17 Ottobre 2017, 06:00
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PALERMO – Dopo quelle del padre, Andrea Impastato, finiscono sotto sequestro anche le impresa dei figli, Giuseppe e Stefano (GUARDA IL VIDEO). Il valore viene stimato in un milione e mezzo di euro.
L’imprenditore Andrea Impastato, originario di Cinisi, ha finito di scontare una condanna per mafia e il periodo di libertà vigilata, scaduto lo scorso giugno. Il suo patrimonio, composto soprattutto da impianti di Calcestruzzo a Carini, è finito sotto sequestro nel 2008. Il provvedimento era stato voluto della vecchia sezione per le Misure di prevenzione presieduta dal giudice Silvana Saguto, oggi sotto inchiesta e sospesa. Dell’elenco dei beni faceva parte la Icocem srl, intestata a Giuseppe e Stefano.
Dalle indagini della Questura di Palermo sarebbe emerso che nel 2014, e cioè successivamente al primo sequestro, i figli avevano costituto una nuova società, la Unicem srl. Stesso settore (vendita di materia edile), stessa sede, stessa compagine sociale e stesso depositario delle scritture contabili: secondo gli investigatori, non si tratterebbe di coincidenze, ma di un piano preciso per continuare a lavorare nel settore, aggirando il precedente sequestro.
Da qui la richiesta della Procura di estendere il sequestro anche alla Unicem, con sede a Montelepre, e non solo. Lo scorso settembre ai giudici è giunta una richiesta integrativa con la quale si chiedeva di sequestrare anche la Adelkan srl di Alcamo. Entrambe le richieste sono state ora accolte dal Tribunale per le misure di prevenzione, presieduto da Raffaele Malizia.
“Bisogna fare ricadere sui figli e per sempre le colpa del cognome che portano?”,si chiede il legale degli Impastato, l’avvocato Andrea Dell’Aira. Che aggiunge: “Il provvedimento di sequestro ci sorprende. I figli non sono mai stati direttamente coinvolti in nessun processo e il Consiglio di giustizia amministrativa il mese scorso ha accolto il ricorso contro un’interdittiva antimafia della prefettura che aveva colpito la Unicem. Il presupposto è che, oltre a non risultare cointeressenze paterne nell’azienda dei figli, il padre risulta avere mantenuto negli anni passati una condotta moralmente integerrima. Cosa dovrebbero fare i giovani Impastato, accettare di non poter più fare un lavoro onesto solo per il cognome che portano? Rifugiarsi nel comodo sottobosco dell’illegalità? Da nessuna parte peraltro – conclude il legale – vi è alcun riferimento ad ingerenze del padre nella vita o nelle aziende dei figli. Gli stessi figli che si sono costituiti parte civile e sono destinatari di risarcimenti dai presunti mafiosi che li hanno estorti come nel caso del processo a carico di Diego Rugieri (la cui sentenza di appello è prevista proprio per oggi). Senza contare che la stessa sentenza di condanna che ha colpito il padre ha stabilito il suo allontanamento dagli ambienti mafiosi sancito dalle sue successive denunce contro gli esattori del racket datandolo tra la fine del 2008 ed il 2009. Cosa può entrarci l’azienda dei figli nata nel 2014?”
Andrea Impastato, dopo avere finito di scontare la condanna, ha vissuto otto anni in regime di libertà vigilata. Il 6 giugno scorso il Tribunale di sorveglianza di Palermo ha dichiarato “cessata la pericolosità sociale, revocando la misura di sicurezza” dopo che Impastato ha lavorato come volontario in una onlus di Carini.
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17 Ottobre 2017, 06:00