04 Ottobre 2013, 16:32
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CATANIA – St e Micron: i lavoratori hanno incrociato le braccia per un’ora. Tante, troppe le incognite sul futuro dei due “fiori all’occhiello” dell’industria catanese tra ristrutturazioni, depotenziamenti e finanziamenti esigui. Nel giro di due ore davanti i cancelli della St prima, e della Micron dopo, sono stati presidiati da una gremita schiera di dipendenti. Uno sciopero nato per ottenere quello che continua a mancare: notizie certe sul futuro degli stabilimenti. Ma andiamo con ordine. “St: futuro a tempo determinato” così recita lo striscione appeso fuori dall’azienda. Al centro della protesta c’è la mancata chiarezza dei vertici aziendali in merito all’ufficializzazione del piano industriale. 270 i milioni previsti, una cifra che i lavoratori considerano “insufficiente”. Stefano Materia, segretario della Fiom, spiega ai microfoni di LiveSicilia Catania, cosa non convince sindacalisti e dipendenti.
La premessa non fa ben sperare: “La situazione di tutto il comparto della microelettronica catenese è grave”. “St prevede 270 milioni di investimenti in quattro anni che serviranno, ammesso che partano, a sostenere i livelli produttivi e occupazionali. Purtroppo la sfida nel mondo è un’altra: quella dei dodici pollici”. Parlare di dodici pollici davanti allo stabilimento M6 è un po’ come parlare di corda in casa dell’impiccato. Correva l’anno duemila quando si prevedeva la realizzazione di una fabbrica a dodici pollici a Catania, o almeno, questo prevedeva il contratto di programma che avviava i piani di investimento. Un “progetto fallito”.
La storia recente dice altro. “Oggi ci ritroviamo con annunci di esuberi da parte di Micron” dice Materia. I tagli riguardano il 5% della forza lavoro su scala mondiale ma in tanti scommettono (o temono) che le ricadute più pesanti riguarderanno lo stabilimento siciliano. “Ci hanno utilizzato come cavie” dice una lavoratrice di Micron che racconta i numerosi viaggi dei colleghi alla volta degli Usa per rendere edotti i dipendenti d’oltre oceano sulle tecniche all’avanguardia partorite nello stabilimento catanese. “Singapore e gli Usa sono mete più appetibili per il costo del lavoro, ogni qual volta si apre una posizione lavorativa riguarda sempre stabilimenti esteri”. Il sospetto è quasi una certezza. “Riteniamo inammissibile – spiega Piero Nicastro, segretario generale della Fim Cisl etnea – che un’azienda in ottimo stato di salute come Micron possa considerare la possibilità di licenziamenti a Catania, nonostante le competenze e le professionalità dei lavoratori catanesi abbiano contribuito a raggiungere una posizione di rilevanza mondiale nel settore delle memorie”.
Tutti chiedono a gran voce l’intervento del governo nazionale e dell’esecutivo regionale. Serve un piano industriale, un utilizzo oculato delle risorse europee e un ripensamento delle strategie per il polo catanese. “Sul tappeto – dice Ferruccio Donato della segreteria regionale della Cgil – c’è la questione dei 100 miliardi di investimenti decisi per il settore e destinati agli stati membri dall’Ue, ai quali il nostro paese non ha ancora attinto. Investendo fondi comunitari e nazionali, come ha fatto la Francia,- aggiunge- lo Stato può esercitare un ruolo di indirizzo nei confronti delle aziende e noi chiediamo che l’input sia quello di rilanciare il polo siciliano delle nanotecnologie”.
La partita a questo punto si giocherà il 9 di ottobre a Roma. I sindacati sono pronti a dare battaglia. “Giorno 9 al Ministero dello Sviluppo Economico richiameremo alle proprie responsabilità Micron, STM ed il Governo Italiano su un’operazione che potrebbe produrre perdite di posti di lavoro a fronte di finanziamenti pubblici già usufruiti e da usufruire”. L’ambizione è quella di dare una svolta significativa alle strategie delle aziende e toccare con mano il sogno della Etna Valley. Lo sa bene il sindaco Enzo Bianco che nei giorni scorsi ha fatto sapere che sarà presente al tavolo romano.
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04 Ottobre 2013, 16:32