aprile del 2007, annullò senza rinvio la sentenza, assolvendolo. Al centro del processo la scomparsa della donna, che da tempo aveva una relazione con Le Pira, che si è sempre proclamato innocente, ha sostenuto di averla lasciata vicino alla sua abitazione e di non averla più rivista. Ricostruzione condivisa dalla Cassazione che lo ha definitivamente assolto.
Pubblicato il
16 Gennaio 2024, 18:03