16 Giugno 2013, 07:00
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CATANIA – Dietro la prostituzione si nascondono storie di schiavitù e sfruttamento. Giovani donne senza scelta, alcune anche minorenni, costrette al marciapiede da aguzzini violenti. Storie drammatiche, ma il retroscena più aberrante è quello che emerge dall’ultima operazione dei carabinieri al Viale Africa, luogo da anni deputato al meretricio. Una 20enne rumena (la chiameremo Speranza) con coraggio ha raccontato i particolari della sua vita a Catania dove la prostituzione era quel “lavoro stabile” che gli aveva promesso il suo stesso padre.
Il capitano della Compagnia di Piazza Dante Francesco Falcone racconta i particolari dell’indagine che ha fatto scattare le manette a tre rumeni: tra questi, una donna oltre al papà e allo zio di Speranza, mentre una 34 enne è stata denunciata. “Nel corso di un controllo del territorio in Viale Africa – afferma a LiveSiciliaCatania Falcone – una pattuglia dei carabinieri del Nucleo Operativo ha notato due uomini che stavano aggredendo, strattonando e violentemente picchiando una delle ragazze che si prostituisce in Viale Africa, i militari sono intervenuti e hanno fermato i due aggressori”. E dopo l’arresto tutti sono stati accompagnati in caserma e Speranza , prima con difficoltà e poi con fiducia, ha affidato la sua storia ai carabinieri.
Tutto inizia da un sogno, un sogno semplice: quello di una vita serena e di un lavoro onesto. Una sogno che sembra a portata di mano per Speranza, perché il padre, che vive da tempo a Catania, le dice di raggiungerla e le promette che i suoi desideri si realizzeranno. Parte per riabbracciare il suo papà ma quello che Speranza trova a Catania è solo strada, abiti succinti, tacchi e la svendita del proprio corpo. “La giovane subiva aggressioni e minacce – dichiara il capitano della Compagnia di Piazza Dante – ed era costretta a prostituirsi. Appena arrivata in Italia le hanno tolto i documenti d’identità ed inoltre non le permettevano di avere i soldi per poter provvedere economicamente a se stessa in quanto percepivano dalla giovane tutti i proventi dell’attività di meretricio”.
Prostituta di notte, prigioniera di giorno. Speranza, infatti, insieme ad altre due donne di 28 e 30 anni viveva segregata in una casa del centro storico: lì mangiava, dormiva, e veniva picchiata ogni volta cercava di ribellarsi. L’organizzazione composta dal padre, dallo zio della vittima e da una coppia romena, veniva aiutata da una 34enne, denunciata, una prostituta del Viale Africa che serviva da “vedetta” e controllava se Speranza “lavorava” o tentava la fuga, i suoi movimenti venivano controllati e riferiti alla “famiglia sfruttatrice”.
Una vera tratta delle schiave dall’Europa dell’Est all’Italia. “L’Arma dei Carabinieri – conclude il capitano Falcone – sta continuando i controlli sul territorio in quanto potrebbero esserci altre organizzazioni provenienti dai paesi dell’Est, come Romania ma anche Bulgaria”. E se da una parte le forze dell’ordine cercano di utilizzare tutti gli strumenti a loro disposizione per arginare il fenomeno (un lavoro non semplice visto che non esiste in Italia il reato di “prostituzione” ma solo quello di “sfruttamento della prostituzione”) dall’altra c’è chi lavora dietro le quinte per cercare di liberare, ragazze come Speranza.
L’Associazione Penelope, ad esempio, grazie ai fondi ministeriali ha attivato i progetti Nuvole e L’Acrobata che mirano proprio ad aiutare queste “schiave”. Valentina Mantello, responsabile territoriale dell’associazione a Catania, parla cifre alla mano: “Il fenomeno della prostituzione per strada negli ultimi anni è in aumento – chiarisce – ed ha subito un’impennata da quando Bulgaria e Romania sono entrati nell’Unione Europea, queste persone , infatti, non corrono il rischio di essere espulse dal territorio in quanto a loro non serve il permesso di soggiorno”.
Penelope lavora attraverso donne volontarie che si suddividono in “unità di strada” e contattano le prostitute direttamente nei luoghi di adescamento. E se prima (molti anni fa) era la Catania – Gela la strada a luci rosse, ora è la zona attorno alla stazione. La mappa della prostituzione in città è così suddivisa: Viale Africa, Viale Ionio, Piazza Galatea e Circonvallazione. “Andiamo sul posto con una macchina anonima – racconta a LiveSiciliaCatania la responsabile catanese di Penelope – e le contattiamo. L’approccio è informale e poco professionale, presentiamo l’associazione e spieghiamo come funziona l’accesso sanitario, chiediamo loro se hanno bisogno di uno screening ginecologico, forniamo gli indirizzi del nostro centro e quelli delle strutture. Da lì nasce la fiducia , e molte ci raccontano le loro storie”.
E sono storie tutte che si assomigliano. “Non mi sono stupita dell’indagine dei carabinieri – ammette Valentina Mantello – molte delle donne che si prostituiscono nel centro di Catania che provengono dall’Europa dell’Est sono costrette dal padre, dal marito, dal fidanzato, dal fratello e questo rende ancora più difficile il nostro obiettivo che è quello di aiutarle a venir fuori da questa prigione. Ma c’è tanta paura – commenta – non hanno la forza di ribellarsi alla loro stessa famiglia, e se ci provano vengono picchiate, picchiate selvaggiamente”.
Il dramma, dunque, è che la storia di Speranza non è un caso isolato ma anzi caratterizza questo fenomeno. Da questo retroscena, ci chiediamo se chi nel 2013 sceglie di cercare il “piacere” sulle strade di Catania sa che quelle ragazze sono lì non perché lo hanno scelto liberamente ma perché sono state costrette con la violenza.
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16 Giugno 2013, 07:00