Serafina più forte delle istituzioni |La sua testimonianza alla Camera

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26 Novembre 2017, 11:35

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CATANIA – “È con grande emozione che prendo oggi la parola in questa aula. Fino a poco tempo fa non avrei mai immaginato di parlare da questi banchi a tutta l’Italia. Ma proprio perché riconosco la solennità dell’alto valore simbolico di questo luogo e di questa ricorrenza che ho deciso di mostrarmi dopo la mia terribile esperienza per la prima volta. Riesco a farlo perché sono viva”. Con queste commoventi parole, ieri Serafina Strano, la dottoressa violentata la notte dello scorso 19 settembre mentre prestava servizio nella Guardia medica di Trecastagni, è intervenuta nell’aula di Montecitorio a Roma in occasione dell’iniziativa promossa dalla presidente della Camera, Laura Boldrini. Nella giornata contro la violenza alle donne, il medico catanese ha partecipato assieme ad altre 1400 donne alla manifestazione #InQuantoDonna, dando testimonianza della terribile aggressione di cui è stata vittima. Emozionata, ma forte e determinata Serafina Strano ha rievocato gli attimi terribili di quell’incubo, denunciando ancora una volta le condizioni di scarsa sicurezza in cui operano le donne medico nelle diverse sedi di continuità assistenziale.

Ecco l’accorato discorso delle dottoressa. “Ci tengo a sottolineare che non ho provato e non provo nessuna vergogna per quello che mi è successo. Tanta rabbia, sì. Sono la vittima testimone di un episodio gravissimo di violenza che mi ha colpito come donna e come medico”.

La dottoressa rivolge un ringraziamento alle poche donne del mondo istituzionale che le sono state vicino in un momento così difficile. “Ringrazio la presidente della Camera Laura Boldrini per avermi dato questa opportunità. Lei è tra le poche personalità istituzionali ad essersi accostata a me con grande sincera solidarietà e sensibilità. Colgo l’occasione per ringraziare i pochi uomini che mi sono stati accanto fra le istituzioni, cioè il collega ed amico Massimo Buscema, presidente dell’Ordine dei medici di Catania, i Carabinieri del comando di Acireale, il capitano Giovanni Rubino, il maggiore Giuseppe Trefiletti per come hanno curato le indagini del fatto criminoso di cui sono stata vittima. ma io li ringrazio soprattutto per la grande umanità, per il rispetto e per la discrezione che hanno usato verso di me. Ringrazio anche il brigadiere Tomarchio e l’appuntato Antonio Sciarra, che con il loro pronto intervento mi hanno liberato la notte del 29 settembre scorso”.

Serafino ripercorre i momenti di quella terribile aggressione. “Quella notte come tante altre prestavo servizio presso la sede della guardia medica di Trecastagni in completa solitudine, come sempre. Ho sentito suonare al portone d’ingresso e andai ad aprire. Si trattava di un paziente che mi richiedeva un antidolorifico, dopo pochi minuti appena giunta nella nell’ambulatorio fui colpita alle spalle e da quel momento comincia la mia notte di terrore, prigioniera in quel ambulatorio trappola. Per circa un’ora e mezza rimasi in balia di quel giovane paziente trasformatosi in mostro, selvaggiamente picchiata, ripetutamente stuprata senza avere la possibilità di dare l’allarme a qualcuno perché la sede della Guardia medica di Trecastagni – come molte altre sedi siciliane, anzi direi tutte – sono ubicate in edifici isolati dove i medici svolgono il loro lavoro senza avere a disposizione un autista per le visite domiciliari, senza sistemi elettronici antiaggressione adeguati e senza sistemi di videosorveglianza remoti. Quella notte solo riuscendo a scappare fuori pochi minuti, urlando disperata nel silenzio della notte, riuscì a salvarmi. Quando il mio carnefice seviziava il mio corpo, la mia mente era libera, lui mi umiliava con le percosse, ma io riflettevo su come potessi uscire da quella situazione per salvare la mia vita. Sono stata forte, sono stata coraggiosa, non so come, ma sono rimasta lucida sostanzialmente. Credo che mi abbia salvato il mio attaccamento alla vita, l’amore infinito per la mia famiglia, la passione per la mia professione, la mia stessa esperienza professionale e la mia fede in Dio. Stretta nella presa violenta del carnefice, pensavo a tutte le donne che subiscono violenze di ogni tipo per mano dell’uomo e pensavo a tutte quelle che subiscono quello che ho subito io da un familiare, da chi dovrebbe amarle e proteggerle. Ma il mio pensiero in quella notte di dolore si è soffermato in particolare nel ricordo della collega Roberta Zedda che nel 2003 subì un’aggressione durante un turno di servizio notturno in Sardegna, un tipo di aggressione simile alla mia con le stesse modalità. Ma lei fu ben più sfortunata di me, fu barbaramente trucidata dal suo carnefice con 21 coltellate, anche lui un paziente apparentemente mite trasformatosi in mostro. Le violenze fisiche sulla mia persona sono finite intorno alle due del 19 settembre scorso con l’intervento dei Carabinieri, ma purtroppo le violenze psicologiche sulla mia anima continuano tutt’oggi. Sono violenze che si consumano nel buio della notte, anzi direi alla luce del sole e sotto riflettori”.

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La dottoressa lamenta la mancanza di sensibilità da una parte significativa degli enti catanesi.“Faccio riferimento, per esempio, alle dichiarazioni fatte dai dirigenti dell’ASP di Catania, cioè da coloro che avrebbero dovuto rendere sicuro il mio luogo di lavoro; penso a quelle trasmissioni televisive che morbosamente hanno strumentalizzato il mio caso o ad altri servizi televisivi non mandati in onda perché troppo scomodi. Ma a tutt’oggi la violenza continua perché in Sicilia e nel resto d’Italia non è cambiato nulla nella gestione delle sedi delle Guardie mediche e dei presidi sanitari pubblici in genere”.

E infine l’accorato appello. “Io grazie a Dio non sono stata uccisa dal mio carnefice come la povera Roberta Zedda, ma esigo dallo Stato, in sua memoria, e in rappresentanza di tutti i medici e di tutte le mie colleghe che con angoscia e paura tutte le notti vanno a lavorare presso le sedi delle guardie mediche in Sicilia e in tutta Italia, che questi squallidi ambulatori vengano finalmente e realmente messi in condizioni di sicurezza. Ho scelto questa professione per grande passione: chiedo come donna e come medico al mondo politico, al neo presidente eletto nella mia Regione, Nello Musumeci, e a tutti deputati che siedono su questi scranni, leggi e provvedimenti che tutelino, che ci proteggano e che ci risarciscano nella giusta misura. Alla Magistratura rivolgo un appello perché sia sempre attenta e rigorosa nell’applicazione delle leggi in caso di reato di violenza sulle donne. Colgo l’occasione per ricordare il caso di Eleonora Cubeta, una donna come me solare, trovata suicidata nello sgabuzzino della propria casa il 5 settembre del 2015, fatto per cui la Procura di Messina a tutt’oggi indaga con tanta dedizione. Che giustizia sia fatta per me, per Eleonora e per tutte le donne vittime di violenza, altrimenti il mio urlo di dolore ‘Sono stata stuprata dalle istituzioni’ non potrà mai essere placcato del tutto”, ha concluso.

 

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26 Novembre 2017, 11:35

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