12 Ottobre 2021, 07:30
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CATANIA – Schiave. Del sesso. Non si possono trovare altre definizioni per le vittime di tratta. La Squadra Mobile di Catania ha scoperto un’organizzazione criminale che costringeva a prostituirsi diverse donne bulgare – chiamate spazzatura dagli aguzzini – arrivate in Sicilia dopo una vera e propria operazione di “acquisto” di esseri umani.
I poliziotti hanno eseguito un provvedimento di fermo disposto dalla Dda etnea, che poi ha fatto scaturire l’ordinanza del gip su richiesta della Procura. Nove gli indagati raggiunti dalla misura cautelare: Emil Ivanov Milano, detto Emil, (classe ‟79), tratto in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare in carcere; Milena Milanova, detta Miriam, (classe ‟90), tratta in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare in carcere; Maria Kozarova, detta Zina, (classe ‟94), tratta in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare in carcere; Massimo Corrado (classe „78), agli arresti domiciliari, tratto in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare in carcere; Francesco Barbera (classe „71), tratto in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari; Giuseppe Caruso (classe ‟76), tratto in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari; Alessandro Santo Coco(classe „90), tratto in arresto a Catania – ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari; Elena Angelova(classe ‟78), tratta in arresto a Catania – ordinanza cautelare agli arresti domiciliari; M.A. (classe ‟48), sottoposto all‟obbligo di dimora nel comune di Catania.
Non solo stranieri ma anche diversi italiani nell’entourage dei trafficanti di schiave. Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di tratta di persone, riduzione in schiavitù, nonché di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, aggravati, tra l’altro, dalla transnazionalità.
L’operazione è frutto di una delicata indagine avviata nel giugno del 2020 dopo una denuncia sporta da due cittadine bulgare nei confronti di un’altra cittadina straniera “per questioni riguardanti il pagamento del canone di locazione delle postazioni su strada (le cosiddette joint) ubicate vicino un bar nella zona della stazione ferroviaria, dove le denuncianti erano solite prostituirsi”.
L’inchiesta ha ricostruito l’asse del traffico. E il metodo inquietante che porta le bulgare in Italia. Alcune delle donne sono reclutate al costo di circa 12.000 lev (moneta bulgara corrispondente a circa 6.129,82 euro). Queste donne finiscono, una volta in Italia, in abitazioni fatiscenti (nel quartiere San Cocimo), con pessime condizioni igieniche, private di ogni libertà (anche dei documenti di identità) e sfamate con lo stretto necessario per farle sopravvivere (alle ragazze veniva dato non solo poco cibo, ma anche pietanze poco costose come ad esempio le patate), garantendo, in tal modo, al gruppo criminale un introito costante di circa 1.400 euro a settimana.
Le donne “spazzatura” – bokluk in lingua bulgara – erano costrette a prostituirsi parecchie ore ogni giorno (dalle 17 di sera fino alle 4 del mattino). Non si sono fermate nemmeno durante il lockdown. Le vittime, inoltre, dovevano sopportare soprusi e percosse di ogni tipo. Nemmeno l’handicap ha fermato le vessazioni degli aguzzini, che non hanno avuto nessuna compassione per una ragazza. Che non solo doveva prostituirsi, ma anche fare da cameriera.
I poliziotti hanno interrogato la donna, individuata a casa del capo del sodalizio Emil Milanov (assieme alla compagna Milena Milanova), grazie alla collaborazione di un ente anti-tratta. La giovane ora è in una struttura protetta.
Nel corso del blitz – denominato Bokluk – sono stati sequestrati cellulari e denaro contante. Un indagato risulta irreperibile.
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12 Ottobre 2021, 07:30
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