Se dietro la fiction antimafia|i servizi sono offerti da Cosa nostra

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19 Giugno 2011, 13:28

4 min di lettura

di FELICE CAVALLARO, dal Corriere della Sera

Forse a Mediaset saranno costretti ad affidare una nuova inchiesta a Simona Cavallari, la determinata commissaria Claudia Mares della fortunata serie «Squadra antimafia». Per scoprire come la produzione, per girare nei quartieri a più alta densità mafiosa di Palermo, abbia finito per assumere il nipote di un signore considerato al vertice del mandamento di «Porta Nuova», lo stesso di cui si parla nelle puntate dove la guerra tra il bene e il male si disputa al femminile, tra la Mares-Cavallari e la mafiosa Rosy Abate interpretata da Giulia Michelini.

Sarà probabilmente una sorpresa anche per i manager di Taodue, la società collegata a Mediaset, apprendere che il giovane e intraprendente Gaetano Lo Presti al quale hanno avuto la sfortuna di affidare un ampio service per reclutamento comparse, fornitura pasti, location, transfert e così via è proprio nipote diretto dell`omonimo capomandamento suicidatesi in carcere subito dopo l`arresto nel dicembre 2008, e del fratello Calogero, a sua volta da mesi ascoltato in diretta con compromettenti intercettazioni ambientali al vaglio della Procura.

Inchiesta aperta e imbarazzo crescente. Non solo perché il giovane Gaetano, con precedenti penali, stando ai sospetti dei carabinieri, ha assunto le redini dell`organizzazione insieme con un suo stretto amico incensurato. Ma perché, in vista di una «partita del cuore» in programma per il 9 luglio, un match di basket fra magistrati e attori invitati in uno dei più bei circoli di Palermo, il Country, erano già partiti gli inviti per gran parte della «squadra antimafia». A cominciare dalla Cavallari, dalla «mafiosa» Michelini, da Augusto Calcaterra, vicequestore nella fiction. Tutti pronti a estendere la «convocazione» anche alla ultime reclute del set, Fabrizio Corona, il killer chiamato «il catanese» e Totò Schillaci, l`ex Toto gol dei mondiali di Italia `90.

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Capitò perfino alla produzione di Francis Ford Coppola con «Il Padrino» qualcosa del genere. Se ne parlò anche per un film di Roberta Torre. E s`è ripetuto per numerosi film girati a Palermo. Tanto che i provocatori Ciprì e Maresco ne hanno confezionato uno su Enzo Castagna, il titolare di un’agenzia di pompe funebri al quale tutti si rivolgevano per le location cinematografiche contro la mafia. Come accadde perfino per il video clip della gettonata canzone antimafia che qualche anno fa vinse a Sanremo.

Stavolta il ruolo di Castagna sembra recitarlo Calogero Lo Presti, lo zio-padrino del giovanotto tuttofare prestato alla «Squadra antimafia». Emblematico lo spaccato che viene fuori per caso, quando i carabinieri, indagando sul clan di Porta Nuova, ascoltano la sua voce attraverso le microspie installate in una stalla a due passi da via Cipressi, vicino al cimitero dei nobili palermitani. Un singolare summit fra i cavalli. Con il boss in presa diretta, ignaro di svelare i retroscena di un pestaggio: «Quel cretino di Filippo si presentò per la messa a posto a quelli della produzione, ma ci abbiamo dato la punizione che meritava…».

È la storia di uno sventurato di quartiere che avrebbe voluto spremere ancora di più la «Squadra» considerata «cosa sua» da Lo Presti, pronto a spiegare ai picciotti il new deal di una mafia sempre più dedita a mutare look, secondo un proclama così sintetizzato: «Questa serie Tv è la nostra fortuna. Così facciamo lavorare gli amici degli amici almeno per altri cinque anni, che alla gente ci piace e noi gliela dobbiamo fare qua a Palermo… Senza domandare denari. A loro servizi ci dobbiamo fornire. E loro ci ripagano con piccioli e assunzioni… Pensiamo all`indotto, noi. Le comparse, i pullmini, i pasti… Ci siamo sistemati. Abbiamo sistemato pure le salumerie e le nostre macellerie. Che lavorano tutti, accussì…». Un film nel film.

Dialoghi più incisivi di quelli confezionati dagli sceneggiatori. L`antimafia televisiva gestita dalla mafia, decisa a monopolizzare i servizi necessari alle troupes, semplificando ogni questione, compresi gli accordi con abitanti e commercianti delle zone in cui girare per facilitare le riprese e accettare di buon grado le offerte. Una indagine parallela l`aveva pure la Squadra Mobile, con altre intercettazioni per l’inchiesta adesso in dirittura d’arrivo sugli interessi fra Porta Nuova e Pagliarelli, i due mandamenti dove da qualche tempo stanno tutti zitti, con boss e picciotti a caccia di microspie fra case, garage, auto. Non a caso la stalla di Lo Presti è diventata improvvisamente «muta». Qualcuno ha parlato, o qualcuno ha capito. Forse sospettando i movimenti di agenti e carabinieri che, per quanto mimetizzati, non possono risultare invisibili. Dura l’opera delle squadre antimafia, a loro volta intercettate dalle squadre della mafia.

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19 Giugno 2011, 13:28

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